Immensamente piccolo. In 39 per 188 centimetri Raffaello, poco più che ventenne, dipinge tre scene del Vangelo

Chi, fino al 29 gennaio, visiterà il Museo diocesano di Milano, avrà modo di vedere un vero e proprio capolavoro: la predella della pala Oddi di Raffaello.

Immensamente piccolo. In 39 per 188 centimetri Raffaello, poco più che ventenne, dipinge tre scene del Vangelo

In foto, le opere d’arte sembrano essere tutte quante pressoché grandi uguali. Ma è quando le si può osservare dal vivo che si riesce a metterne a fuoco le reali dimensioni. E con esse il genio e il talento di chi le ha realizzate.

Chi, fino al 29 gennaio, visiterà il Museo diocesano di Milano, avrà modo di vedere un vero e proprio capolavoro, racchiuso in 39 per 188 centimetri: la predella della pala Oddi di Raffaello Sanzio (1483-1520), protagonista dell’edizione 2022 di “Un capolavoro per Milano”.

In 39 per 188 centimetri Raffaello, poco più che ventenne, dipinge tre scene del Vangelo – l’Annunciazione, l’Adorazione dei magi e la Presentazione di Gesù al tempio – con una precisione e una dovizia di particolari fuori dal comune. Un assaggio lo si può avere nell’immagine di copertina scelta dal museo per la sua pagina Fb e in diversi post in cui, giorno dopo giorno, vengono messi a fuoco i particolari di questo capolavoro “in miniatura”.

La predella è arrivata nel capoluogo lombardo in prestito dai Musei vaticani nell’ambito dell’iniziativa d’Avvento che vede collaborare ormai da alcuni anni le due strutture museali. “È un’opera straordinaria – ha sottolineato le direttrice del museo diocesano di Milano Nadia Righi in occasione dell’apertura della mostra – che viene presentata dopo un restauro che è stato eseguito dai laboratori dei Musei vaticani proprio per questa occasione e che ancor più rivela la qualità pittorica, spaziale e luministica di questo straordinario maestro del Rinascimento italiano. I temi sono temi fondamentali per noi cristiani, nel momento in cui ci avviciniamo a vivere il tempo dell’Avvento e poi del Natale e crediamo che possa essere anche la scelta del racconto evangelico che Raffaello illustra nella sua opera meravigliosa possa essere un’occasione di approfondimento per ciascuno di noi su quale sia il significato più profondo del Natale”.

“Non è soltanto l’esposizione di un’opera d’arte che a Milano non si vedrebbe perché si trova ai Musei vaticani, ma è perché vogliamo dire qualcosa a Milano, in questo Natale che viene”. Così, l’arcivescovo Delpini sintetizza la finalità della mostra.

Un messaggio per Milano racchiuso in un’opera tanto straordinaria quanto la sua storia. “Realizzata tra il 1502 e il 504 per la Pala, destinata alla cappella gentilizia degli Oddi nella chiesa di S. Francesco al Prato a Perugia, dopo il trattato di Tolentino di fine Settecento, viene requisita dai francesi e portata nel Museo universale imperiale napoleonico del Louvre, dove risiede per anni, fino alla disfatta di Napoleone e Waterloo – spiega la direttrice dei Musei vaticani Barbara Jatta –. Il Congresso di Vienna e Papa Pio VII stabiliscono che le opere devono tornare ai legittimi proprietari, e Antonio Canova riesce nell’impresa molto delicata da un punto di vista diplomatico a riportare la maggior parte delle opere (centinaia di opere) con un concetto illuminato e fondamentale non nei luoghi d’origine ma in un luogo dove siano a disposizione dei giovani per educare con la loro universalità, lo spirito, l’anima. Arriva così ai Musei vaticani, con un’idea di condivisione con il popolo che è figlia della rivoluzione francese, ma anche di una rinnovata volontà di evangelizzazione attraverso l’arte”.

La mostra organizzata a Milano ha offerto l’occasione per restaurare la predella. “Come tutti i restauri delle opere di Raffaello lasciano una grande emozione e fanno riscoprire una grande novità – racconta Paolo Violini, maestro restauratore dei Musei vaticani –. Avevamo finito di restaurare la Pala Oddi nel 2020 quando è stata rimontata in Pinacoteca. L’esposizione al Museo diocesano di Milano è stata un’ottima occasione per completare l’originario insieme raffaellesco di pala e predella, che erano già stati restaurati negli anni Cinquanta”. La rimozione di polvere e depositi dalla superficie pittorica ha permesso ai restauratori di ritrovare gli originali colori raffaelleschi. “I colori che oggi possiamo apprezzare, così vivaci, freddi, puri e intensi dovuti proprio alla ricercatezza di Raffaello nella cura dei materiali e nella scelta dei pigmenti, sono riemersi da quelle patine giallastre ambrate che le vernici alterate gli avevano conferito”, prosegue Violini. Ma questa non è stata l’unica scoperta. “La predella ci ha dato anche delle informazioni in più – aggiunge –. Abbiamo scoperto che si tratta un’opera realizzata a tecnica mista, le scene sono dipinte ad olio e sono state fatte in un momento precedente rispetto alle decorazioni che le separano, che invece sono dipinte a tempera e sono state dipinte successivamente, molto probabilmente nel momento in cui la tavola è stata inserita nella struttura lignea che ospitava sia la pala che la predella. È stato un lavoro iniziato forse in bottega da Raffaello e completato sul posto dal falegname dell’ebanista che si occupava della costruzione della macchina d’altare”.

“Un capolavoro per Milano”, la predella della Pala Oddi, che presenta l’infinitamente grande racchiuso nell’infinitamente piccolo. Un concetto, questo, sul quale ha incentrato la sua riflessione l’arcivescovo Delpini in occasione dell’inaugurazione della mostra. Osservando la scena dell’Adorazione dei magi, mons. Delpini sottolinea come “Gesù non lo si trova nei palazzi dei potenti, nella ricchezza, ma là dove la fragilità umana e la precarietà delle costruzioni rivelano che tutto cade. Ed è proprio lì, invece, che rinasce. Dove si deve cercare Gesù? Nella povertà, nella precarietà delle costruzioni umane c’è una parola eterna”. Per riconoscere questa parola occorre fare un “percorso di discesa dall’esuberanza dei cavalli e dei cavalieri e di tutto il seguito dei magi fino ad arrivare a mettersi in ginocchio”. “Per incontrare Gesù – spiega l’arcivescovo di Milano – bisogna predisporsi a quella umiltà che riconosce che la grandezza di Dio è presente in un bambino. Se tu quindi vuoi trovare Gesù, non farti grande, non pensarti chissà chi, ma porta le tue domande sulla strada che porta a Betlemme e scendi, umiliati, mettiti in ginocchio, deponi la corona. Ecco, allora riconoscerai con grandissima gioia che il Signore Gesù è venuto”.

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Fonte: Sir