Il cammino degli apostoli. Il fascino, e il mistero, del destino dei compagni di Gesù nella letteratura

Che vita hanno fatto gli apostoli? Quali sono state le loro vicissitudini dopo la Resurrezione? È un argomento che ha affascinato molti autori.

Il cammino degli apostoli. Il fascino, e il mistero, del destino dei compagni di Gesù nella letteratura

Gli apostoli. Che vita hanno fatto? Quali sono state le loro vicissitudini dopo la Resurrezione? È un argomento che ha affascinato molti autori, fin dal primo Seicento di “Flavia tragoedia” (Ed. Espera, Quaderni Sabini) del gesuita Bernardino Stefonio, ambientata nella Roma di Domiziano, in cui faceva una delle prime apparizioni “drammatiche” l’evangelista Giovanni al momento di essere mandato in esilio a Patmos. Ma se non vogliamo allontanarci troppo nel tempo, ai giorni nostri il diacono Paolo De Martino, responsabile per l’Apostolato biblico della diocesi di Torino ci offre “Il discepolo” (Gabrielli Editori) che ci fa capire, come recita il sottotitolo, che Pietro condivide, ancora oggi, con noi il cammino delle nostre fragilità. Ma d’altronde già quattro anni fa, per le edizioni Paideia, Markus Bockmuehl, uno studioso soprattutto della figura di Simone, ci presentava l’apostolo in un atteggiamento, come scrive Ravasi, esente dalle radicalizzazioni esclusivamente apologetiche e dal riduzionismo protestante: in “Simon Pietro nella scrittura e nella memoria” ci avviciniamo alla personalità di colui che è davvero la prova provata di come il cristianesimo non fosse una dottrina riservata a uomini di grande e raffinata cultura. Come spiega anche Daniel Marguerat, già docente di Nuovo Testamento all’università di Losanna, in “Lo storico di Dio. Luca e gli atti degli Apostoli” (Claudiana), in cui emerge la contrapposizione frontale tra apparenti vagabondi, gente di strada praticamente analfabeta e una cultura raffinata ed elitaria, ma senza il messaggio di speranza di una più umana Parola.

Il cammino dopo la Resurrezione ha interessato anche la ricerca di Enrico Cattaneo, professore emerito di Patrologia e Teologia fondamentale alla Facoltà teologica di Napoli: nel suo “Pietro e Paolo. La ‘roccia’ e il più ‘piccolo’ degli apostoli a confronto” (Il Pozzo di Giacobbe) lo studioso si pone domande sulla diretta conoscenza di Pietro e Paolo. Un dubbio cui rispondono per quello che riguarda il prima del viaggio a Roma, alcune epistole di Paolo stesso e gli Atti degli apostoli. Il libro affronta anche un’altra questione, quella sulle differenti, -secondo alcuni radicalmente opposte-, visioni del messaggio cristiano, una legalista e tradizionalista, l’altra aperta al contributo dei “gentili”: argomento ripreso anche da uno scrittore come Emmanuel Carrère che nel 2015 con “Il Regno” (Adelphi) ha seguito, a modo suo, i percorsi di san Paolo e san Luca tentando di spiegare il “successo di ascolti” di due, – per adeguarci al linguaggio d’oggi-, influencer che apparentemente non avevano niente in comune con le stelle mediatiche di allora. Anche se neanche Carrère sfugge alle ovvietà semplificatorie pseudo-storicistiche, quando afferma che “l’autorità” di Luca e Paolo “si basa su ragioni storiche a cui Paolo, nel suo intimo, attribuisce scarsa importanza”, presentandoci una vera e propria tautologia: e certo che nell’affermazione di un messaggio ci sono anche ragioni storiche, basta dirci quali. Cosa che il romanziere francese non fa in un libro che talvolta cede alle sirene neo-psicoanalitiche e delle ipotesi ammiccanti ma senza reale sostegno storico.

Del cammino dei testimoni della Resurrezione si sono interessati anche il compianto Antonio Persili, sacerdote che in “Sulle tracce del Cristo Risorto” (Casa della Stampa) ha indagato storicamente e filologicamente i documenti che riguardano quell’evento. La testimonianza soprattutto di Paolo, ma anche di altri, è approfondita in “Gli ultimi giorni di Gesù. La verità dei fatti” (San Paolo) scritto da un vescovo della Chiesa d’Inghilterra, N. T. Wright, e un docente di Nuovo Tastamento in Canada, Craig A. Evans.
Un argomento che non smette di affascinare, e non solo gli scrittori.

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Fonte: Sir