“Nella resurrezione la fonte di speranza più grande”. I messaggi e gli auguri pasquali dei vescovi italiani

Fiducia, speranza, gioia per la resurrezione, con l'occhio e l'anima attenti ai tanti dolori e ai tanti motivi di sorriso delle comunità. Ecco come tanti vescovi italiani si sono rivolti alle loro diocesi per celebrare la Pasqua.

“Nella resurrezione la fonte di speranza più grande”. I messaggi e gli auguri pasquali dei vescovi italiani
Pasqua: mons. Mansi (Andria), “morte, odio e peccato sono vincibili solo se tutti ci spendiamo per amore e con amore per la vita del mondo”

“La Pasqua dice con forza che l’Amore ha vinto, è più forte, l’Amore dona vita, l’Amore fa fiorire la speranza nel deserto”. Lo scrive mons. Luigi Mansi, vescovo di Andria, in occasione delle festività pasquali.
“Il Cristo, che ha vinto la morte offrendo la sua vita per amore, ci renda gioiosi e coraggiosi testimoni della vita che vince sempre, dell’amore che in maniera talvolta nascosta, spesso sofferta e dolorosa, trasforma questa realtà che il Signore ci chiama a vivere, rendendola più umana”, l’augurio espresso dal vescovo. “La Risurrezione del Signore Gesù è la garanzia che la morte, l’odio, il peccato sono vincibili ad una sola condizione: che tutti – ammonisce mons. Mansi – ci spendiamo per amore e con amore per la vita del mondo”.

Pasqua: mons. Sacchi (Casale Monferrato), “è la vita per la vita”

“Scoprirci salvati, non per merito nostro ma per pura grazia” e “ricavare da questi giorni santi energie nuove: per una testimonianza personale più coraggiosa, una vita comunitaria davvero fraterna, un servizio disinteressato ai fratelli più poveri”. È l’augurio rivolto da mons. Gianni Sacchi, vescovo di Casale Monferrato, nel messaggio in occasione delle festività pasquali pubblicato dal settimanale diocesano “La Vita casalese”.
“Nei giorni più santi dell’anno – sottolinea il vescovo – le nostre comunità cristiane ritornano alla verità di fondo, quella che dà ragione alla loro stessa esistenza: non siamo noi uomini a salvare il mondo (e neppure noi stessi), ma solo il Signore Gesù è il Salvatore”. “Da questa convinzione, sempre più rielaborata interiormente e coniugata con le mutevoli situazioni della storia umana, nasce la volontà di costruire un mondo nuovo, più accogliente e fraterno, più solidale e giusto: nasce l’impegno sociale e politico dei cristiani, la dedizione dei volontari, la consacrazione a tempo pieno per il regno di Dio, la missione ai lontani, le quotidiane attività pastorali”.
Dalla Pasqua del Signore, osserva mons. Sacchi, “la spiritualità ha da attingere a piene mani e ‘fare il pieno’ per un anno intero”. “La Pasqua è la vita per la vita!”, evidenzia mons. Sacchi che augura “a tutti di ricevere da questa Pasqua un soffio di vita e di pace, là dove c’è il dolore e la sofferenza, dove si fa fatica a vivere”.

Pasqua: card. Petrocchi (L’Aquila), “il seme della risurrezione c’è già, in ogni situazione. Sta a noi riconoscerlo e farlo germinare”

“Fare Pasqua significa cambiare dentro: questo evento non mancherà di avere riflessi fuori. E ogni conquista nel bene arricchisce l’intera umanità, così come ogni cedimento al male impoverisce tutta la storia”. Lo scrive l’arcivescovo de L’Aquila, il card. Giuseppe Petrocchi, nel messaggio alla comunità ecclesiale per la Pasqua 2019.L’annuncio che “Cristo, nostra Pasqua, è risorto!” – garantisce – “ha la forza di cambiare ‘dalle fondamenta’ la nostra vita”. “Basta accoglierlo e viverlo”, ammonisce il cardinale, evidenziando che “è una notizia che dovrebbe scuoterci dal nostro torpore esistenziale e metterci in atteggiamento di ascolto attento, ma rischiamo di rimanere avvolti in una indifferenza apatica – refrattaria alla novità dell’annuncio -, perché colpiti ‘dalla sindrome da assuefazione’ (causata dal ‘già noto’) e fortemente anestetizzati dalle massicce dosi di ‘mentalità-mondo’ che ogni giorno assorbiamo”.
“Facendo Pasqua, il discepolo di Gesù impara a non rispondere al male con il male, ma diventa capace di vincere il male con il bene: anzi progressivamente esercita l’arte di ricavare il bene dal male, prosegue Petrocchi, osservando che “talvolta Dio scrive una storia, che non è quella che noi avremmo voluto leggere, ma sapendolo Padre, occorre chiedersi: quale è il dono che ha ‘nascosto’ nell’evento doloroso?”. “Non dobbiamo ‘inventare’ il significato, ma scoprirlo dentro gli avvenimenti. Il seme della risurrezione c’è già, in ogni situazione. Non sta a noi, dunque, piantarlo, ma riconoscerlo e farlo germinare”.
Il cardinale ricorda poi che “ricorre, in questo periodo, il 10° anniversario del sisma”. “È tempo non solo del ricordo, ma della memoria” che “è custodia di ciò che è già avvenuto, ma che resta presente: implica, pertanto, un’attiva ‘contemporaneità’”. “Le vittime del terremoto – assicura Petrocchi – abitano stabilmente nella nostra memoria: non sono dunque persone ‘scomparse’ e i loro volti non sono destinati a dissolversi con il passare degli anni. Non ci hanno ‘lasciato’, ma restano con noi: come preziosi compagni di viaggio. Tra loro e noi si conserva, più forte della morte, il vincolo della reciproca preghiera e della comunione, che essendo vissuta in Dio, è eterna. Ogni atto di amore, infatti, se vissuto nel Signore, è timbrato indelebilmente dal ‘per sempre’!”.

