Far fruttificare il seme dipende da noi. Il dolore per Santa Sofia a Istanbul e la parabola del seminatore

La parola di Dio è destinata a tutti, e arriva a tutti, un po’ come la pioggia e la neve che, come leggiamo in Isaia, non bada a dove cade.

Far fruttificare il seme dipende da noi. Il dolore per Santa Sofia a Istanbul e la parabola del seminatore

“Penso a Santa Sofìa e sono molto addolorato”. Otto parole in tutto, ma sono un messaggio forte che Francesco ha voluto consegnare al mondo, affacciandosi per la recita della preghiera mariana dell’Angelus. Aghia Sofìa, dal 537 cattedrale cattolica, dedicata alla Sapienza di Dio, poi ortodossa, e sede del Patriarcato Ortodosso; dal 29 maggio 1423 moschea fino al 1931; poi dal 1 febbraio 1935 museo per volere del padre della Patria della Turchia, Kemal Ataturk. L’attuale presidente della Repubblica ha deciso di farla tornare moschea, per accontentare una parte del mondo musulmano turco che da tempo chiedeva una simile destinazione per questo tempio visitato anche dai Papi Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco.

La decisione di Tayyip Erdogan ha provocato le proteste del Patriarca Ortodosso Bartolomeo, del Patriarcato di Mosca, del Consiglio ecumenico delle Chiese, l’organismo che riunisce 350 Chiese e rappresenta 500 milioni di cristiani, per il quale il gesto voluto dal presidente Erdogan è un segnale di “divisione e di esclusione”. Le parole di papa Francesco sono un ulteriore segnale di quanto sia errata la scelta, e foriera di ulteriori proteste e divisioni. Parole che Francesco pronuncia nella seconda parte del suo discorso, dopo la recita della preghiera, quasi scandendo ogni sillaba per far capire la gravità di questa decisione turca.
Angelus dedicato a una parabola molto nota, nella quale, a una lettura approssimativa, troviamo un contadino distratto che lascia cadere il seme su diversi terreni. Qui dobbiamo invece riflettere e bene, perché è vero, come leggiamo in Matteo, che il seminatore lascia cadere il seme dove capita, sulla strada, tra i rovi, nel terreno secco e in quello buono.

Ma si tratta di distrazione, oppure, visto che stiamo parlando di Gesù, è un gesto di grande generosità: il Signore non sceglie il terreno, ma, caparbiamente, spera che tutti i luoghi dove il seme arriva sino quelli giusti. Fuor di parabola, la parola di Dio è destinata a tutti, e arriva a tutti, un po’ come la pioggia e la neve che, come leggiamo in Isaia, non bada a dove cade. Poi è il terreno, cioè l’uomo, che deve saperla accogliere e farla sua, per essere davvero testimone di quella speranza che è in lui.
Sono modi diversi di accogliere la parola di Dio, ci dice Francesco. “Possiamo farlo come una strada, dove subito vengono gli uccelli e mangiano i semi. Questa sarebbe la distrazione, un grande pericolo del nostro tempo. Assillati da tante chiacchiere, da tante ideologie, dalle continue possibilità di distrarsi dentro e fuori di casa, si può perdere il gusto del silenzio, del raccoglimento, del dialogo con il Signore, tanto da rischiare di perdere la fede, di non accogliere la Parola di Dio”. È la distrazione dovuta alle cose mondane. Poi il seminatore lascia cadere il seme in un terreno sassoso, con poca terra. Dice Francesco: “lì il seme germoglia presto, ma presto pure si secca, perché non riesce a mettere radici in profondità”. Fuor di parabola, siamo di fronte a coloro che accolgono la parola di Dio “con l’entusiasmo momentaneo che però rimane superficiale, non assimila la Parola di Dio. E così, davanti alla prima difficoltà, pensiamo a una sofferenza, a un turbamento della vita, quella fede ancora debole si dissolve, come si secca il seme che cade in mezzo alle pietre”.

Nella parabole leggiamo poi che il seme cade tra i cespugli spinosi: “le spine – dice Francesco – sono l’inganno della ricchezza, del successo, delle preoccupazioni mondane… Lì la Parola cresce un po’, ma rimane soffocata, non è forte, muore o non porta frutto”.
Ecco infine il terreno buono, “qui, e soltanto qui il seme attecchisce e porta frutto. La semente caduta su questo terreno fertile rappresenta coloro che ascoltano la Parola, la accolgono, la custodiscono nel cuore e la mettono in pratica nella vita di ogni giorno”. Con le parole del Papa e la lettura del Vangelo di Matteo, comprendiamo bene il senso di questa parabola che Francesco definisce la “madre di tutte le parabole”, perché da un lato ci parla del Signore che non lascia indietro nessuno, che vuole che tutti possano gioire della sua Parola; dall’altro ci parla dell’ascolto della Parola, e ci ricorda “che essa è un seme fecondo ed efficace”, e Dio “lo sparge dappertutto con generosità, senza badare a sprechi. Così è il cuore di Dio! Ognuno di noi è un terreno su cui cade il seme della Parola, nessuno è escluso”.
Far fruttificare quel seme dipende da noi, ci dice papa Francesco, “dipende dall’accoglienza che riserviamo a questo seme. Spesso si è distratti da troppi interessi, da troppi richiami, ed è difficile distinguere, fra tante voci e tante parole, quella del Signore, l’unica che rende liberi”.

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Fonte: Sir