Natale a Betlemme. Padre Asakrieh (parroco): “Passiamo dal buio alla Luce”

In un clima di crescente tensione tra israeliani e palestinesi, le comunità cristiane della Terra Santa celebrano il Natale. Da Betlemme arriva la testimonianza del parroco latino della città, padre Rami Asakrieh, francescano della Custodia di Terra Santa.

Natale a Betlemme. Padre Asakrieh (parroco): “Passiamo dal buio alla Luce”

Il grande albero di Natale, ricco di decorazioni natalizie, illumina tutta la piazza antistante la basilica della Natività. I mercatini mettono in mostra prodotti di artigianato locale e dolci tipici. Tutto il mondo cristiano in questi giorni guarda a Betlemme come sua capitale. Qui, infatti, il profeta Michea annunciò che sarebbe nato il Messia: “E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti”.

Come tradizione, a Betlemme il Natale dura diverse settimane: il calendario delle diverse confessioni mette uno dietro l’altro il Natale cattolico, quello ortodosso e quello armeno. Una manna per l’economia della città che dipende per il 90% dal turismo e dai pellegrinaggi. Un tempo a maggioranza cristiana oggi Betlemme conta all’incirca il 12% di cristiani. I pellegrini sono tornati a transitare con i bus attraverso il check point 300, che interrompe – ma solo per pochi metri – il muro di separazione israeliano alto più di 10 metri e lungo oltre 150 km. Da qui per arrivare alla piazza della Mangiatoia ci vogliono solo pochi minuti. Il tempo di scendere dalla vettura e passare, chinando il capo, attraverso la porta dell’umiltà, che immette direttamente dentro la Natività, tornata al suo splendore dopo il restauro degli antichi mosaici. Quindi in silenzio, in fila, per entrare nella grotta e pregare sulla stella di argento che ricorda il luogo della nascita.

Stanotte, 24 dicembre, il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, celebrerà la Messa di Mezzanotte, davanti alle massime autorità palestinesi, presidente Mahmoud Abbas in testa, e ai rappresentanti diplomatici delle 4 nazioni cattoliche, Italia, Francia, Spagna e Belgio, che maggiormente sostengono la presenza cristiana nei Luoghi Santi. Sarà l’occasione per tornare con il pensiero e la preghiera a questo anno 2022 che ha fatto registrare il più alto numero di vittime palestinesi da oltre vent’anni e una recrudescenza di attacchi alla popolazione ebraica.

“Betlemme è piccola ma muove tutti i grandi”, dichiara al Sir il parroco latino di Betlemme, padre Rami Asakrieh, francescano della Custodia di Terra Santa. “Abbiamo passato un periodo molto brutto. Betlemme dipende molto dal turismo e dai pellegrinaggi e dal loro indotto. Il conflitto tra israeliani e palestinesi, mai sopito e la pandemia hanno prodotto un disastro per tutti. L’economia dei Territori ne ha risentito molto al punto che molti pensano che questo tempo sia peggiore di quello dell’Intifada del 1987 e del 2000. Almeno in quei tempi qualcuno che ti aiutava c’era”.

Da sempre la parrocchia di Betlemme (www.bethlehemparish.org), composta da poco meno di 1600 famiglie, è in prima linea nel portare solidarietà materiale e vicinanza spirituale a tutta la popolazione. Tanti i progetti e le iniziative a favore dei più poveri e vulnerabili. Durante il Coronavirus, aggiunge il francescano, “non si poteva pregare in Chiesa e così abbiamo usato i social. Ma la forza spirituale proviene dai sacramenti, dal contatto diretto con Gesù. La popolazione ha fatto fronte a tante difficoltà e giorno per giorno cercava di trovare qualcosa da mangiare, un aiuto, per andare avanti. Oggi dal buio stiamo passando alla luce. Grazie a Dio stanno tornando i pellegrini che muovono l’economia e che fanno sentire i nostri cristiani parte della Chiesa universale. Ci stiamo risvegliando da un incubo”. “Manca la stabilità politica, un’economia fiorente ma in questo Natale pregheremo perché tutto si sistemi. Per far ciò dobbiamo credere che Gesù è la Luce. Abbiamo fatto l’esperienza del buio e sappiamo cosa questo possa significare. Vivere senza la Luce di Gesù sarebbe un disastro. Dobbiamo essere consapevoli che il Natale è il momento in cui l’amore di Dio diventa carne che dona pace. Nella culla di Gesù allora trovano posto le tante guerre dimenticate, non solo quella tra israeliani e palestinesi, ma quelle in Ucraina, nello Yemen, in Libia, in Africa. Il Natale è Luce per tutte le genti. Dio ci chiama alla pace. Questa pace a Betlemme prende corpo. Tutti abbiamo il diritto di vivere in dignità e nel rispetto. Facendosi uomo, Gesù ha preso su di sé tutta la sofferenza dell’umanità”. Il Natale è anche la festa di tutti i bambini: “Qui a Betlemme – ricorda padre Rami – vivono tanti bambini, molti sono orfani, abbandonati perché disabili. A loro va il nostro pensiero, la nostra preghiera e vicinanza materiale. I bambini sono il riflesso della dolcezza di Gesù Bambino”.

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Fonte: Sir