Pasqua: mons. Tessarollo (Chioggia), “festa del nostro riscatto, invito a vivere davvero l’amore del Signore tra di noi”

“La Pasqua è la festa del nostro riscatto, del perdono del Signore, della rassicurazione del suo amore e dell’invito a viverlo davvero tra di noi. Da questa consapevolezza può derivare la vera gioia, da augurare a tutti come dono del Signore e impegno a donarla a nostra volta”. Lo scrive mons. Adriano Tessarollo, vescovo di Chioggia, nel messaggio per le festività pasquali pubblicato dal settimanale diocesano “Nuova Scintilla”.
“Il nostro augurio pasquale – ammonisce il vescovo – non è un auspicare che la sorte, la fortuna, il caso favoriscano la realizzazione di quanto ciascuno desidera”. Augurare “Buona Pasqua”, spiega mons. Tessarollo, “oltre che far sapere a delle persone che ci ricordiamo di loro o che manifestiamo loro simpatia e amicizia stringendo loro la mano o dando loro un abbraccio, esprime anche l’auspicio e la preghiera che la Pasqua sia vera esperienza di perdono, di riconciliazione, di rinascita di speranza e di fiducia e di quella gioia che proviene da quanto celebriamo nella Pasqua”.
“In francese l’augurio pasquale è ‘Pasqua gioiosa’, così pure in spagnolo e inglese ‘felice Pasqua’. Auguro e invoco allora anch’io a tutti una Pasqua felice e gioiosa – conclude il vescovo –, ma di quelle felicità e gioia che vengono dall’annuncio pasquale del Vangelo: Cristo è Risorto, con tutto ciò che da questo fatto consegue anche per noi uomini, di ogni luogo e di ogni tempo”.

Pasqua: mons. Leuzzi (Teramo-Atri), “non teniamo il Signore lontano dalla nostra vita, invitiamolo a stare con noi”

“Liberiamo i nostri cuori dalla omologazione delle notizie quotidiane, apriamolo alla notizia che può cambiare la nostra vita, le nostre scelte i nostri progetti. È vero, forse ciò ci spaventa e preferiamo chiudere il nostro cuore alla Sua presenza. È vero che è risorto, ma vorremmo tenerlo lontano dalla nostra vita. Vi auguro di osare: invitiamolo a stare con noi!”. È l’invito rivolto da mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo di Teramo-Atri, nel messaggio di auguri per le festività pasquali pubblicato dal settimanale diocesano “L’Araldo Abruzzese”.
“Ancora una volta risuonerà nelle nostre comunità ecclesiali l’annuncio che Gesù, il Crocifisso, è risorto!”, ricorda il vescovo, sottolineando però che “in un mondo immerso nella comunicazione questo annuncio può disperdersi tra i tanti. Ma forse anche nei nostri cuori potrebbe non trovare spazio!”. “Eppure – ammonisce – è l’unico annuncio che attende l’umanità, perché possa comprendere se stessa e costruire il suo futuro”. “È il grande e affascinante compito che il Risorto ci affida”, evidenzia mons. Leuzzi: “non tenere per noi il grande dono, ma comunicarlo agli altri, nelle nostre realtà che, oggi più che mai, soffrono di sfiducia, di delusione, di stanchezza. Lui è risorto per camminare con noi!”. Da qui l’esortazione: “invitiamolo a stare con noi!”. “Sarà l’esperienza più bella della nostra vita – assicura il vescovo –, perché noi vogliamo vivere e non morire, costruire e non demolire, essere protagonisti e non semplici spettatori. Lui è risorto perché tu viva!”.

Pasqua: mons. Pizziolo (Vittorio Veneto), “ci consenta una testimonianza coraggiosa della speranza che il Signore risorto accende”

