“Mentre i governi discutono” il mare si trasforma in “tomba d’acqua”. Le tante denunce dalla via Crucis del Papa

I testi della Via Crucis del Colosseo il Venerdì Santo, scritti da suor Eugenia Bonetti. “Quale squilibrio può creare questa violenza nella vita di tante giovani che sperimentano solo il sopruso, l’arroganza e l’indifferenza di chi, di notte e di giorno, le cerca, le usa, le sfrutta per poi buttarle nuovamente sulla strada in preda al prossimo mercante di vite!”

“Mentre i governi discutono” il mare si trasforma in “tomba d’acqua”. Le tante denunce dalla via Crucis del Papa
Via Crucis: prima stazione, ascoltare “il grido dei poveri” condannati a morte “dall’indifferenza generata da politiche esclusive ed egoiste”

“Percorrere questa ‘via dolorosa’ insieme a tutti i poveri, agli esclusi dalla società e ai nuovi crocifissi della storia di oggi, vittime delle nostre chiusure, dei poteri e delle legislazioni, della cecità e dell’egoismo, ma soprattutto del nostro cuore indurito dall’indifferenza. Una malattia quest’ultima di cui anche noi cristiani soffriamo”. Così suor Engenia Bonetti, presidente di Slaves no more, sintetizza lo scopo delle meditazioni che il Papa le ha chiesto di scrivere per la Via Crucis di quest’anno, appena iniziata al Colosseo. “Possa la Croce di Cristo, strumento di morte ma anche di vita nuova, che tiene uniti in un abbraccio terra e cielo, nord e sud, est e ovest, illuminare le coscienze dei cittadini, della Chiesa, dei legislatori e di tutti coloro che si professano seguaci di Cristo, affinché giunga a tutti la Buona Notizia della redenzione”. “Quante mamme ancora oggi vivono l’esperienza di tua Madre e piangono per la sorte delle loro figlie e dei loro figli?”, il commento alla prima stazione: “Quante, dopo averli generati e dati alla luce, li vedono soffrire e morire per malattie, per mancanza di cibo, di acqua, di cure mediche e di opportunità di vita e di futuro?”. “Ti preghiamo per coloro che ricoprono ruoli di responsabilità, perché ascoltino il grido dei poveri che sale a te da ogni parte del globo”, l’invocazione: “Grido di tutte quelle giovani vite, che in modi diversi, sono condannate a morte dall’indifferenza generata da politiche esclusive ed egoiste. Che a nessuno dei tuoi figli manchi il lavoro e il necessario per una vita onesta e dignitosa”.

Via Crucis: seconda stazione, “senza fissa dimora, giovani senza lavoro, immigrati costretti a vivere nelle baracche” sono “i nuovi crocifissi di oggi”

“È facile portare il crocifisso al collo o appenderlo come ornamento sulle pareti delle nostre belle cattedrali o delle nostre case, ma non è altrettanto facile incontrare e riconoscere i nuovi crocifissi di oggi: i senza fissa dimora, i giovani senza speranza, senza lavoro e senza prospettive, gli immigrati costretti a vivere nelle baracche ai margini della nostre società, dopo aver affrontato sofferenze inaudite”. L’elenco è contenuto nella seconda stazione della Via Crucis. “Purtroppo questi accampamenti, senza sicurezza, vengono bruciati e rasi al suolo insieme ai sogni e alle speranze di migliaia di donne e uomini emarginati, sfruttati, dimenticati”, la denuncia: “Quanti bambini, poi, sono discriminati a causa della loro provenienza, del colore della loro pelle o del loro ceto sociale! Quante mamme soffrono l’umiliazione nel vedere i loro figli derisi ed esclusi dalle opportunità dei loro coetanei e compagni di scuola!”.

