La pazienza di Dio. Il Signore non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono

La pazienza di Dio che non si stanca, “non desiste dopo il nostro no; ci lascia liberi anche di allontanarci da lui e di sbagliare”.

La pazienza di Dio. Il Signore non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono

Una doppia domanda è presente nella parabola contenuta nel brano di Matteo; Gesù si trova nel tempio di Gerusalemme a insegnare ed è attaccato dai capi religiosi che gli chiedono con quale autorità fa quelle affermazioni. La sua risposta – la parabola dei due figli invitati dal padre a lavorare nella vigna – chiama sacerdoti e anziani del popolo a prendere posizione, a dare un giudizio. Conosciamo le risposte dei figli: “non ne ho voglia” il primo, ma poi andrà; “si signore”, e invece eviterà di entrare nella vigna, il secondo. E conosciamo anche la risposta che sacerdoti e anziani danno alla domanda di Gesù: chi ha compiuto la volontà del padre? Il primo. È un modo per sottolineare l’obbedienza al Padre, dunque a Dio, che si esprime nella disponibilità ad aprire i nostri cuori, perché nel nostro rapporto con il Signore, diceva Benedetto XVI, “non contano le parole, ma l’agire, le azioni di conversione e di fede”. No dunque a una fede tiepida, a una religiosità di routine, che non inquieta più l’uomo. L’obbedienza, afferma Papa Francesco all’Angelus, “non consiste nel dire ‘sì’ o ‘no’, ma nell’agire, nel coltivare la vigna, nel realizzare il Regno di Dio. Con questo semplice esempio, Gesù vuole superare una religione intesa solo come pratica esteriore e abitudinaria, che non incide sulla vita e sugli atteggiamenti delle persone. Una religiosità superficiale, soltanto rituale, nel brutto senso della parola. Gli esponenti di questa religiosità “di facciata”, che Gesù disapprova, erano in quel tempo i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo”.

Le parole che troviamo nel brano di Matteo vanno lette con discernimento, e non devono “indurre a pensare che fanno bene quanti non seguono i comandamenti di Dio e la morale, e dicono: tanto, quelli che vanno in Chiesa sono peggio di noi. Gesù non addita i pubblicani e le prostitute come modelli di vita, ma come ‘privilegiati della Grazia’, che Dio offre a chiunque si apre e si converte a lui. Infatti, queste persone, ascoltando la sua predicazione, si sono pentite e hanno cambiato vita. Pensiamo a Matteo, ad esempio, San Matteo, che era un pubblicano, un traditore alla sua patria”.

Matteo, nel suo Vangelo, utilizza due verbi per indicare il cambiamento avvenuto nel primo figlio: pentire e andare, “si pentì e vi andò”. È l’immagine della chiesa secondo Francesco dove peccato e conversione hanno cittadinanza. Come il figlio che, pentendosi della prima risposta, vede diversamente le cose: non è più il padrone che chiama a lavorare, ma il padre che invita a collaborare per portare frutti.

Così nella parabola la figura migliore la fa il primo fratello, afferma ancora Papa Francesco nelle parole che precedono la preghiera mariana: non perché ha detto no a suo padre, ma perché dopo il no si è convertito al sì”. Il Signore “anche se siamo uomini di poca fede e peccatori, ci salverà”. È l’immagine della barca di Pietro sballottata dalle onde, della zizzania nel campo del Signore, dei pesci cattivi nella rete di Pietro. Peccatori, dunque. Ma chi sa di essere un peccatore, sa anche che Dio lo ama comunque. Ricordate: il Signore non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono.

La pazienza di Dio che non si stanca, “non desiste dopo il nostro no; ci lascia liberi anche di allontanarci da lui e di sbagliare”. È meraviglioso pensare alla pazienza di Dio, dice Francesco: il Signore ci aspetta sempre; sempre accanto a noi per aiutarci; ma rispetta la nostra libertà. E attende trepidante il nostro “sì”, per accoglierci nuovamente tra le sue braccia paterne e colmarci della sua misericordia senza limiti. La fede in Dio chiede di rinnovare ogni giorno la scelta del bene rispetto al male, la scelta della verità rispetto alla menzogna, la scelta dell’amore del prossimo rispetto all’egoismo”.

La conversione, cambiare il cuore, ha affermato ancora Francesco, “è un processo di purificazione dalle incrostazioni morali; per questo non è mai indolore. Il cammino della conversione passa sempre attraverso la croce”. E il Vangelo di oggi “chiama in causa il modo di vivere la vita cristiana, che non è fatta di sogni o di belle aspirazioni, ma di impegni concreti, per aprirci sempre più alla volontà di Dio e all’amore verso i fratelli”.

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Fonte: Sir