L’amore infinito di Dio, che si è fatto carne in Cristo per ogni vivente

La festa del S. Cuore di Gesù è ancora oggi significativa per noi cristiani? Che cosa può comunicare all’individuo del nostro tempo che dimostra a volte di avere un cuore incapace di provare sentimenti profondi e che spesso si lascia guidare da emozioni fuggenti?

L’amore infinito di Dio, che si è fatto carne in Cristo per ogni vivente

La festa del S. Cuore di Gesù è ancora oggi significativa per noi cristiani? Che cosa può comunicare all’individuo del nostro tempo che dimostra a volte di avere un cuore incapace di provare sentimenti profondi e che spesso si lascia guidare da emozioni fuggenti? In che modo può guardare la vita da una nuova prospettiva chi cerca solo il proprio benessere, chi dilata lo spazio del proprio esistere, anche a scapito del bene comune?

Tutti, a vari livelli, abbiamo bisogno di riscoprire il nostro cuore di carne, per ravvivare l’esistenza.

L’indifferenza o la rigidità non serve a nessuno. Un cuore che pulsa dà vita non solo a chi lo possiede, ma anche all’universo…Tutto è connesso!

Ma come dare vita al nostro cuore di carne?

È il Signore stesso che nella Scrittura ci indica la modalità da seguire: “Il Signore, tuo Dio, ti ha portato, come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che hai fatto” (cfr. Dt 1, 31).

Nella relazione con Dio attraverso Gesù scopriamo la bellezza della paternità del Padre. Purtroppo abbiamo perso in questi anni alcuni riferimenti stabili. Anche la relazione con il Signore sembra affievolita. I genitori faticano a vivere concretamente la paternità e la maternità: spesso rinunciano al loro ruolo e lasciano posto al cameratismo. Quasi inconsapevolmente abbandonano i propri impegni genitoriali e non riescono a camminare con amore accanto ai propri figli per formarli, esortandoli, incoraggiandoli, senza confusione di ruoli e nel rispetto delle regole.

Lo sfilacciamento dei confini genitoriali spesso si riflette nei figli, nella società, nelle istituzioni!

Abbiamo bisogno di imparare il rispetto delle regole, che non è controllo o oppressione, ma scelta quotidiana di libertà attraverso cui ognuno decide di dare tutto se stesso per la realizzazione di un progetto esistenziale non individuale ma personale e comunitario. La persona è sempre in relazione, l’individuo invece cura il solipsismo.

Riscoprire la paternità e la maternità di Dio nella relazione con lui significa imparare ad essere padre o madre, figlio o figlia:

 “Che dovrò fare per te, Èfraim, che dovrò fare per te, Giuda? Il vostro amore è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce” (Os 6,4).

L’amore eterno di Dio non è a tempo, è senza fine. Seguendo con amore il nostro cammino, ci sorregge e non ci lascia per terra se cadiamo, non ci abbandona neanche quando pensiamo di fare a meno di lui.

Mentre risuonano le parole di Osea nel nostro cuore, percepiamo tutta la vicinanza affettiva del Signore?

Come sperimentare che amare non è lasciarsi guidare solo dai ritmi delle nostre emozioni?

Se il nostro cuore è spento, non proviamo più nulla per l’altro, tronchiamo la relazione, soprattutto quando identifichiamo l’amore solo con l’emotività. Sperimentando la fedeltà di Dio, impariamo a rimanere in relazione con l’altro, amandolo nella sua totalità anche nei tempi difficili.

“A Èfraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare” (Os 11, 3-4). “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (Os 11, 8).

Si coglie in questi versetti la tenerezza di Dio che fa vibrare le fibre dell’anima.

Egli rende comprensibile il suo amore concreto per ogni sua creatura: continua ad amare anche quando la persona dimentica di essere amata da Lui.

Si commuove e freme perché desidera che ogni vivente sia felice. Dona il proprio Figlio all’umanità, per rendere visibile il suo amore fedele di Padre che ama l’umanità.

Che cosa rappresenta per noi cristiani la solennità del Cuore di Gesù?

La memoria di quest’amore infinito di Dio che si è fatto carne in Cristo per ogni vivente.

Prima di dare la sua vita per noi, Gesù ha lasciato l’esempio per seguire le sue orme, incarnando l’amore tra la gente, beneficando e guarendo gli ammalati, rendendo visibile la prossimità del Padre presso gli emarginati e i peccatori del suo tempo, donando la speranza a chi non credeva più nella bellezza dell’esistenza. Ha chiamato, inoltre, a sé alcuni perché lo seguissero, per continuare ad annunciare con le opere e con la parola che Dio ama ogni creatura.

Ancora oggi Gesù Cristo conta sui battezzati, perché vivano il Vangelo ogni giorno con passione e con responsabilità, portando ovunque la giustizia, la pace, la gioia.  

Forse è giunto il tempo di lasciare la finestra che consente di guardare dall’alto le vicende del mondo e scendere sulle strade battute dalla gente

che, a volte, sembra aver perso il senso della propria vita, ma che in realtà possiede tanti valori che attendono di essere liberati per il bene di tutti!

Chissà se noi cristiani oggi decidiamo finalmente di buttarci nella mischia, per cogliere con e per gli altri tutto il bene esistente e portarlo alla luce… Proprio come fa continuamente con ciascuno di noi il Cuore di Gesù!

Diana Papa

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Fonte: Sir