Editoria religiosa: a Pordenone l’anteprima di “Ascoltare, leggere, crescere”

Si svolgerà a Pordenone, dal 23 settembre all'9 ottobre, la sedicesima edizione di "Ascoltare, Leggere, Crescere". Nell'evento in anteprima per i giornalisti, un dibattito sullo "stato di salute" dell'editoria religiosa e il punto sull'informazione "glocal" dei settimanali cattolici. A partire dai 100 anni de "Il popolo"

Editoria religiosa: a Pordenone l’anteprima di “Ascoltare, leggere, crescere”

“Da cento anni il nostro settimanale mette in collegamento tutta la diocesi attraverso notizie riguardanti la nostra Chiesa, il nostro territorio e non solo. Si tratta di un servizio prezioso, frutto del sacrificio, della passione e della professionalità di tanti collaboratori e collaboratrici che in diversi modi e su diversi argomenti rendono possibile la realizzazione del giornale tutte le settimane”. Lo ha detto mons. Giuseppe Pellegrini, vescovo di Concordia-Pordenone, aprendo ufficialmente, all’Auditorium del Centro diocesano Attività pastorali della Curia vescovile di Pordenone la sedicesima edizione dell’evento culturale “Ascoltare, Leggere, Crescere”, rassegna d’incontri con l’editoria religiosa in programma quest’anno a Pordenone ed in altre località del Friuli Venezia Giulia dal 23 settembre all’8 ottobre prossimi. Davanti ai giornalisti del Triveneto e ad una delegazione di 30 giornalisti accreditati presso la Sala Stampa Vaticana e membri della stampa estera, che grazie ai promotori dell’iniziativa hanno avuto l’occasione di visitare Pordenone con il suo centro storico ed altre località regionali – dalla Casarsa di Pier Paolo Pasolini, al borgo di Sesto al Reghena, per giungere infine a Trieste – il vescovo ha portato il suo saluto durane l’anteprima della rassegna, un convegno dal titolo “Il mondo della cultura e dell’informazione religiosa”, coordinato da don Giuseppe Costa, scrittore e giornalista, già direttore della Libreria editrice vaticana.

“Il mercato ha accomunato i giornali cattolici e quelli non cattolici, e questo ha contributi ad indebolire l’editoria religiosa”,

ha detto don Costa: “Le librerie chiudono ma chiudono anche le redazioni’, ha proseguito sottolineando, in positivo, il ruolo svolto dai settimanali cattolici, come quello della diocesi di Pordenone, “Il popolo”, che quest’ anno compie 100 anni e la cui storia sarà anche celebrata all’interno di questa edizione di “Ascoltare, Leggere, Crescere”. “C’è un declino nel comparto editoriale classico”, ha osservato don Roberto Ponti, direttore di Telenova e membro CdA Gruppo San Paolo: “invece si conferma la tenuta della televisione generalista”. Nello stresso tempo, “si è evidenziata una crescita di ricavi di video on demand. In America, le televisioni locali sono al primo posto di chi cerca e ciò avviene anche in Italia, per le informazioni di cronaca cittadina locale”.

“Una storia glocal”:

così Gianni Cardinale, vaticanista di Avvenire, ha definito la storia dei settimanali cattolici, riferendosi all’incrocio tra dimensione locale e dimensione internazionale che li caratterizza. Riferendosi alla stampa nazionale, Cardinale ha evidenziato che “nei nostri giornali non ci sono più notizie, e questo è drammatico e incide in maniera decisiva sul calo delle vendite”. A livello locale, invece, “c’è un forte legame tra i cittadini e il proprio giornale, e ciò dimostra che la carta stampata può ancora avere un ruolo positivo”. Riguardo al fatto religioso, sul piano informativo secondo Cardinale “c’è indifferenza o strumentalizzazione”, fenomeni amplificati “dallo tsunami dei social”. “L’informazione religiosa è un punto di vista imprescindibile per capire la cultura e la società”, ha detto Manuela Tulli, giornalista dell’Ansa, spiegando cosa significhi per lei fare informazione religiosa da un punto di vista laico:

“I momenti di crisi gravi, come quelli della pandemia e della guerra, hanno dimostrato che la mediazione del giornalista sul posto è essenziale, ed è da qui che può risorgere una professione in crisi come la nostra”.

E proprio l’impegno in tempo di pandemia ha caratterizzato anche la redazione de “Il popolo”, ha raccontato Simonetta Venturin, prima donna a dirigerlo, in carica dal 2016: “È arrivata come un fulmine a ciel sereno, con un lockdown che ci ha isolati e distanziati, ma è stata pronta e naturale anche la volontà di non fermarsi. Verificato che la tipografia lavorava abbiamo continuato ininterrottamente da casa, salvo trovarci in redazione nel giorno della andata in stampa, e senza pubblicità in alcuni numeri. Un momento di forte impegno per tutti, e nello stesso tempo di fantasia creativa e giornalistica che ora ricordiamo con un sorriso, perché ci ha fatto sentire squadra. Anche ora, quando i rincari di energia e non meno della carta rendono a volte difficile recuperare quella qualità che noi usavamo nella stampa”.

“Cambiati nel tempo ma sempre presenti”:

così la direttrice ha sintetizzato i 100 anni di storia del suo giornale, “nato l’8 gennaio 1922 due volte sulle ceneri: di un precedente giornale che si chiamava ‘La Concordia’ e di un’Italia, ma soprattutto di questo nostro territorio friulano veneto, che la storia aveva messo allora in croce dopo Caporetto, con il territorio invaso dal nemico, i civili in fuga, esuli per l’Italia”. Il primo sottotitolo, nel 1922, è indicativo: “Settimanale per gli interessi morali ed economici delle nostre popolazioni”. “Una dicitura – ha commentato Venturin – che profuma dell’impegno di molti parroci illuminati del momento, di cooperative sociali, di asili, di una Chiesa che sta accanto e cammina e cerca di migliorare le condizioni di ita, lavoro e istruzione della sua gente”. Il programma annunciato nel primo numero, ma valido ancora oggi: l’adesione assoluta ai “principi cristiani” e della “scuola sociale cristiana”. “Dovrà essere bandita per principio ogni polemica esclusivamente personale”, l’indicazione di rotta. Infine, un appello da riscoprire e sottoscrivere, in quanto “politicamente scorretto” rispetto al pensiero dominante: “Agli eventuali nostri avversari rivolgiamo il saluto delle armi. Essi ci ritroveranno fermi e risoluti nella difesa della verità; ma le armi che adopereremo saranno sempre – lo dichiariamo solennemente – quelle della convenienza, della lealtà e dell’onore”.

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