“La Pasqua che anche quest’anno il Signore ci dona di celebrare rafforzi la vostra fede in Lui e consenta una testimonianza coraggiosa della speranza che il Signore risorto accende nei vostri cuori”. È l’augurio rivolto da mons. Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto, nel messaggio in occasione delle festività pasquali pubblicato dal settimanale diocesano “L’Azione”.
Il vescovo apre la sua riflessione rilevando che “restano davanti ai nostri occhi le immagini impressionanti dell’incendio che ha colpito la cattedrale di Notre Dame a Parigi”. “In quelle fiamme distruttrici e specialmente nel crollo scioccante della guglia, ci è pervenuto un messaggio inequivocabile sulla fragilità di tutte le cose umane, anche di quelle più nobili e belle. Tutto passa”, osserva mons. Pizziolo. “Di fronte a questa amara ma inevitabile constatazione – osserva – molte persone, oggi, rinunciano a sperare e prendono la strada di un vivere senza prospettive di eternità”. “È un modo di pensare – commenta – frutto del nichilismo: ciò che ci attende è il nulla. Sono convinto che in realtà magari frugando in fondo al loro cuore – un desiderio di eternità rimanga anche in queste persone”.
Per il vescovo, “anche nell’inquietudine che tormenta tanti uomini e donne spingendoli magari ad esperienze negative, è possibile cogliere quel desiderio di eternità che nulla può saziare pienamente se non Dio stesso che l’ha seminato in noi”. “La risurrezione di Gesù”, conclude il vescovo, “si offre a noi, anche quest’anno, come un dono di Dio alla nostra ricerca di senso, di speranza, di eternità. Tutto passa, essa ci dice. Solo una cosa resterà per sempre: l’amore fedele di Dio che ha strappato dalla morte il Figlio suo fatto uomo” e che “strapperà dal nulla anche la nostra vita, introducendola ad una pienezza di compimento che, per ora, possiamo solo desiderare e che, se dipendesse da noi, resterebbe solo un desiderio”.

Pasqua: mons. Mazzocato (Udine), “abbiamo più che mai bisogno di testimoni di quella speranza che Gesù ha reso possibile risorgendo”

“Abbiamo più che mai bisogno di testimoni di quella speranza che Gesù ha reso possibile risorgendo dai morti il giorno di Pasqua”. Lo afferma mons. Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo di Udine, nel messaggio diffuso in occasione delle festività pasquali.
La speranza che nasce dal Cristo risorto, sottolinea l’arcivescovo, “è veramente invincibile perché non si spaventa di fronte né al male, né alla morte”. Mons. Mazzocato ricorda che “domenica 2 giugno Papa Francesco andrà in Romania per beatificare sette vescovi greco-cattolici morti martiri nelle carceri del regime comunista”. “Non si sono piegati sotto le torture fisiche e psicologiche inferte da una cattiveria cieca e diabolica perché erano sostenuti da una speranza più forte del male che si scatenava contro loro”, prosegue l’arcivescovo, sottolineando che “la loro speranza si chiamava: ‘Cristo risorto’”. “Dal loro carcere – aggiunge – si è sprigionata la stessa aria nuova e pura di speranza che Gesù ha diffuso nel mondo spalancando il suo sepolcro e uscendo risorto”.
“Quanto bisogno c’è oggi nella società e anche nella Chiesa di quella speranza bella e fresca, della speranza entrata tra gli uomini a Pasqua!”, osserva mons. Mazzocato. “Ascoltando i dialoghi tra le persone, compresi quelli trasmessi dai mezzi di comunicazione, si ha l’impressione che si veda davanti un futuro sempre meno illuminato e che i cuori siano gravati da un’ombra di rassegnazione. Senza speranza, però, si trascina la vita – ammonisce l’arcivescovo – accontentandosi di interessi sempre più piccoli, di soddisfazioni ed emozioni a corto respiro”.
“Prego per me e per voi – conclude mons. Mazzocato – affinché rinasca in noi il desiderio di vivere della speranza invincibile che Gesù risorto ha donato ai martiri. Tanti di noi sentano la gioia di consumarsi donando se stessi come il chicco di grano nella speranza di germogliare, dopo la morte, alla vita nuova di risurrezione”.

Pasqua: mons. Testore (Acqui), “ci spinge a prendere il largo verso i mari aperti della storia”

“Il mistero pasquale ci spinge a prendere il largo verso i mari aperti della storia. A vedere Gesù presente nella parola del Vangelo, che possiamo ascoltare, e nella comunità dei cristiani che siamo chiamati a costruire”. Lo afferma mons. Luigi Testore, vescovo di Acqui, nel messaggio diffuso in occasione delle festività pasquali.
“La Chiesa – sottolinea il vescovo – ha il compito di testimoniare che il Crocifisso risorto non muore più, che è vivo nella gloria di Dio, dove ha portato la nostra umanità rappresentata dal suo corpo, dal suo dolore, dalla sua passione”. “È vivo – prosegue mons. Testore – e ci fa capaci di sperare, di perdonare, di amare, ci assicura che dentro di noi ci sono ormai i semi dell’eternità. Perciò anche se la morte permane nel mondo, così come permangono l’odio, la violenza, le guerre, questi mali non sono invincibili e possono trasformarsi in cammini verso la resurrezione”.
“A partire dalla Pasqua – osserva – inizia quindi il tempo della crescita dell’umanità e attraverso l’azione della libertà umana e dello Spirito è possibile abbracciare e trasformare l’intero universo. A Pasqua, ciascuno, anche attraverso percorsi diversi, può incontrare il Risorto”.
Mons. Testore rivolge l’“augurio a tutti di incontrare Gesù risorto, come le donne al sepolcro, come i discepoli nel cenacolo, e di scoprire la forza di questa presenza, che accompagna anche il nostro cammino di oggi”.