Via Crucis: terza stazione, grazie ai “nuovi samaritani”. Ricorda africane bruciate sulla strada

“Che cosa sarebbe la Chiesa oggi senza la presenza e la generosità di tanti volontari, i nuovi samaritani del terzo millennio?”. A chiederselo è suor Eugenia Bonetti, nella terza stazione della Via Crucis. “In una notte gelida di gennaio, su una strada alla periferia di Roma, tre africane, poco più che bambine, accovacciate per terra scaldavano il loro giovane corpo seminudo attorno ad un braciere”, il primo racconto della religiosa: “Alcuni giovanotti, per divertirsi, passando in macchina hanno gettato del materiale infiammabile sul fuoco, ustionandole gravemente. In quello stesso momento, è passata una delle tante unità di strada di volontari che le ha soccorse, portandole in ospedale per poi accoglierle in una casa-famiglia”. “Quanto tempo è stato e sarà necessario perché quelle ragazze guariscano non solo dalle bruciature delle membra, ma anche dal dolore e dall’umiliazione di ritrovarsi con un corpo mutilato e sfigurato per sempre?”, la domanda provocatoria, unita al ringraziamento “per la presenza di tanti nuovi samaritani del terzo millennio che ancora oggi vivono l’esperienza della strada, chinandosi con amore e compassione sulle tante ferite fisiche e morali di chi ogni notte vive la paura e il terrore del buio, della solitudine e dell’indifferenza”. “Molte volte oggi non sappiamo più scorgere chi è nel bisogno, vedere chi è ferito e umiliato”, il grido d’allarme: “Spesso rivendichiamo i nostri diritti e interessi, ma dimentichiamo quelli dei poveri e degli ultimi della fila. Signore, facci la grazia di non rimanere insensibili al loro pianto, alle loro sofferenze, al loro grido di dolore perché attraverso di loro possiamo incontrarti”.

Via Crucis: quarta stazione, il “dramma di tante madri che soffrono per i loro figli” e sono vittime di “umiliazione, disprezzo, violenza, indifferenza”

“Abbi pietà delle tante, troppe mamme che hanno lasciato partire le loro giovani figlie verso l’Europa nella speranza di aiutare le loro famiglie in povertà estrema, mentre hanno trovato umiliazioni, disprezzo e a volte anche la morte”. E’ l’invocazione della quarta stazione, in cui Gesù incontra la Madre. “Come la giovane Tina, uccisa barbaramente sulla strada a soli vent’anni, lasciando una bimba di pochi mesi”, l’esempio citato dall’autrice delle meditazioni come emblema del “dramma di tante madri che soffrono per i loro figli che sono partiti verso altri Paesi nella speranza di trovare opportunità per un futuro migliore per loro e le loro famiglie, ma che, purtroppo, trovano umiliazione, disprezzo, violenza, indifferenza, solitudine e persino la morte. Dona loro forza e coraggio”.

Via Crucis: quinta stazione, “per tutti i cirenei della nostra storia” che accolgono “gli ultimi della terra”

“Per tutti i cirenei della nostra storia. Perché non venga mai meno in loro il desiderio di accoglierti sotto le sembianze degli ultimi della terra, coscienti che accogliendo gli ultimi della nostra società accogliamo te. Siano questi samaritani portavoce di chi non ha voce”. È l’invocazione con cui si conclude la quinta stazione, in cui suor Bonetti ricorda “l’esperienza di un gruppo di religiose di diverse nazionalità, provenienze e appartenenze con le quali, da oltre diciassette anni, ogni sabato visitiamo a Roma un centro per donne immigrate prive di documenti, donne spesso giovani, in attesa di conoscere il loro destino, in bilico fra espulsione e possibilità di rimanere”. “Quanta sofferenza incontriamo – la sua testimonianza – ma anche quanta gioia in queste donne nel trovarsi di fronte religiose provenienti dai loro Paesi, che parlano le loro lingue, che asciugano le loro lacrime, che condividono momenti di preghiera e di festa, che rendono meno duri i lunghi mesi trascorsi tra sbarre di ferro e asfalti di cemento!”.

