Il mistero bello della Trinità. Il segno della croce, “il gesto più semplice che abbiamo imparato da bambini”, ci ripropone il “mistero della Trinità”

Se la parola Dio “ci suggerisce una realtà singolare, maestosa e distante”, sentir parlare di un Padre e di un Figlio “ci riporta a casa”.

Il mistero bello della Trinità. Il segno della croce, “il gesto più semplice che abbiamo imparato da bambini”, ci ripropone il “mistero dell...

“Possiamo pensare Dio attraverso l’immagine di una famiglia riunita a tavola, dove si condivide la vita”. Commenta Francesco il dialogo tra Gesù e Nicodemo, è il Vangelo di Giovanni, e parla così, nel discorso che precede la recita dell’Angelus, della festa della Santissima Trinità: sentire parlare di Dio come di un rapporto tra padre e figlio “è un’immagine familiare che, se ci pensiamo, scardina il nostro immaginario su Dio”. Festa sconosciuta ai cristiani dei primi secoli, e, ancora oggi, alla tradizione orientale, la Santissima Trinità è entrata in un secondo momento nel calendario delle celebrazioni liturgiche. Segue la Pentecoste – l’effusione dello Spirito Santo sugli apostoli riuniti nel Cenacolo – e precede il Corpus Domini, quasi ad aiutarci a leggere meglio il cammino che abbiamo compiuto nel tempo di Quaresima e della Pasqua.

Ma ricordiamo l’unione delle tre persone della Santissima Trinità ogni volta che recitiamo l’atto della nostra fede, il Credo, e questo grazie a due eventi che si sono celebrati trecento anni dopo la morte e la resurrezione di Gesù: il Concilio di Nicea e, 56 anni più tardi, quello di Costantinopoli. Per questo parliamo del Credo niceno-costantinopolitano. L’uguaglianza tra Padre e Figlio è nella prima parte dell’atto di fede, in quel “Dio vero, generato e non creato della stessa sostanza del Padre”. Il legame con lo Spirito Santo lo troviamo più avanti nella preghiera quando diciamo che dà la vita, e “procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato”. Ed è qui in questa espressione, in quel Filioque, cioè “e il Figlio”, che troviamo la difficoltà del rapporto con la chiesa ortodossa, disputa teologica che va avanti da mille anni.

Anche le letture della Messa ci aiutano a comprendere meglio il fil rouge dell’amore fondamento e legame delle tre persone della Trinità. Nell’Esodo leggiamo che Dio è “misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà”. Nella lettera alla comunità di Corinto si legge: vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Ma troviamo anche una formulazione trinitaria: “la grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”. La festa della Santissima Trinità ricorda tutto questo, ci parla di un amore che supera le piccolezze e i nostri peccati.

Se la parola Dio “ci suggerisce una realtà singolare, maestosa e distante”, sentir parlare di un Padre e di un Figlio “ci riporta a casa”, ci ripropone l’immagine della mensa “che, allo stesso tempo, è un altare, è un simbolo con cui certe icone raffigurano la Trinità. È un’immagine che ci parla di un Dio comunione”: ma non “solo un’immagine è la realtà” perché “lo Spirito che il Padre mediante Gesù ha effuso nei nostri cuori, ci fa gustare, ci fa assaporare la presenza di Dio: presenza sempre vicina, compassionevole e tenera”.

Non solo il Credo, ma anche il segno della croce, “il gesto più semplice che abbiamo imparato da bambini”, ci ripropone il “mistero della Trinità”. Infatti, ha detto il Papa, “tracciando la croce sul nostro corpo ci ricordiamo quanto Dio ci ha amato, fino a dare la vita per noi; e ripetiamo a noi stessi che il suo amore ci avvolge completamente, dall’alto in basso, da sinistra a destra, come un abbraccio che non ci abbandona mai. E al tempo stesso ci impegniamo a testimoniare Dio-amore, creando comunione nel suo nome”.

Il vescovo di Roma invita i presenti a fare il segno della croce e, successivamente a chiedersi: “noi testimoniamo Dio-amore oppure è diventato a sua volta un concetto, qualcosa di già sentito, che non smuove e non provoca più la vita? Le nostre comunità sanno amare? Sono delle famiglie? Teniamo la porta sempre aperta, sappiamo accogliere tutti come fratelli e sorelle? Offriamo a tutti il cibo del perdono di Dio e il vino della gioia evangelica? Si respira aria di casa o assomigliamo più a un ufficio o a un luogo riservato dove entrano solo gli eletti?”.

Nel dopo Angelus Francesco ha manifestato vicinanza alle vittime dell’incidente ferroviario in India e ha affidato a Maria “le popolazioni provate dal flagello della guerra, specialmente la cara e martoriata Ucraina”.

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Fonte: Sir