Don Piumatti (missionario per 50 anni nel Nord Kivu), “schiacciati dalla presenza opprimente dei gruppi armati. A Goma non arriva cibo”

Mentre il Papa è a Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, dove resterà fino al 3 febbraio prima di partire per il Sud Sudan, nel Nord Kivu continua la violenza dei gruppi armati, che causano instabilità e insicurezza nella regione per il controllo delle risorse. Ogni settimana muoiono decine di persone durante attacchi sulle strade. La popolazione si fa giustizia da sé quando sospetta implicazioni. A Goma, al centro del conflitto, in questi giorni c'è molta paura perché le due arterie principali che portano alla città sono state bloccate dal movimento M23. La popolazione rischia di morire di fame per mancanza di rifornimenti. Lo racconta al Sir don Giovanni Piumatti, missionario fidei donum della diocesi di Pinerolo che ha vissuto 50 anni nei villaggi di Lukanga e Muganga, nella diocesi di Butembo-Beni.

Don Piumatti (missionario per 50 anni nel Nord Kivu), “schiacciati dalla presenza opprimente dei gruppi armati. A Goma non arriva cibo”

“Anche se siamo a 2000 km da Kinshasa la gente è contenta che il Papa sia da noi. Tutti sperano che cambi qualcosa”. Parla come se fosse ancora nei suoi amati villaggi, Lukanga e Muganga, nella diocesi di Butembo-Beni, nel Nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo, dove ha vissuto per 50 anni insieme ad una piccola comunità di italiani.  Don Giovanni Piumatti è un missionario fidei donum della diocesi di Pinerolo e da un paio di anni è tornato in Italia. E’ però in costante contatto con la sua gente, che da oltre 20 anni soffre per la presenza di piccoli gruppi armati che rendono opprimente e pericolosa la vita nei villaggi.

La vita nei villaggi sotto il controllo dei gruppi armati. “Mi telefonano di notte per raccontare cosa sta accadendo – racconta al Sir -. Laggiù ci si sente schiacciati. I giovani vivono come se fossero in una prigione, non possono uscire dal villaggio. Gli adulti faticano a sopravvivere, non riescono a coltivare due patate, soffrono grandi privazioni. La situazione è molto pesante:

sei in casa tua e non puoi fare quello che vuoi perché i gruppi armati fanno i prepotenti.

Bisogna dare loro da mangiare, rovinano i campi. Quando parlano loro bisogna stare in silenzio. Non è come una battaglia in Ucraina ma la situazione è opprimente”.

Ogni settimana decine di morti. “Da anni ogni settimana sulle nostre strade ci sono almeno due attacchi, che vuol dire almeno 20/30 morti.  Ma tutto passa sotto silenzio. Dopo la bomba nella chiesa a Kasindi c’è stato un altro attacco con 17 morti, poi hanno rapito dei bambini. E’ una situazione molto pesante”. Oltre a questo ci sono continui atti di giustizia sommaria da parte della popolazione impaurita, che vive nell’insicurezza. Poco dopo aver parlato con noi è arrivato sul suo cellulare, dalla città di Beni, una foto terribile: un uomo lapidato perché sospettato di avere con sé una bomba.

A Goma strade bloccate, non arriva cibo. La città di Butembo dista da Goma (la città al centro del conflitto dove il Papa non è potuto andare) circa 300 km.

“A Goma la situazione è molto peggiore. In questi giorni c’è molta paura. Non arriva il cibo perché le due strade principali che portano alla città sono bloccate dall’M23”,

uno dei gruppi armati più grandi, insieme all’Adf, che stanno destabilizzando la regione.

Centinaia di bambini soldati che vorrebbero lasciare le armi. Gli altri gruppi – diversi report ne contano tra i 100 e i 140 – vivacchiano seminando terrore. “Sono piccoli gruppi, infelici anche loro – dice il missionario -. Abbiamo centinaia di ragazzi, anche minorenni, che sono stati nelle loro fila due o tre anni e vorrebbero uscirne ma non c’è nessuna struttura di accoglienza che possa accoglierli”. Giorni fa, durante una conferenza stampa a Roma che aveva riunito 107 organizzazioni della società civile impegnate per la pace nella R.D. Congo, don Piumatti aveva lanciato un appello a Ong e congregazioni religiose per “prendere con sé 30/40 ragazzi. Sarebbe un primo segnale per la pace e toglierebbe la manovalanza ai gruppi armati”.

“Il Papa ci capisce e ci è accanto”. Il sacerdote sta seguendo il viaggio di Papa Francesco nella R.D. Congo ed è molto contento delle parole ascoltate finora: “Ha toccato tutti i punti essenziali dei problemi del Paese, soprattutto con la sua forte dichiarazione: Giù le mani dall’Africa”. “Ho sentito che il Papa ha capito ciò che sta vivendo la popolazione – prosegue -, ci ha dimostrato che ci è accanto. Sentiamo che qualcuno ci capisce. Non riusciamo ancora a fare delle previsioni su quale seguito potranno avere le sue parole. Speriamo che qualcuno lo ascolti. Per noi è un ponte”.

Cosa resterà di questo viaggio non riesce ancora ad immaginarlo. “Quando sei in Africa vivi la vita accanto alle persone ma non hai tempo di fare grandi progetti. Ci è capitata la guerra e si vorrebbe uscire da questa situazione che dura da oltre 20 anni, portando con sé una pesantezza enorme.

Sono convinto che il vero cambiamento in Africa partirà dai giovani, dalla base, non dalle autorità”.
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Fonte: Sir