Via Crucis: sesta stazione, bambini vittime di “trafficanti di carne umana” e “sfruttati sulle nostre strade”, come le giovani prostitute

“Pensiamo ai bambini, in varie parti del mondo, che non possono andare a scuola e che sono, invece, sfruttati nelle miniere, nei campi, nella pesca, venduti e comperati da trafficanti di carne umana, per trapianti di organi, nonché usati e sfruttati sulle nostre strade da molti, cristiani compresi, che hanno perso il senso della propria e altrui sacralità”. Sono i più piccoli, i protagonisti della sesta stazione: “Come una minorenne dal corpicino gracile, incontrata una notte a Roma, che uomini a bordo di auto lussuose facevano la fila per sfruttare. Eppure poteva avere l’età delle loro figlie…”, l’esempio scelto per parlare della piaga della prostituzione di cui cadono vittima molte giovani donne: “Quale squilibrio può creare questa violenza nella vita di tante giovani che sperimentano solo il sopruso, l’arroganza e l’indifferenza di chi, di notte e di giorno, le cerca, le usa, le sfrutta per poi buttarle nuovamente sulla strada in preda al prossimo mercante di vite!”, la denuncia. Suor Bonetti cita, inoltre, in questa meditazione “tutti quei bambini che, in molte parti del mondo, vivono nell’indigenza e nel degrado. Bimbi privati del diritto a un’infanzia felice, a un’educazione scolastica, all’innocenza. Creature usate come merce di poco valore, vendute e comperate a piacimento”.

Via Crucis: settima stazione, “la società ha perso il valore del perdono”, “giustizia non può mai basarsi su odio e vendetta”

“Quante vendette in questo nostro tempo!”. Comincia così la meditazione sulla settima stazione della Via Crucis. “La società attuale ha perso il grande valore del perdono, dono per eccellenza, cura per le ferite, fondamento della pace e della convivenza umana”, il grido d’allarme, unito alla consapevolezza che “la giustizia vera non può mai basarsi sull’odio e sulla vendetta”. “Rendici capaci di chiedere e donare perdono”, la preghiera: “Signore, anche tu hai sentito il peso della condanna, del rifiuto, dell’abbandono, della sofferenza inflitta da persone che ti avevano incontrato, accolto e seguito. Nella certezza che il Padre non ti aveva abbandonato, hai trovato la forza di accettare la sua volontà perdonando, amando e offrendo speranza a chi come te oggi cammina sulla stessa strada dello scherno, del disprezzo, della derisione, dell’abbandono, del tradimento e della solitudine”.

Via Crucis: ottava stazione, tratta “crimine contro l’umanità”, “tutti siamo responsabili”

“La situazione sociale, economica e politica dei migranti e delle vittime di tratta di esseri umani ci interroga e ci scuote. Dobbiamo avere il coraggio, come afferma con forza Papa Francesco, di denunciare la tratta di esseri umani quale crimine contro l’umanità”. L’ottava stazione della Via Crucis è dedicata alla tratta, con un forte appello alla corresponsabilità: “Tutti noi, specialmente i cristiani, dobbiamo crescere nella consapevolezza che tutti siamo responsabili del problema e tutti possiamo e dobbiamo essere parte della soluzione”. “A tutti, ma soprattutto a noi donne, è richiesta la sfida del coraggio”, la tesi di suor Bonetti: “Il coraggio di saper vedere e agire, singolarmente e come comunità. Soltanto mettendo insieme le nostre povertà, esse potranno diventare una grande ricchezza, capace di cambiare la mentalità e di alleviare le sofferenze dell’umanità. Il povero, lo straniero, il diverso non deve essere visto come un nemico da respingere o da combattere ma, piuttosto, come un fratello o una sorella da accogliere e da aiutare. Essi non sono un problema, bensì una preziosa risorsa per le nostre cittadelle blindate dove il benessere e il consumo non alleviano la crescente stanchezza e fatica”.

