Gioele. Che rapporto sappiamo intessere fra le generazioni? Come dialoghiamo fra anziani, genitori e figli?

Nel tempo di Avvento che stiamo vivendo, allora, possiamo ritrovare l’ardore di un’attesa che ci accomuna, ciascuno secondo la sua età.

Gioele. Che rapporto sappiamo intessere fra le generazioni? Come dialoghiamo fra anziani, genitori e figli?

“Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni”. Sono le parole di Gioele, un profeta che parla al popolo di Israele nel IV secolo a.C. e che Pietro cita con grande forza nell’omelia che rivolge ai presenti appena avvenuta la Pentecoste (At 2, 14-21). Sono parole che ci provocano e che – come sempre avviene con la Parola di Dio – interpellano anche noi oggi. Che rapporto sappiamo intessere fra le generazioni?

Come dialoghiamo fra anziani, genitori e figli? Che ruolo andiamo a vivere nel nostro essere famiglia di famiglie che cammina insieme desiderosa di ascoltare il Signore e di seguirlo? Ai figli Gioele affida il compito di “essere profeti”, ovvero di essere critici, di saper mettere in discussione le autorità costituite, a partire da quelle genitoriali, a metterle in crisi positivamente, con domande, con sollecitazioni. Il cardinale Martini, citando questo passo, scrive che “la generazione più giovane verrebbe meno al suo dovere se con la sua spigliatezza e con il suo idealismo indomito non sfidasse e criticasse i governanti, i responsabili e gli insegnanti. In tal modo si fa progredire noi e soprattutto la Chiesa” (C.M. Martini, G. Sporschill, Conversazioni notturne a Gerusalemme, Milano, 2008). Sì anche la Chiesa ha bisogno di essere provocata dai suoi figli e talvolta gli adulti, gli educatori e certo anche i pastori, a cui è chiesta saggezza e prudenza, sono chiamati a riconoscere nelle provocazioni dei figli e persino nei loro gesti di disubbidienza una voce da ascoltare e su cui fare discernimento. Mai come oggi abbiamo bisogno che padri e figli, maestri e discepoli, testimoni e fedeli si parlino con franchezza, sappiano dirsi con verità le paure ma anche le speranze che questo tempo incerto porta con sé.

Gioele poi prosegue dicendo che la generazione di mezzo, i giovani, avranno visioni, ovvero degli obbiettivi concreti, il desiderio di mettersi al servizio della propria famiglia magari appena formatasi, la spinta propulsiva a generare non solo fisicamente dando la vita, ma essendo fecondi di bene, di progettualità, di speranza condivisa. Sono gli anni in cui non si può stare fermi, ma si possono mettere a frutto le competenze, si può seminare con generosità, confidando che il raccolto possa essere abbondante. Talvolta la fatica e l’incertezza prendono il sopravvento: oggettivamente la nostra non è un’epoca facile per chi deve iniziare; manca il lavoro; manca coesione sociale, convergenza sulle priorità, ci sarebbero tanti motivi per scoraggiarsi ma la profezia resta lì ad indicarci la via: non temete, alzate lo sguardo! Infine, anche per gli anziani c’è, nelle parole di Gioele, una sorta di compito, ovvero non più quello di portare pesi e responsabilità, ma quello di sognare. È bello immaginare che anche per i nonni ci sia un posto e che proprio a loro sia affidata questa capacità di passare il testimone e di avere sogni per chi viene dopo di loro. Anche papa Francesco ha ripreso questa profezia nel discorso all’apertura del convegno ecclesiale della diocesi di Roma, tenuto in San Giovanni in Laterano, il 16 giugno 2016. Il Papa sottolineava in quell’occasione “il valore della testimonianza come luogo in cui si può trovare il sogno di Dio e la vita degli uomini. […] Nei sogni dei nostri anziani molte volte risiede la possibilità che i nostri giovani abbiano nuove visioni, abbiano nuovamente un futuro, un domani, una speranza”.

Non concediamo spazio alla pigrizia e alla durezza del cuore, ma apriamoci alla trasmissione di generazione in generazione della bellezza di una vita spesa nella fedeltà reciproca, nell’amore che a imitazione di quello di Dio non conosce la parola “fine”. Il Papa ricordava in quella circostanza le tante coppie di anziani in visita a Santa Marta e diceva quanto lo commuovesse vedere “nei volti raggrinziti dal tempo la gioia che nasce dall’aver fatto una scelta d’amore e per amore”. Nel tempo di Avvento che stiamo vivendo, allora, possiamo ritrovare l’ardore di un’attesa che ci accomuna, ciascuno secondo la sua età. Un’attesa che non sarà delusa perché il Signore Gesù è già entrato nella Storia una volta per sempre e ci dice che ancora viene, sempre, ogni giorno, sta alla porta e bussa e non appena gli apriamo, sa trasformare anche le nostre singole storie d’amore in un tessuto che non teme l’offesa del tempo, non si strappa, ma passa di mano in mano fino a giungere alla pienezza del Regno.

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Fonte: Sir