Fr. Luciano Levri, il marianista che aiutava i rom

Il ricordo del missionario in Albania dove in questi anni ha realizzato un progetto senza precedenti per l’integrazione dei bambini rom.

Fr. Luciano Levri, il marianista che aiutava i rom

Vedere ogni mattina uscire dal quartiere tutti i bambini con lo zaino sulle spalle, tenendosi per mano, per andare a scuola ed imparare ad essere uomini responsabili e liberi: questo è stato il sogno di fratel Luciano Levri, che per vent’anni ha coordinato la missione marianista a Lezha (Alessio), in Albania, per il riscatto della popolazione rom. Un sogno per realizzare il quale il missionario marianista ha lavorato instancabilmente, giorno dopo giorno, dialogando, tessendo relazioni e smantellando pregiudizi.

Quest’anno, i bambini rom di Lezha che si sono messi lo zainetto in spalla per andare alla scuola statale sono stati 190. Dai più piccoli, che frequentano la prima ai ragazzi che affrontano la nona classe.

Domenica sera (13 settembre), a poche ore dal tanto atteso suono della campanella, quando le cartelle erano già pronte vicino alla porta di casa, anche fratel Luciano, del tutto inaspettatamente, ha preparato il suo zaino. Da alcuni mesi si trovava a Roma per una cura cardiaca. L’ultimo improvviso attacco, domenica scorsa, gli è stato fatale.

Nato nell’ottobre 1944 a Lomaso, in provincia di Trento, Luciano si diploma al liceo classico e diventa laico marianista, abbracciando la vocazione propria di quest’ordine, il missionarismo culturale. Si laurea in filosofia alla Cattolica di Milano nel 1973 e per qualche tempo insegna a Campobasso e nel collegio marianista di Pallanza, finché nel 1974 è chiamato in Calabria, a Condofuri, a guidare la missione marianista. Sono anni molto intensi, durante i quali fratel Luciano fonda un centro giovanile attraverso il quale promuove la difesa dei diritti delle persone. Il suo parlare semplice e schietto, senza paura, e il coraggio di denunciare apertamente ciò che non va non piacciono. La risposta dei cosiddetti “poteri forti” non si lascia attendere. Nel 1991 una bomba viene fatta esplodere davanti al centro giovanile gestito dai marinisti.

Fratel Luciano lascia nel 1995 la Calabria. “Ero come uno straccio che non asciuga più – raccontava in un documentario realizzato nel 2016 dal Centro missionario di Trento –. I miei superiori mi hanno rimandato a insegnare in un collegio. E qui c’è stato l’incontro con don Simone Jubali (1927-2011), prete albanese che ha fatto 27 anni di carcere duro, rinchiuso nelle prigioni più pesanti perché si rifiutava di obbedire al regime comunista”. Don Jumali propone ai marinisti di andare a Lezhe, per fondare una comunità in Albania. Fratel Luciano prepara ancora una volta la sua valigia e parte. La nuova comunità di Lezha viene fondata nel 2000.

Era una realtà che aveva bisogno di essere accompagnata a crescere – raccontava -. Abbiamo dato vita a una tipografia per favorire la diffusione della cultura e al centro giovanile S. Maria, per essere accanto alle giovani generazioni. All’inizio non è stato facile c’è stato il periodo della diffidenza e delle minacce, ma poi, col tempo, si è instaurato un rispetto reciproco, mai sfociato, però, nell’amicizia. È molto difficile che un rom e un bianco facciano qualcosa insieme: rimane questo retaggio di emarginazione e frustrazione per quello che generazioni di rom hanno subito da parte dei bianchi”.

Nel 2004, a causa di una grande alluvione, il quartiere di Skenderberg, abitato principalmente da rom ed ashkali (o “evgjit”, come vengono chiamati in Albania) viene sommerso dall’acqua. La Caritas locale chiede ai marinisti di preparare i pasti per le famiglie rom che abitavano nelle baracche allagate e che erano attendate in misere tendopoli, montante su cumuli di immondizia. Tra un panino e un piatto di minestra calda, fratel Luciano conosce così quella che sarebbe diventata la sua nuova famiglia. E inizia a coltivare un sogno. “Prima abbiamo iniziato con corsi per insegnare ai ragazzi di 13-16 anni, a leggere e scrivere. Poi ci siamo chiesti: perché non iniziare quando l’età è giusta? Di lì a pochi mesi 24 bambini rom, tutti con un fiore di plastica in mano, sulla piazza della scuola, stretti l’uno all’altro perché avevano paura, hanno iniziato a frequentare la scuola pubblica”.

“È possibile cambiare – spiegava fratel Luciano – ma a due condizioni: se noi diamo loro un sogno e se non li lasciamo soli. In tutto questo è importante la relazione, il conoscersi, il fatto che loro sappiano qualcosa di te, non solo che tu sappia qualcosa di loro. Perché Dio non ama il gruppo, la razza, i rom; Dio ama Maria, Keli, Jilir e per ognuno ha una carezza, una lacrima. Occorre arrivare al volto delle persone. Questo significa conoscerne il nome, la situazione, la famiglia, ma anche farsi conoscere. La misericordia se non è l’incontro di due volti, diventa sempre un dare senza ricevere niente. Credo che anche la carità, se non è riempita dalla relazione, è un togliersi di dosso la persona, è un dare senza coinvolgersi, senza farsi cambiare la vita. È lì che la carità porta frutto, quando mi cambia la vita e mi trasforma in una persona col cuore grande che si apre agli altri. La solidarietà è una relazione fatta dal dono. Donare è un’azione eversiva, rivoluzionaria, perché non aspetta il contraccambio. Il dono è affidare nelle mani dell’altro un bene per il quale io non voglio essere ricambiato. La solidarietà è fatta di relazione e di dono”.

Il cordoglio per la morte di fratel Luciano ha superato in questi giorni le frontiere nazionali, unendo nel suo ricordo tante persone dal Trentino alla Calabria e all’Albania, fino ad arrivare a Roma. Gente di ogni estrazione culturale e religiosa, cristiani e musulmani, “gage” (bianchi) e rom.

Tra i tanti i messaggi postati in questi giorni sulla pagina Facebook di fratel Luciano, anche quello di Fabio Colagrande, giornalista di Radio Vaticana: “Ci ha lasciato uno dei migliori uomini di Chiesa che ho conosciuto nella mia vita: fratel Luciano Levri, marianista e missionario in Albania, a Lezhe, dove in questi anni ha realizzato, fra le altre cose, un progetto senza precedenti per l’integrazione dei bambini rom. Se esiste davvero il paradiso, lui c’è andato come un razzo. Un vero santo. Ciao Luciano, grazie di tutto e proteggici da lassù”.

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Fonte: Sir