Francesco pellegrino della pace nella terra di Abramo. Le voci per Interreligious 2021 in Centro Universitario

"Francesco pellegrino della pace nella terra di Abramo". È questo il titolo dell’incontro tenutosi a Padova a conclusione della rassegna on line di Interreligious 2021 dedicata al tema “Prendersi cura di sé, degli altri, del mondo. Le religioni di fronte alla sfida ambientale e sociale”, promosso dal Centro universitario di Via Zabarella, Centro Servizi del Volontariato di Padova con la Scuola del Legame sociale.

Francesco pellegrino della pace nella terra di Abramo. Le voci per Interreligious 2021 in Centro Universitario

Francesco pellegrino della pace nella terra di Abramo. È questo il titolo dell’incontro tenutosi a Padova a conclusione della rassegna on line di Interreligious 2021 dedicata al tema “Prendersi cura di sé, degli altri, del mondo. Le religioni di fronte alla sfida ambientale e sociale”. Insieme agli enti promotori - Centro universitario di Via Zabarella, Centro Servizi del Volontariato di Padova con la Scuola del Legame sociale -  ci è sembrato il naturale congedo con il pubblico offrendo alcune sottolineature sul viaggio.

‘Pellegrino della pace’ e non solo ‘pellegrino di pace’ perché Francesco è una delle poche figure a livello internazionale ad essere un infaticabile costruttore di ponti di dialogo, e arrivando in Iraq le sue prime parole lo hanno confermato: «Vengo come pellegrino di pace, in nome di Cristo, Principe della pace». La visita conferma l’intero processo di promozione della fratellanza umana che il Santo Padre promuove dall’inizio del suo pontificato e che i documenti sulla “Fratellanza umana” del 2019 e l’enciclica “Fratelli tutti” del 2020 hanno rafforzato.

Quattro importanti voci del nostro tempo danno una personale lettura dell’evento

Domenico Agasso jr - vaticanista del quotidiano La Stampa, testimone diretto del viaggio

E' intervenuto riportando la sensazione avuta durante i vari spostamenti in Iraq, e soprattutto nella piana di Ur, e cioè di stare partecipando a un evento storico. Non era il primo viaggio o gesto di fratellanza papale verso il mondo musulmano, c’era già stato l’incontro di Dubai, ma in questo tempo sospeso  a causa della pandemia, andare nella terra teatro di tante violenze come un fratello, nel nome di una fiducia nella fratellanza, ha il significato di un’affermazione ancora più forte di prima. La “fratellanza” per Papa Francesco non è né uno slogan, né mera retorica, ma un dovere a cui le religioni sono chiamate. Il dialogo si è così estrinsecato nell’incontro fisico con l’altro, guardandolo in volto, ascoltandolo, esprimendo e condividendo concetti e idee. Sono questi i tre paradigmi indicati in questo viaggio per creare un nuovo ordine mondiale fondato sulla fratellanza, ossia sull’idea che anche se lontani o litigiosi, siamo comunque insieme, una famiglia. Il Papa non è andato a rivendicare nulla, secondo Agasso, ma ha sentito il dovere di andare vicino a chi soffre come un «penitente che chiede perdono al Cielo e ai fratelli», come lui stesso ha detto, lanciando la prospettiva futura del perdono, per costruire invece che distruggere, perché è in quella terra che ha respirato per molto tempo solo morte che è necessario ritrovarsi fratelli.

Padre Paolo Bizzeti, vicario apostolico in Anatolia con sede a Iskenderun Turchia

Ha sottolineato invece che il viaggio è icona di una Chiesa in uscita e non ripiegata, un viaggio che è cifra del ministero profetico di questo pontefice. Il viaggio di Francesco ha infatti il pregio di aver mosso un grande dibattito attorno a sé. Bizzeti ha però riportato anche alcune sensibilità negative e oppositive dell’opinione pubblica del paese in  cui vive, ricavandole dalla stampa. I quotidiani turchi, più in vista, hanno mostrato un grande interesse per il viaggio, dandone tuttavia una lettura non del tutto benevola perché, secondo alcune testate, il Papa in diverse occasioni non sarebbe sempre stato chiaro nel prendere le difese dei musulmani: si veda il rapporto Palestina-Israele e la mancata denuncia verso la politica aggressiva degli Emirati Arabi. Per altri addirittura il viaggio sarebbe stato fatto all’insegna di una “teo-strategia”, ovvero la visita nei luoghi di Ur e di Qaraqosh (Ninive) avrebbe avuto il significato, ambiguo, di rivendicare una appartenenza biblica di tali luoghi anche ai cristiani, indicando così una legittima considerazione della comunità cristiana di minoranza qui residente. Per il vescovo Paolo è fondamentale  partire dalla prospettiva dell’altro per iniziare un dialogo, anche quando si tratti solo di dissipare sospetti che l’altro nutre nei nostri confronti perché solo in questa complessità va pensato il dialogo, fino a ritenere possibile la prospettiva estrema del martirio.

Enzo Pace, professore di sociologia all’Università di Padova, esperto di sociologia islamica

Ha affermato che il viaggio del Papa  può essere analizzato, in particolare, attraverso quattro ragioni che lo hanno reso necessario. La prima è quella di constatare che le guerre in quei luoghi hanno così tanto sfiancato e diviso la popolazione irachena da decretare la fine della multiculturalità religiosa che per secoli aveva connotato la pacifica convivenza di musulmani sciiti, sunniti, cristiani, yazidi; la seconda è che l’Iraq è un crocevia di interessi economici e politici che sono spettro dell’attuale ordine mondiale che così tanti danni ha arrecato all’ambiente e alle persone. L’interpretazione della religione musulmana in paesi come l’Iran, l’Arabia Saudita,  e quella fatta dallo stesso sedicente Stato islamico hanno portato a effetti disastrosi in tutte quelle terre. In terzo luogo il Papa propone un’ermeneutica vivente della fratellanza e della pace perché è lui stesso che individua gli interlocutori con i quali costruire in concreto (l’imam di Al-Azhar per il sunnismo, l’imam di Najaf per lo sciismo) e si muove andando a incontrarli a casa loro, come un pellegrino che si muove per primo all’incontro.  La quarta ragione è l’indicazione che il Papa vuole dare al mondo occidentale, è cioè necessario comprendere la complessità del mondo islamico, fatto di correnti e movimenti, ed è necessario costruire insieme ad esso un nuovo ordine dei rapporti, fondato sullo spirito di fratellanza e pacifica convivenza. 

Hamdan Al-Zeqri, delegato UCOII per il dialogo interreligoso

Legge nei gesti e nelle parole pronunciate dal Papa durante la sua visita,  un linguaggio che supera il cristianesimo, che supera il mondo religioso, per farsi interprete di ogni uomo e donna di buona volontà. Secondo Al-Zeqri viaggiare sfidando la pandemia e i rischi per la sicurezza per andare a incontrare un popolo provato dalle violenze più inaudite, unitamente allo stesso vocabolario usato dal Papa, attento e delicato,  sono tutte azioni atte a favorire quel processo di pace e fraternità reali, nel senso più pieno e profondo, mostrando a tutti l’impegno che ci attende: essere tessitori di speranza per il futuro. 

Beatrice Rizzato  - direttrice della rassegna Interreligious

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