Pasqua: mons. Spina (Ancona), “portare nel mondo la buona notizia che la vita è più forte della morte”

“Oggi tanti attendono e cercano con fatica la buona notizia che la vita è più forte della morte, che l’amore è più forte dell’odio e della violenza. Questa buona notizia è quanto ciascuno di noi, avendo fatto l’esperienza del Risorto, è chiamato a portare al mondo perché ci sia speranza, guardando il cielo aperto da una luce nuova, quella della Risurrezione”. Lo scrive l’arcivescovo di Ancona-Osimo, mons. Angelo Spina, nel suo messaggio alla diocesi per la Pasqua, che indica come “il giorno della gioia e della speranza”. “Gioia perché l’amore vince la morte, Cristo è risorto – spiega il presule -. Speranza perché, con la risurrezione di Cristo, non c’è più nessuna situazione umana a cielo chiuso. La risurrezione coinvolge tutta l’umanità e la creazione stessa”. Sottolineando che “Gesù non ha vinto la sua morte, bensì la morte”, l’arcivescovo indica che quest’ultima non è più l’ultima parola sulla vita, ma “un passaggio alla vita per sempre, dove Dio è l’unico Signore, dove la sua comunione d’amore è l’unico regno”. “Cristo risorto è la nostra speranza perché lui è vivo – aggiunge mons. Spina -, è il vivente e in lui e con lui tutto cambia. Questo dovrebbe essere il canto del cristiano il giorno di Pasqua, nel giorno festa delle feste, perché Cristo è risorto quale primizia di tutti noi, perché la vita regna definitivamente e in ogni creatura è iniziato un processo segreto ma reale di redenzione, di trasfigurazione”.

Pasqua: mons. Staglianò (Noto), “essere generativi e rendere umani per contrastare il narcisismo”

“È Pasqua. Gesù è risorto. Ogni narcisismo è sconfitto perché è anzitutto dichiarato che il narcisismo è una condizione esistenziale di debolezza e perversione umana”. Lo scrive il vescovo di Noto, mons. Antonio Staglianò, nel suo messaggio di Pasqua rivolto alla diocesi. Il presule sottolinea che “solo una ‘nuova luce’, che è anche ‘potenza di grazia negli occhi del cuore’ permette il miracolo di vedere la realtà nella perfezione della sua verità umana, proprio là, sulla croce del Figlio di Dio nella carne umana, che muore per amore”. Indicando le caratteristiche dell’uomo e “la realtà umana di tutti”, “apertura radicale nel dono, amore che spinge la vita fino a morire, cura per altri nella dimenticanza totale del sé-possessivo”, il vescovo cita Rosmini e Nek, riconoscendo che “siamo fatti per l’Amore-agape che è Dio dall’eterno”. “Ogni essere umano è generativo, capace cioè di far procedere da sé altri da sé nell’amore”, sottolinea mons. Staglianò. Una generatività, che “è la via storica per sfuggire al narcisismo mortificante l’energia vitale dell’amore umano” e “si esprime non solo nel generare dentro il matrimonio cristiano figli e figlie che accrescono il genere umano”. “Questa generatività si manifesta, infatti, anche e soprattutto nell’introduzione educativa al processo di umanizzazione degli esseri umani”. Così il vescovo segnala alcuni casi concreti. In particolare, quello relativo alla famiglia. “Perché i genitori vincano il narcisismo che è distruttivo dell’amore dovuto ai propri figli è necessario che diventino padri e madri dei loro figli – sottolinea il presule -. Esistono infatti figli con genitori, ma senza padri e madri. Essere padre e madre significa imparare l’amore da comunicare ai figli perché i figli restino umani e crescano umanamente”. Un’“impresa” che “sarà impossibile senza rivestire l’uomo nuovo”. “È l’uomo che, superato il narcisismo, è tutto impegnato nel dono di sé per altri, in un servizio di autentica carità”.

Pasqua: p. Genuin (OfmCap), “avere occhi che risplendano dalla luce della salvezza”

“Dovremmo un po’ vergognarci davanti al Signore, che cade sotto il peso della Croce. Un po’ di vergogna per quello che siamo, per quello che facciamo, per quante ne combiniamo”. Lo scrive fra’ Roberto Genuin, ministro generale dell’Ordine dei frati minori cappuccini, nel suo messaggio di Pasqua ai confratelli. E spiega che “la vergogna può essere un ottimo strumento per non essere troppo orgogliosi o non credere di essere noi i protagonisti della nostra salvezza”, osserva il religioso. Che ammonisce: “Può essere anche un freno”. “Quanti uomini sono frenati per la consapevolezza della loro miseria!”. Ma – è l’obiezione del ministro generale – “per noi non deve essere così!”. “Il Signore nella risurrezione ci libera anche dalla vergogna. Perché possiamo avere occhi che risplendano della sua luce, un cuore che emana il suo calore”. Qui l’augurio di padre Genuin ai frati dell’Ordine: “In questa occasione io vorrei dire a ciascuno di voi: non fermatevi!”. “Il Signore risana, risolleva, rimette in cammino! Sogno che ciascuno di voi in questa Pasqua abbia occhi che risplendano dalla luce della salvezza che viene dal Signore, un cuore gonfio di amore per gli uomini, per i fratelli”.

