Kazakistan: in attesa di Papa Francesco. Mons. Dell’Oro (Karaganda), “per dire al mondo che la pace è un dono di Dio”

Si lavora alla visita di Papa Francesco in Kazakistan, nonostante le incertezze e le ultime defezioni. Il vescovo di Karaganda, mons. Adelio Dell'Oro, racconta al Sir che a Nur-Sultan c’è stato un incontro della commissione che organizza il viaggio del Papa con i vescovi locali, dell’Asia Minore, dell’Azerbaigian, dell’Afghanistan. Il Papa parteciperà al VII Congresso mondiale dei leader delle religioni mondiali e tradizionali che si terrà il 14 e il 15 settembre nella capitale kazaka

Kazakistan: in attesa di Papa Francesco. Mons. Dell’Oro (Karaganda), “per dire al mondo che la pace è un dono di Dio”

“Il Congresso mondiale dei leader delle religioni mondiali e tradizionali è giunta alla settima edizione. Avviene ogni tre anni. La novità di quest’anno è che il nuovo presidente del Kazakistan Tokayev ha invitato Papa Francesco e Papa Francesco ha accolto l’invito. Verrà il Papa!”. Raggiunto telefonicamente dal Sir, mons. Adelio Dell’Oro, di origine italiana, dal 31 gennaio 2015 vescovo di Karaganda, racconta come il Kazakistan sta lavorando per preparare questa visita del Papa, nonostante le incertezze e le ultime defezioni. Secondo quanto annunciato tempo fa dalla Aala stampa vaticana, Francesco parteciperà al VII Congresso mondiale dei leader delle religioni mondiali e tradizionali che si terrà il 14 e il 15 settembre nella capitale kazaka, Nur-Sultan. Il suo viaggio si svolge anche nel quadro del 30° anniversario dell’instaurazione delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica del Kazakistan. A metà giugno “ero nella capitale”, racconta il vescovo, “perché è venuta la commissione che organizza il viaggio del Papa. All’incontro hanno partecipato anche i vescovi dell’Asia Minore, dell’Azerbaigian, dell’Afghanistan. E dopo una piccola delegazione è andata dal presidente del Senato per concordare anche con lui il programma”. Mons. Dell’Oro aggiunge: “Sicuramente questo Congresso è diventato negli anni abituale. Quindi di per sé non è una novità per noi. Ma la novità secondo me è la partecipazione del Papa e la sua venuta qui in questo specifico momento della storia con tutto quello che sta accadendo in Ucraina. La sua presenza sarà quindi molto significativa. Si sta lavorando al programma che dovrà poi essere visto e approvato da Papa Francesco. È chiaro però che il Papa avrà incontri ufficiali con le autorità statali e con la comunità cattolica”. Era il 2003 quando per la prima volta si svolse il Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali. L’evento fu promosso e sostenuto dal primo presidente della Repubblica del Kazakistan, Nursultan Abishevich Nazarbayev, e la Chiesa cattolica – si legge sul sito ufficiale del Congresso – è stata tra i primi a sostenere l’iniziativa, che tra le principali priorità pone “l’affermazione della pace, dell’armonia e della tolleranza come principi incrollabili dell’esistenza umana” e la prevenzione dell’ “uso dei sentimenti religiosi delle persone per l’escalation di conflitti e ostilità”. “Non ci sono problemi al mondo – era la convinzione del presidente Nazarbayev – che non possano essere risolti se contrapponiamo all’inimicizia l’armonia, la tolleranza e la spiritualità, se ci basiamo sulla fiducia e sulla cooperazione reciproche. Comprendere questo ispira speranza e rafforza la fiducia nel futuro”.

“Sono convinto – assicura oggi l’attuale presidente Tokayev – che il Kazakistan continuerà a fare tutto il possibile in nome della pace e della stabilità sul pianeta, continuerà a lavorare per portare avanti le attività del Congresso, riempiendolo di nuovi contenuti”.

Mons. Dell’Oro, quale significato avrebbe la presenza di Papa Francesco per il Congresso delle religioni mondiali?

Credo che sia importante che il Papa venga qui e che dica che la pace è un dono di Dio e che la religione non è un ostacolo alla vita civile e sociale ma un contributo a vivere la pace e l’armonia. È importante anche che venga in un Paese dove è presente con una percentuale forte l’Islam. E poi, non lo so, sono notizie che si leggono sui giornali. Ma si dice che dovrebbe venire anche il patriarca di Mosca.

E cosa si dice?

Non so se verrà. Però quell’incontro che hanno dovuto rimandare a causa della questione ucraina, sarebbe bello se avvenisse qui e ci fosse un’intesa sul fatto che la religione non è al servizio dello Stato, come Papa Francesco ha detto quando si è incontrato online con il patriarca.

È importante che i leader spirituali affermino che la religione è un fattore di unità e riconciliazione e quindi è una responsabilità per chi è credente, soprattutto se è cristiano, riconoscere – al di là di tutte le differenze e le divisioni – che Gesù è colui che ci unisce alla radice.

Che Kazakistan troverà Papa Francesco?

Quando è venuto Papa Giovanni Paolo II c’era una aspettativa molto alta. Allora la Chiesa cattolica non era molto considerata. Era una delle tante “sette” che, dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica, erano apparse nel panorama civile del Paese. La venuta di Giovanni Paolo II contribuì nel 2001 a confermare questa presenza della Chiesa cattolica che è oggi riconosciuta come una delle tre religioni tradizioni presenti nel Paese, insieme all’Islam e all’Ortodossia. Per quello che io vivo e vedo, la situazione oggi è molto cambiata. La globalizzazione ha portato ad un soffocamento soprattutto nei giovani della domanda sul senso della vita. Spero che quando sarà ufficializzato il programma, possiamo cominciare ad annunciarlo, a invitare la gente…

Quali sono le vostre attese?

Qui in Kazakistan, noi cattolici siamo una minoranza estrema ma siamo in questa società lievito non solo di speranza ma soprattutto di pace, accoglienza e fraternità. In Kazakistan ci sono 135 diverse nazionalità. Riuscire a guardarsi in faccia come fratelli è una cosa importante.

Spero che il Kazakistan sia sempre all’altezza della vocazione che le ha affidato Giovanni Paolo II: essere una terra che accoglie, essere ponte tra l’Europa e l’Asia.

Crescere come nazione capace di vivere ancora oggi quella fraternità che i kazaki hanno sempre dimostrato nella storia accogliendo tutti, anche durante i tempi delle deportazioni. Tanti si sono salvati perché i kazaki scaricandoli giù nella steppa, al freddo e al gelo, li hanno accolti. Spero che si ridia un senso e un motivo a questo spirito di accoglienza e fraternità.

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Fonte: Sir