Via Crucis: nona stazione, no a “indifferenza e silenzio” di fronte a “trafficanti di schiavi”

Gesù che, nella nona stazione della Via Crucis, cade per la terza volta, “sfinito e umiliato, sotto il peso della croce”, diventa il simbolo di “tante ragazze, costrette sulle strade da gruppi di trafficanti di schiavi, che non reggono alla fatica e all’umiliazione di vedere il proprio giovane corpo manipolato, abusato, distrutto, insieme ai loro sogni”. “Quelle giovani donne si sentono come sdoppiate”, si legge nella meditazione: “Da una parte cercate e usate, dall’altra respinte e condannate da una società che rifiuta di vedere questo tipo di sfruttamento, causato dall’affermazione della cultura dell’usa-e-getta”. “Una delle tante notti passate sulle strade a Roma – racconta suor Eugenia – cercavo una giovane giunta da poco in Italia. Non vedendola nel suo gruppo, la chiamavo insistentemente per nome: ‘Mercy!’. Nel buio, l’ho scorta accovacciata e addormentata sul ciglio della strada. Al mio richiamo s’è svegliata e m’ha detto che non ne poteva più. ‘Sono sfinita’, ripeteva… Ho pensato a sua madre: se sapesse che cosa è accaduto alla figlia, piangerebbe tutte le sue lacrime”. “È troppo facile condannare esseri umani e situazioni di disagio che umiliano il nostro falso pudore, ma non è altrettanto facile assumerci le nostre responsabilità come singoli, come governi e anche come comunità cristiane”, la denuncia sotto forma di appello, “di fronte all’indifferenza e al silenzio di molti cristiani”.

Via Crucis: decima stazione, “denaro, benessere e potere idoli del nostro tempo”. Grazie a chi ha salvato “tante famiglie” nel Mediterraneo

“Denaro, benessere, potere”. Sono gli idoli di ogni tempo. Anche e soprattutto del nostro, dove “tutto è acquistabile, compreso il corpo dei minorenni, derubati dalla loro dignità e dal loro futuro”. È il tema della decima stazione della Via Crucis. “Abbiamo dimenticato la centralità dell’essere umano, la sua dignità, bellezza, forza”, il grido d’allarme. Mentre nel mondo “si vanno alzando muri e barriere”, suor Bonetti ringrazia “coloro che con ruoli diversi, in questi ultimi mesi, hanno rischiato la loro stessa vita, particolarmente nel Mar Mediterraneo, per salvare quella di tante famiglie in cerca di sicurezza e di opportunità. Esseri umani in fuga da povertà, dittature, corruzione, schiavitù”. Perdono, umiltà e pazienza gli ingredienti in grado di renderci “un po’ più umani e, dunque, più cristiani”.

Via Crucis: undicesima stazione, “la nostra società proclama l’uguaglianza ma tollera la disuguaglianza”. “Quanti si fanno ricchi divorando la carne e il sangue dei poveri!”

“La nostra società proclama l’uguaglianza in diritti e dignità di tutti gli esseri umani. Ma pratica e tollera la disuguaglianza. Ne accetta perfino le forme più estreme”. L’undicesima stazione della Via Crucis è un grido contro l’ipocrisia, uno dei mali maggiori del nostro tempo: “Uomini, donne e bambini sono comprati e venduti come schiavi dai nuovi mercanti di esseri umani. Le vittime della tratta sono poi sfruttate da altri individui. E infine gettate via, come merce senza valore. Quanti si fanno ricchi divorando la carne e il sangue dei poveri!”. “Quante persone ancora oggi sono state inchiodate su una croce, vittime di uno sfruttamento disumano, private della dignità, della libertà, del futuro”, la denuncia di suor Bonetti, secondo la quale “il loro grido di aiuto ci interpella come uomini e donne, come governi, come società e come Chiesa. Come è possibile che continuiamo a crocifiggerti, rendendoci complici della tratta di esseri umani? Donaci occhi per vedere e un cuore per sentire le sofferenze di tante persone che ancora oggi sono inchiodate sulla croce dai nostri sistemi di vita e di consumo”.

Via Crucis: dodicesima stazione, “oggi troppi calvari sparsi nel mondo” come campi “simili a lager” e navi “a cui viene rifiutato un porto sicuro”

“Anche tu, Signore, hai sentito, sulla croce, il peso dello scherno, della derisione, degli insulti, delle violenze, dell’abbandono, dell’indifferenza”. Sono le parole di commento alla morte di Gesù sulla Croce, oggetto della dodicesima stazione:“Solo Maria tua madre e altre poche discepole sono rimaste là, testimoni della tua sofferenza e della tua morte”. “Il loro esempio ci ispiri a impegnarci a non far sentire la solitudine a quanti agonizzano oggi nei troppi calvari sparsi per il mondo – l’appello – tra cui i campi di raccolta simili a lager nei Paesi di transito, le navi a cui viene rifiutato un porto sicuro, le lunghe trattative burocratiche per la destinazione finale, i centri di permanenza, gli hot spot, i campi per lavoratori stagionali”.