Pasqua: mons. Orofino (Tursi), “non cercare il senso della vita nei luoghi della morte”

“È risorto! Non è una notizia qualsiasi, si tratta dell’annuncio più sorprendente, più sconvolgente e più straordinario che l’uomo abbia mai ascoltato”. Lo scrive il vescovo di Tursi-Lagonegro, mons. Vincenzo Orofino, nel suo messaggio ai fedeli della diocesi per la Pasqua. “Un annuncio imprevisto che supera ogni attesa ma che corrisponde al desiderio più intimo e inespresso del cuore umano, quello di vivere per sempre”, aggiunge. Il presule invita a “non cercare il senso della vita nei luoghi della morte”. “Eppure troppe volte e troppi di noi continuano a cercare la felicità nel potere, nel denaro, nella lussuria, nel successo, nella droga, con l’inganno, con la falsità, con la furbizia, con l’arroganza, con la cattiveria”. Così il presule osserva che “con la risurrezione di Gesù Cristo inizia una vita nuova”. “Non è il miglioramento della vita di prima. No! È una vita profondamente nuova. Totalmente nuova. Trasfigurata. Bella e buona”. La conseguenza indicata è che “tutto acquista un significato nuovo”. “Tutto viene illuminato. Tutto viene trasformato. Tutto viene salvato. E di questa vita nuova se ne può fare esperienza, anche oggi, nella vita della Chiesa, che costituisce la primizia di questa radicale trasformazione”. Il compito assegnato dal vescovo per ciascuno è quello di “accoglierla con tutto il cuore per farne esperienza concreta nelle situazioni e nei luoghi in cui viviamo”. Infine, l’augurio che “Cristo risorto ottenga a ciascuno di noi, alle comunità cittadine e all’intera Comunità regionale la grazia della speranza” per “edificare in Basilicata la civiltà della verità e dell’amore”.

Pasqua: mons. Viola (Tortona), “non c’è novità senza cambiamento”

“Non c’è novità senza cambiamento: il nostro impegno quaresimale di conversione diventa nel tempo di Pasqua la gioia della vita nuova”. Lo afferma mons. Vittorio Francesco Viola, vescovo di Tortona, nel messaggio in occasione delle festività pasquali pubblicato dal settimanale diocesano “Il popolo”.
La Pasqua, osserva il vescovo, è “l’evento della nostra riconciliazione”. “Il peccato – spiega il vescovo – ha infranto l’alleanza e ha portato la divisione in noi stessi e tra di noi. Ma Dio instancabilmente ha continuato ad offrirci la sua alleanza fino a quando, nella croce del suo Figlio, ha voluto realizzarla in modo definitivo perché, riconciliati con lui, potessimo sperimentare la riconciliazione con noi stessi e con gli altri”.
Davanti alla Pasqua, ammonisce mons. Viola, “non possiamo essere solo spettatori”.
“La riconciliazione con Dio – prosegue – ha delle conseguenze. La prima è la riconciliazione con se stessi che non è il frutto di un percorso di accettazione di sé ma è l’effetto di chi si sente amato. La seconda è la riconciliazione con i fratelli che non è il risultato di uno sforzo umano ma il dono della comunione”.
“La Pasqua – conclude il vescovo – fa nuove tutte le cose. L’augurio che rivolgo a tutti è di lasciarci rinnovare dalla potenza del suo amore, sia come singoli sia come comunità”.

Pasqua: mons. Miragoli (Mondovì), “festa che ci rende uomini liberi”

“Sia per tutti noi, la Pasqua, una festa che ci rende uomini liberi, risorti con Cristo in una rinnovata capacità di essere suoi discepoli e di amarci gli uni gli altri”. È l’augurio rivolto da mons. Egidio Miragoli, vescovo di Mondovì, alla comunità diocesana nel messaggio in occasione delle festività pasquali pubblicato dal settimanale diocesano “L’Unione Monregalese”.
Per la sua riflessione, il vescovo cita quanto scrive san Paolo nella prima lettera ai Corinzi: “Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede e voi siete ancora nei vostri peccati”. “È un pensiero – commenta mons. Miragoli – la cui nettezza può servirci a non sprecare l’occasione della Pasqua. Perché l’ipotesi che Cristo non sia risorto è inverosimile, ai nostri occhi di credenti; ma assai concreta è invece l’ipotesi che Cristo non sia risorto ‘per noi’, cioè che noi non viviamo la Pasqua davvero facendo i conti con la sua Resurrezione e le sue conseguenze”. “In tal caso – prosegue il vescovo – Paolo ci dice che ‘vana è la nostra fede’, e che noi ‘rimaniamo nei nostri peccati’”. “Pensiamoci bene: se non sappiamo capire, e vivere, il mistero Pasquale della Resurrezione di Cristo, in realtà – ammonisce mons. Miragoli – abbiamo una fede vuota, priva di senso, quali che siano i suoi riti e le sue esteriorità, e non ci liberiamo dalla nostra condizione di peccato”. “Se la Pasqua non è un momento di conversione e di abbandono alla verità della Risurrezione, restiamo titolari di una religiosità sterile e prigionieri del male”. “Questo dice Paolo e da questo – conclude – vorrei trarre un auspicio forte, rivolto a me, ai miei sacerdoti e a tutti i fedeli della Chiesa Monregalese: possa ciascuno di noi fare Pasqua davvero, sentire risorgere Cristo nel suo cuore e nei suoi giorni, perché la novità della vita dia senso alla nostra fede e ci liberi dal peccato”.

