L’icona mariana e il suo fascino senza tempo. Maria, icona e presenza costante

La figura di Maria non ha solo attraversato l’arte e la letteratura di tutte le latitudini, ma anche quella particolare dimensione che è stata chiamata “visione del mondo”.

L’icona mariana e il suo fascino senza tempo. Maria, icona e presenza costante

La figura di Maria non ha solo attraversato l’arte e la letteratura di tutte le latitudini, ma anche quella particolare dimensione che è stata chiamata “visione del mondo”: un pensiero unitario che tenta di collegare le varie forme del pensiero umano, dalla creatività artistica e letteraria alla fisica. L’icona è il punto focale di questa attenzione ai legami tra arte e scienza, perché, come molti studiosi, soprattutto Pavel Florenskij e Pavel Nikolàjevic Evdokimov, hanno affermato, essa segna una sorta di rivoluzione nell’arte, soprattutto da quando, dal Trecento in poi, la prospettiva e il naturalismo prenderanno un posto fondamentale nella tecnica della rappresentazione. La cosiddetta mìmesis, l’imitazione del reale, diviene il concetto base che porterà alle stagioni dell’umanesimo e del rinascimento. Ma nell’ottica religiosa, soprattutto quella cristiano-orientale, sono due critiche alla mìmesis che vale la pena ricordare: 1) la realtà esterna non è tutta la realtà, ma solo la parte sensibile di un cammino che porta verso l’Altrove; 2) il sacro non è rappresentabile secondo le “illusioni” mimetiche e realistiche, perché non è soggetto ad esse. Per questo l’icona della Teotokos, la Madre di Dio, o dell’Odigidria, Colei che mostra la Via, solo per citare due tipologie, non può essere realizzata secondo le illusioni prospettiche dello spazio-tempo umano. L’Odigidria non appartiene e non è soggetta a queste medesime leggi fisiche.

Non è mancato chi, come i due grandi studiosi ortodossi che abbiamo citato in apertura, non abbia rinunziato ad un attacco frontale al realismo dell’arte dal Rinascimento in poi, ma il punto non è questo. L’icona, scrive il Florenskij delle “Porte regali”, “è la reminiscenza di un archetipo celeste”, ed è il ragionamento che consente allo studioso scomparso in un lager staliniano di arrivare al primato del non mimetico. Solo il simbolico, che sfugge alle tentazioni della “ricopiatura” di ciò che noi vediamo e che non è paradossalmente reale (le due rette che si incontrano ai nostri occhi sono in realtà sempre parallele) riesce a dare l’essenza del sacro. Come il sogno, che, secondo alcuni, rappresenta un’altra zona di quella che chiamiamo realtà e che però ci porta oltre le barriere di ciò che è ritenuto dal senso comune razionale e vero. Per citare il san Paolo della prima lettera ai Corinzi, “ora vediamo come in uno specchio in maniera confusa, ma allora vedremo faccia a faccia”. Questo faccia a faccia è anticipato dall’icona, frontale, immobile, senza i “trucchi” del movimento, della profondità. È quel viso non piegato alle “finzioni” del realismo, apparentemente piatto e senza espressione, che nella sua immobilità ci permette di guardare oltre la materia e di arrivare al Senso.

E’ Lei, secondo questa interpretazione, che guarda noi, ed è Lei ad essere protetta non solo dagli agenti corrosivi ma anche dallo sguardo umano non ancora preparato alla Mirabile Visione, dalle artistiche lamine di materiale spesso prezioso. Lei è immobile, e siamo noi che ci muoviamo. Ma la sua immobilità ha prodotto nei secoli vere e proprie immagini iconiche che hanno compiuto il miracolo umano di conciliare quella immobilità simbolica con i movimenti lievi e pieni di grazia del femminile: “Come si volge con le piante strette/ a terra ed intra sé donna che balli,/ e piede innanzi piede a pena mette,/ volsesi in su i vermigli ed in su i gialli/ fioretti verso me non altrimenti/ che vergine che gli occhi onesti avvalli” sembra quasi cantare il Dante che nell’Eden ritrovato riesce nell’impresa di creare il movimento dell’immagine iconica in Matelda. Una contraddizione, in apparenza. Ma la relatività e il principio di Indeterminazione ci hanno insegnato che talvolta quella che chiamiamo realtà è fatta di queste contraddizioni.

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Fonte: Sir