Via Crucis: tredicesima stazione, “chi ha pianto” di fronte alle 26 giovani nigeriane “inghiottite dalle onde”?

“Chi ricorda, in quest’era di notizie bruciate alla svelta, quelle ventisei giovani nigeriane inghiottite dalle onde, i cui funerali sono stati celebrati a Salerno?”. Comincia con questa domanda provocatoria e scomoda la tredicesima stazione della Via Crucis. “È stato duro e lungo il loro calvario. Prima la traversata del deserto del Sahara, ammassate su bus di fortuna”, racconta suor Eugenia: “Poi la sosta forzata negli spaventosi centri di raccolta in Libia. Infine il salto nel mare, dove hanno trovato la morte alle porte della ‘terra promessa’. Due di loro portavano in grembo il dono di una nuova vita, bimbi che non vedranno mai la luce del sole”. “Ma la loro morte, come quella di Gesù deposto dalla croce non è stata vana”, la certezza pasquale: “Tutte queste vite affidiamo alla misericordia del Padre nostro e di tutti, ma soprattutto Padre dei poveri, dei disperati e degli umiliati”. “Chi ha pianto?”, incalza ancora suor Bonetti, citandola domanda che Papa Francesco ha levato da Lampedusa, meta del suo primo viaggio apostolico, e che ancora oggi, “dopo infiniti naufragi, continuiamo a gridare”. “Chi ha pianto?, ci domandiamo di fronte a quelle 26 bare allineate e sovrastate da una rosa bianca? Solo cinque di loro sono state identificate. Con o senza nome, tutte, però, sono nostre figlie e sorelle. Tutte meritano rispetto e ricordo. Tutte ci chiedono di sentirci responsabili: istituzioni, autorità e noi pure, con il nostro silenzio e la nostra indifferenza”.

Via Crucis: quattordicesima stazione, “il deserto e i mari sono i nuovi cimiteri”. “Mentre i governi discutono” il mare si trasforma in “tomba d’acqua”

“Il deserto e i mari sono diventati i nuovi cimiteri di oggi”. È l’amara constatazione dell’ultima stazione della Via Crucis, la quattordicesima. “Di fronte a queste morti non ci sono risposte”, scrive suor Bonetti: “Ci sono, però, responsabilità. Fratelli che lasciano morire altri fratelli. Uomini, donne, bambini che non abbiamo potuto o voluto salvare. Mentre i governi discutono, chiusi nei palazzi del potere, il Sahara si riempie di scheletri di persone che non hanno resistito alla fatica, alla fame, alla sete. Quanto dolore costano i nuovi esodi! Quanta crudeltà si accanisce su chi fugge: i viaggi della disperazione, i ricatti e le torture, il mare trasformato in tomba d’acqua”. Alla fine della Via Crucis, la storia della piccola Favour, di 9 mesi, partita dalla Nigeria insieme ai suoi giovani genitori in cerca di un futuro migliore in Europa: “Durante il lungo e pericoloso viaggio nel Mediterraneo, mamma e papà sono morti insieme ad altre centinaia di persone che si erano affidate a trafficanti senza scrupoli per poter giungere nella ‘terra promessa’. Solo Favour è sopravvissuta: anche lei, come Mosè, è stata salvata dalle acque. La sua vita diventi luce di speranza nel cammino verso un’umanità più fraterna”.

Quale squilibrio può creare questa violenza nella vita di tante giovani che sperimentano solo il sopruso, l’arroganza e l’indifferenza di chi, di notte e di giorno, le cerca, le usa, le sfrutta per poi buttarle nuovamente sulla strada in preda al prossimo mercante di vite!”

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Fonte: Sir