Pasqua: mons. Valentinetti (Pescara), “una vita terrena da risorti e non ammosciata, piena di inadempienze e di fatiche”

“Cristo ci chiede e ci dà la possibilità di risorgere ogni giorno, di risorgere nella nostra interiorità perché ci libera dal peccato, dalla paura di rimanere schiavi dei nostri limiti e delle nostre inadempienze”. Lo dice mons. Tommaso Valentinetti, arcivescovo di Pescara-Penne, nel suo videomessaggio per la Pasqua rivolto ai fedeli della diocesi. Il Risorto “ci libera da tutto ciò che psicologicamente ci può condizionare nelle nostre relazioni umane, ma soprattutto ci libera dalla paura della morte, del peccato, della trasgressione e delle inadempienze” e “colma tutti i nostri limiti con l’energia potente della sua vita al di là della morte”. Una liberazione anche, sottolinea l’arcivescovo, dalla “paura dell’altro”, che “molte volte ci inquieta specialmente quando si mostra come colui che ha il colore della pelle diverso dal nostro”. Evidenziando, ancora, che “il Risorto ci dà la possibilità dell’eternità”, mons. Valentinetti ribadisce che “ci dà l’energia spirituale per poter crescere interiormente ed essere pronti a testimoniare con la nostra vita le cose belle dell’esistenza, perché questa vita terrena sia una vita da risorti e non ammosciata, piena di inadempienze e di fatiche”. Infine, l’incoraggiamento alla Chiesa locale a “fare tutto ciò che possiamo per i poveri, gli ultimi, gli anziani, gli emarginati, gli ammalati e dire che vogliamo essere risorti”.

Pasqua: mons. Tardelli (Pistoia), “nella resurrezione la fonte di speranza più grande”

“Mi pare che oggi soffriamo davvero tanto per la mancanza di speranza. Le delusioni sono sempre molte nella vita; molte sono le frustrazioni; molte le amarezze che vengono dalla mancanza di prospettive”. Lo scrive il vescovo di Pistoia, mons. Fausto Tardelli, nel suo messaggio alla diocesi per la Pasqua. Il rischio indicato dal presule è che “per sfuggire a questa situazione ci si rifugi in speranze ‘dal fiato corto’ e si cerchino piccole consolazioni immediate o puramente materiali”. Ma – osserva il vescovo – “si consumano presto e siamo daccapo”. Mons. Tardelli segnala inoltre che “quando manca la speranza, quasi automaticamente, aumentano le paure”. “Ogni cosa finisce per farci ombra, per metterci in ansia; addirittura per terrorizzarci, spingendoci alla difensiva, pronti anzi a colpire. La speranza delusa genera facilmente rabbia, risentimento, rancore, a volte violenza distruttiva”. A tutto ciò il vescovo contrappone “la risurrezione di Cristo, la sua vittoria sulla morte, sulla cattiveria e la corruzione umana”, che “è per me la fonte della Speranza più grande e più concreta che ci possa essere, quella che non delude”. “Nel Cristo risorto rinasce sempre di nuovo la speranza perché è la vita che alla fine trionfa”.

Pasqua: mons. Lovignana (Aosta), “rimettere in discussione schemi mentali e stili di vita spesso derivati più dal mondo che dal Vangelo”

È un invito ad accogliere “l’annuncio” di Gesù risorto, che “investe prima di tutto noi stessi, provocandoci a rimettere in discussione schemi mentali e stili di vita spesso derivati più dal mondo che dal Vangelo”, quello rivolto da mons. Franco Lovignana, vescovo di Aosta, nel messaggio in occasione delle festività pasquali. Ripercorrendo quanto vissuto nei giorni del Triduo pasquale, il vescovo sottolinea che “Contemplare e celebrare Gesù che istituisce l’Eucaristia, Gesù, Dio fatto uomo, che muore sulla croce, Gesù, vincitore della morte e del peccato, che risorge al terzo giorno, è una ventata d’aria nuova che spazza via il vecchio modo di ragionare e di vivere”. “Innanzitutto – spiega – è l’intelligenza a beneficiare di questa liberazione dalle trappole ideologiche e consumistiche del nostro tempo: di fronte a un Dio che non considera un tesoro geloso la sua divinità, ma si umilia fino alla morte per noi, prendiamo coscienza che la vita vale per il ‘senso’ che le diamo, per il ‘perché’ e il ‘per chi’ la viviamo”.
“Se lasciamo che la fede nel Risorto purifichi e liberi la nostra intelligenza – prosegue il vescovo – allora anche la nostra volontà e il nostro cuore potranno essere raggiunti dalla luce del Vangelo e potremo desiderare il bene, progettarlo e portare frutti di opere di carità”. “Così – assicura mons. Lovignana – fioriranno il perdono e il rispetto per ogni uomo, l’accoglienza e l’accompagnamento della vita dal concepimento alla morte naturale, la condivisione con i poveri, l’impegno per la giustizia e la pace… Così la nostra vita, nelle relazioni quotidiane e nell’impegno sociale e politico, prolungherà ed estenderà la manifestazione di Gesù, Salvatore dell’uomo, che le celebrazioni pasquali mostrano al mondo”.

