Divina misericordia. Dio non si stanca di tenderci la mano per rialzarci dalle nostre cadute

Usiamo misericordia verso chi è più debole, esorta Francesco: “ricostruiremo un mondo nuovo”.

Divina misericordia. Dio non si stanca di tenderci la mano per rialzarci dalle nostre cadute

In questo tempo segnato dal covid19 c’è anche il rischio di dimenticare chi è rimasto indietro. Ma la pagina del Vangelo di questa domenica ci dice che la Divina Misericordia non abbandona nessuno. Tommaso, l’apostolo incredulo, era assente “la sera di quel giorno”. Quel primo giorno della settimana, la corsa dei due discepoli al sepolcro vuoto e l’apparizione del Risorto a Maria di Magdala.
È il giorno in cui Cristo si manifesta agli apostoli “mentre le porte erano chiuse”; sta in mezzo a loro e augura la pace. “Otto giorni dopo” di nuovo Gesù entra nel cenacolo; è il giorno dell’incredulo Tommaso che deve toccare le ferite per credere: “non essere incredulo ma credente”, gli dice il Signore.

Papa Francesco celebra in una chiesa a pochi passi dal Vaticano, Santo Spirito in Sassia, nella festa della Divina Misericordia, istituita da Papa Wojtyla venti anni fa in occasione della canonizzazione di suor Faustina Kowalska. La memoria torna indietro. Quindici anni fa, la sera del 2 aprile, primi vespri della festa della Divina Misericordia, il giorno in cui, alle 21 e 37 minuti, il Papa “venuto di un paese lontano” concludeva il suo pellegrinaggio terreno, passando “di vita in vita”. Nella festa della Divina Misericordia di nove anni fa, primo maggio 2011, la beatificazione di Giovanni Paolo II; e tre anni dopo, 27 aprile, la canonizzazione in piazza San Pietro, presieduta da Papa Bergoglio.

Il Vangelo ci immette, dunque, in questo ritmo liturgico scandito dalla memoria pasquale, che si rinnova di domenica in domenica, il “primo giorno della settimana”. I discepoli hanno paura, e per questo la stanza dove si trovano ha le porte chiuse. Il Signore si manifesta e sceglie di stare in mezzo a loro ancora rintanati, impauriti e increduli; incapaci a riprendersi dopo la delusione provata con la morte del maestro. Otto giorni dopo si ritrovano nello stesso luogo: dovrebbero portare a Gerusalemme l’annuncio della resurrezione e invece sono ancora chiusi, impauriti. Gesù entra di nuovo nel cenacolo, perché uno dei dodici, Tommaso, non era presente la prima volta. Il Vangelo non ci dice nulla sull’assenza, ma è l’occasione di una nuova venuta del Signore, in risposta, possiamo dire, ai dubbi di Tommaso che vuole “toccare con mano”. Il suo dubbio è diventato proverbiale, e rappresenta anche il nostro dubbio, la nostra fatica e incredulità. Gesù non lo rimprovera, ma gli dice di mettere il dito, di vedere le mani, di toccare il fianco. Per papa Francesco inizia da qui la “risurrezione del discepolo, da questa misericordia fedele e paziente, dalla scoperta che Dio non si stanca di tenderci la mano per rialzarci dalle nostre cadute”. Non è un padrone “con cui dobbiamo regolare i conti”, ma un “papà che ci rialza sempre” che “è sempre pronto a risollevarti”. Nelle cadute il Signore, dice Francesco, “vede dei figli da rialzare, nelle miserie vede dei figli da amare con misericordia”. E aggiunge: “il Signore attende che gli portiamo le nostre miserie, per farci scoprire la sua misericordia”.

Il Papa, nella sua omelia, fa un legame tra la festa della Divina Misericordia e questi giorni di “lenta e faticosa ripresa dalla pandemia”, in cui si cerca di far ripartire la società e l’economia. Così mette in guardia da un altro “rischio” che può colpirci, da “un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente”, in cui “si arriva a selezionare le persone, a scartare i poveri, a immolare chi sta indietro sull’altare del progresso”.

Dal Papa, dunque, l’invito a non dimenticare chi è nella difficoltà. Nella prova che stiamo vivendo in questi giorni, “con i nostri timori e i nostri dubbi”, come Tommaso “ci siamo trovati fragili”. Questa pandemia ci ricorda però che non ci sono differenze e confini tra chi soffre. Siamo tutti fragili, uguali, e preziosi. È il “tempo di rimuovere le disuguaglianze, di risanare l’ingiustizia che mina alla radice la salute dell’intera umanità”. È una “opportunità per preparare il domani di tutti. Perché senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno”. Usiamo misericordia verso chi è più debole: “ricostruiremo un mondo nuovo”. All’Angelus dice: “la risposta dei cristiani nelle tempeste della vita e della storia non può che essere la misericordia: l’amore”. La misericordia cristiana “ispiri la giusta condivisione tra le nazioni e le loro istituzioni, per affrontare la crisi attuale in maniera solidale”.

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Fonte: Sir