La comunità è una famiglia di famiglie in cui ci si aiuta a camminare insieme

La comunità è anche dove possiamo mettere in campo tutta la nostra specificità di singoli e di famiglia.

La comunità è una famiglia di famiglie in cui ci si aiuta a camminare insieme

Quasi al termine del suo percorso fra le caratteristiche della santità nel mondo attuale, il Papa si sofferma su un invito: quello di non rimanere isolati, per non rischiare di soccombere contro il proprio egoismo e le tentazioni del Divisore, colui che ci fa fare il male anche quando vogliamo fare il bene.

La santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due” (GE 141) In rassegna passano le tante comunità che sono state proclamate sante nel loro collettivo, da San Paolo Miki e compagni martiri in Giappone ai beati monaci trappisti di Tibhirine in Algeria che insieme hanno accolto il martirio. Molte poi sono le coppie di sposi sante (anche se non così tante agli onori degli altari) in cui ognuno dei coniugi è stato strumento della santificazione dell’altro. Anche senza arrivare all’effusione del sangue, “condividere la Parola e celebrare insieme l’Eucaristia ci rende più fratelli e ci trasforma via via in comunità santa e missionaria” (GE 142).

Sia nella dispersiva metropoli, sia nella provincia più isolata, la famiglia è invitata a radunarsi all’ombra del campanile con le altre famiglie perché la comunità è appunto una famiglia di famiglie in cui ci si aiuta a camminare insieme. Solo la dimensione comunitaria della Chiesa permette di beneficiare dei sacramenti che vanno a nutrire la vita dei singoli membri con una linfa vitale che, in virtù dello Spirito Santo, genera e rigenera le relazioni. E la vita comunitaria è fatta di tanti piccoli dettagli quotidiani. Si tratta di saperli leggere con gli occhi del Vangelo. Il Papa elenca alcuni “piccoli particolari”, dal vino mancante alle nozze di Cana, alla pecora smarrita, alle due monetine della vedova, per indicare come la santità si edifica passo dopo passo, attraverso la successione di attenzioni ai dettagli. La comunità è chiamata a custodire i piccoli particolari dell’amore “dove i membri si prendono cura gli uni degli altri e custodiscono uno spazio aperto ed evangelizzatore” (GE 145).

Talvolta siamo tentati di credere che la comunità sia solo un luogo in cui prendere, in realtà è anche dove possiamo mettere in campo tutta la nostra specificità di singoli e di famiglia. Nella migliore delle ipotesi quello che dovrebbe crearsi è uno scambio virtuoso fra le peculiarità delle vocazioni.  Coniugi, sacerdoti, religiosi, bambini, giovani e anziani. Ciascuno porta il suo specifico talento che alimenta la fantasia e la speranza della parrocchia e ciascuno porta la sua croce, sapendo che il suo peso sarà più leggero perché sostenuto dalla compagnia e dalla preghiera dei fratelli.

La comunità dovrebbe sentire la responsabilità di non essere solo un gruppo di persone che sta più o meno bene insieme, quanto piuttosto la porzione di popolo di Dio che il Signore si è scelto per quel territorio. Questa elezione dovrebbe far nascere in tutti il desiderio di andare oltre le simpatie immediate, ma voler costruire dei rapporti più intensi, fondati sulla medesima adesione alla Parola e innestati nella vita sacramentale. Solo così si potrà parlare di famiglia di famiglie, una realtà più solida di un gruppo di amici perché tutti chiamati a costruire un pezzetto di Regno già su questa terra.

Giovanni M. Capetta

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Fonte: Sir