Pasqua: mons. Pavanello (Adria-Rovigo), “porta un messaggio di vita nuova offerto a ogni uomo”

“La Pasqua è intrinsecamente legata alla morte e risurrezione di Gesù. Anche se viene associata al passaggio dall’inverno alla primavera, il suo significato richiama la fede in Gesù Cristo Figlio di Dio”. Lo scrive mons. Pierantonio Pavanello, vescovo di Adria-Rovigo, nel suo messaggio alla diocesi per la Pasqua, che “porta un messaggio di vita nuova che è offerto a ogni uomo”. Citando dal Vangelo di Giovanni la frase con cui Gesù Risorto dice alla Maddalena di annunciare “ai miei fratelli” che “salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”, il presule segnala che “l’espressione usata da Gesù ci rivela che la sua morte e risurrezione hanno aperto agli uomini una nuova possibilità: per ogni uomo che diventerà discepolo del Crocifisso Risorto sarà possibile diventare ‘fratello’ di ogni uomo”. Una fraternità che è “un dono offerto”, che “chi crede in lui e diventa suo discepolo dovrà imparare ad accogliere e su cui giocherà la propria vita”. È così che “augurare ‘buona Pasqua’ vuol dire esprimere il desiderio che chi incontriamo entri in questa dinamica nuova, dove sulla separazione prevale l’accoglienza, la presa in carico, l’ospitalità, che sono le espressioni concrete della fraternità”. “Se prendessimo sul serio questo augurio – conclude il vescovo -, molte cose cambierebbero e il mondo in cui viviamo diventerebbe più umano”.

Pasqua: mons. Castellucci (Modena-Nonantola), “avere il coraggio di gettare il ponte della condivisione”

“Il sepolcro più difficile da aprire è il nostro cuore, spesso ostruito dalla pesante pietra dell’egoismo”. Ne è convinto mons. Erio Castellucci, vescovo di Modena-Nonantola, che nel suo Messaggio per la Pasqua sottolinea che “come i discepoli di Gesù, molti cercano di fuggire i sepolcri, volgendo lo sguardo altrove: sofferenze, ingiustizie, povertà, violenze, soprusi, malattie”. “La visita alle ferite umane – osserva – non fa parte degli itinerari turistici classici”. Tuttavia, “altri hanno il coraggio di visitare le fragilità e le sofferenze dei fratelli, come fanno le discepole di Gesù, per spandere l’unguento dell’amore e della giustizia”. Così, spiega, “lampi di vita percorrono spesso le nostre case, gli uffici, le fabbriche e le scuole, i luoghi di lavoro e di svago, di cura e di incontro”. “Le pietre – aggiunge – rotolano via dal cuore, quando arriva l’energia dell’amore, quando qualcuno ha il coraggio di gettare il ponte della condivisione”. Nel testo, il vescovo cita l’esempio di “una bimba di nove anni” che “ha avuto il coraggio di gettare questo ponte, visitando la sofferenza di un giovane e comunicandogli un lampo di vita”. “Non un giovane qualsiasi, ma – spiega – un cantante già famoso, al termine di una breve esecuzione, si è sentito dire da una sua piccola ammiratrice: ‘io so che tu soffri, per la morte di tuo padre’. E lui: ‘è vero’. La bimba ha ripreso: ‘anch’io soffro, perché qualche anno fa hanno ucciso e bruciato il mio fratellino’”. La piccola infatti “era stata sottratta a una famiglia, implicata nella rete della malavita, che per una vendetta mafiosa aveva patito questo orrendo crimine”. Quello della bimba, rimarca mons. Castellucci “è semplicemente il metodo di Gesù e delle sue discepole: visitare i sepolcri ‘da dentro’, per portare amore, comprensione e vita. Entrare nelle ferite umane, per condividerle e alleviarle”. È questo, conclude, “il miracolo della Pasqua”.

Pasqua: mons. Cornacchia (Molfetta), “ancora tanti crocifissi della storia, ma la Risurrezione è sempre in atto”

“La passione di Cristo continua in tutti i crocifissi della storia”, ma “la sua risurrezione è sempre in atto nella storia fino al completamento nell’ultimo giorno”. È un messaggio di speranza quello che mons. Domenico Cornacchia, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, affida alla diocesi in occasione della Pasqua che, ricorda, “è credere che, con Dio, la vita non finisce mai”. Siamo abbastanza capaci di guardarci intorno per vedere i fiori della primavera più che le foglie morte?”, domanda il vescovo ricordando che “Dio non è dove noi lo vorremmo trovare” e che quando “ci sentiamo traditi, non è Lui che ci gira le spalle o non si lascia trovare, ma siamo noi che lo cerchiamo dove Lui non c’è”. Ecco allora che a tutti, “specie a quanti stanno attraversando la notte del Getsemani e della Passione”, mons. Cornacchia ripete “la radiosa notizia: Cristo è risorto”. “Con Lui – aggiunge – sono risorti anche i suoi primi discepoli, che improvvisamente da dubbiosi sono diventati credenti, da uomini impauriti e codardi si sono trasformati in un manipolo di coraggiosi, disposti a portare il Vangelo ovunque, malgrado le difficoltà, le persecuzioni, i pericoli di morte”. Il Cristo risorto “sprigiona un’immensa energia di amore e di speranza, che non può essere soffocata” e la Pasqua “ci mette dentro la voglia di cantare, ci fa sentire liberi, leggeri, in armonia con le persone e con le cose”, osserva mons. Cornacchia che fa sue le parole di don Tonino Bello, il vescovo degli ultimi impegnato per la pace: “Coraggio gente! La Pasqua vi prosciughi, fino all’ultima goccia, i ristagni di disperazione che si sono sedimentati nel cuore. E, insieme al coraggio di esistere, vi ridia la voglia di camminare”.

Pasqua: mons. D’Ascenzo (Trani), “seminare germi di risurrezione soprattutto dove primeggiano solitudine e dolore”

“La nostra esistenza, alla luce del Cristo, va spesa per seminare i germi di risurrezione – gioia, vita, speranza, prossimità, capacità di cura, servizio, donazione – nei diversi ambienti e nelle varie situazioni, soprattutto laddove sembra primeggiare la solitudine, il dolore, la sopraffazione, la delusione”. Lo sottolinea mons. Leonardo D’Ascenzo, arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, che nel suo Messaggio per la Pasqua ricorda, con le parole di papa Francesco, che il Triduo Pasquale è il “culmine dell’anno liturgico”, in quanto siamo chiamati “ogni volta a vivere un itinerario di preparazione, consapevoli che il nostro diventare conformi a Cristo è un dono inestimabile della misericordia di Dio”. Ma, evidenzia l’arcivescovo, “la conformazione al Risorto non può e non deve essere occasionale, ma elemento costante della nostra spiritualità”. Secondo mons. D’Ascenzo, “deve essere la ragione della nostra esistenza come battezzati, come ministri ordinati e come consacrati”. Si tratta “di un dono che continuamente e prima di tutto dobbiamo chiedere al Signore nella preghiera”. A tal proposito, osserva, risulta “istruttiva, indicativa ed edificante la nota testimonianza di San Paolo, l’innamorato di Cristo, ‘non vivo più io, ma Cristo vive in me’”.

Pasqua: mons. Rocconi (Jesi), “rinnovamento di fronte alla fatica, al disprezzo della vita e alla mancanza di accoglienza”

“In questo momento così faticoso, la Chiesa, ma anche ogni famiglia, ogni comunità, ogni uomo o donna, sono chiamati a rialzarsi e a risplendere di nuova luce”. Per mons. Gerardo Rocconi, vescovo di Jesi, “questa Pasqua può significare per la Chiesa e per l’umanità un momento di purificazione e una nuova partenza, un momento di rinnovamento e di luce, a patto che in noi scattino gli atteggiamenti di un’autentica conversione”. Tutti, afferma il vescovo, “siamo chiamati a essere quell’alba di Pasqua in cui, abbandonata ogni mentalità mondana, abbandonata ogni pigrizia, vogliamo spendere senza paura, senza ansia, senza calcoli la nostra vita dietro a Gesù e come Gesù”. Soprattutto per trasformare e rendere nuovo un mondo dominato da “un immenso odio”, segnato dalla “drammatica situazione di tanti giovani, per la mancanza di lavoro e per la presenza di sostanze di cui fanno uso” e dalla “difficile situazione delle famiglie”, dove con le guerre “la vita della gente semplice, che vuole vivere in pace, è umiliata, messa in pericolo, distrutta”. Un mondo in cui, rileva ancora mons. Rocconi, “tocchiamo con mano il difficile momento che vive la Chiesa: quanto forte è il senso della confusione; vediamo scandali, vediamo disorientamento, viviamo quasi un momento di esilio, di silenzio di Dio”. E dove “tocchiamo con mano il disprezzo della vita in tutte le sue fasi”. Pensiamo, sottolinea, “alla mancanza di uno spirito di accoglienza, alla segregazione di tanti in campi di raccolta o in vere prigioni dove vengono torturati, umiliati, violentate, se donne”, ma anche “alla distruzione della vita nascente”.

Pasqua: mons. Pellegrini (Concordia-Pordenone), “la vera novità che aiuta a guardare il mondo con uno sguardo nuovo”

“La novità è uno dei criteri decisivi per comprendere e vivere nel nostro tempo”. Tanto che “l’innovazione è considerata da tutti come la scelta decisiva fatta per uscire dal periodo di crisi di questi anni, la parola d’ordine per offrire a tutti e in particolare alle nostre famiglie più fiducia, più sicurezza e speranza per il futuro”. Parte da questa considerazione mons. Giuseppe Pellegrini, vescovo di Concordia-Pordenone, per sottolineare nel Messaggio per la Pasqua che “la Risurrezione di Gesù introduce una tale novità nella storia, che ci porta a considerare il mondo con uno sguardo nuovo”. “Celebrare la Pasqua, per noi cristiani – osserva – significa ritornare alla sorgente della vita, ritornare all’origine e alla fonte della novità della vita”. Anche se “molti pensano che il cristianesimo appartenga al passato, come se avesse perduto qualsiasi possibilità di dire una parola accettabile all’uomo contemporaneo”, in realtà la Pasqua è “la luce non abbagliante che si propone non solo per illuminare la via, ma per dischiudere gli occhi sulla bontà della via da percorrere” e che “ci aiuta a cogliere il senso decisamente umano di ogni conquista e di ogni sconfitta, la forza e il coraggio di un impegno quotidiano di liberazione da ogni male, da ogni ingiustizia, da ogni egoismo”. Per un cristiano, ribadisce il vescovo, “non c’è Pasqua se non c’è rinnovamento e il principio di questa novità è il dono di Dio, della sua vita, della sua amicizia”. Così, conclude, “anche il gesto di scambiarci gli auguri o di donarci un semplice uovo di cioccolato, diventa il simbolo per celebrare la forza e la bellezza della vita che vince ogni male e sofferenza”.

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Fonte: Sir