Papa Francesco: “La vecchiaia vissuta nell’attesa del Signore è apologia della fede e annuncia che il meglio deve ancora venire”

Nella seconda udienza generale dopo la pausa di luglio - la prima, la settimana scorsa, è stata dedicata al "pellegrinaggio penitenziale" in Canada - Papa Francesco ha ripreso il ciclo di catechesi dedicate alla vecchiaia. "Tempo proiettato al compimento della promessa: un posto a tavola con Dio", l'ha definita. "Delirante" tentare di "fermare il tempo per volere l'eterna giovinezza"

Papa Francesco: “La vecchiaia vissuta nell’attesa del Signore è apologia della fede e annuncia che il meglio deve ancora venire”

“La vecchiaia è il tempo propizio per la testimonianza commossa e lieta” dell’attesa del regno di Dio. Nella vecchiaia, “le opere della fede, che avvicinano noi e gli altri al regno di Dio, stanno ormai oltre la potenza delle energie, delle parole, degli slanci della giovinezza e della maturità. Ma proprio così rendono ancora più trasparente la promessa della vera destinazione della vita: un posto a tavola con Dio, nel mondo di Dio”. È ritornato al tema della vecchiaia Papa Francesco, questa mattina  durante l’udienza generale in Aula Paolo VI, la seconda dopo la pausa di luglio, successiva a quella dedicata al “pellegrinaggio penitenziale” in Canada, mercoledì scorso.

Nelle Chiese locali, secondo il Pontefice, occorrerebbe “ravvivare questo speciale ministero dell’attesa del Signore, incoraggiando i carismi individuali e le qualità comunitarie della persona anziana”.

Una vecchiaia “vissuta con dolcezza e rispetto per la vita reale scioglie definitivamente l’equivoco di una potenza che deve bastare a sé stessa e alla propria riuscita. Scioglie persino – ha sottolineato il Papa – l’equivoco di una Chiesa che si adatta alla condizione mondana, pensando in questo modo di governarne definitivamente la perfezione e il compimento.

Quando ci liberiamo da questa presunzione, il tempo dell’invecchiamento che Dio ci concede è già in sé stesso una di quelle opere ‘più grandi’ di cui parla Gesù. In effetti, è un’opera che a Gesù non fu dato di compiere: la sua morte, la sua risurrezione e la sua ascensione in Cielo l’hanno resa possibile a noi!”. Nel ricordare che “il tempo è superiore allo spazio”, Francesco ha osservato: “La nostra vita non è fatta per chiudersi su sé stessa, in una immaginaria perfezione terrena: è destinata ad andare oltre, attraverso il passaggio della morte. Infatti, il nostro luogo stabile, il nostro punto d’arrivo non è qui, è accanto al Signore, dove Egli dimora per sempre”.

E in questa prospettiva, ha ammonito il Papa,

“la sicumera di fermare il tempo – volere l’eterna giovinezza, il benessere illimitato, il potere assoluto – non è solo impossibile, è delirante”.

Invece la vecchiaia, “vissuta nell’attesa del Signore, può diventare la compiuta ‘apologia’ della fede, che rende ragione, a tutti, della nostra speranza per tutti. La vecchiaia rende trasparente la promessa di Gesù, proiettandosi verso la Città santa di cui parla il libro dell’Apocalisse”.  Secondo il Pontefice, la vecchiaia è la fase della vita più adatta a diffondere la notizia che “la vita è iniziazione per un compimento definitivo.

E il meglio deve ancora venire.

Dio – l’auspicio del Papa – ci conceda una vecchiaia capace di questo!”.

La nostra esistenza sulla terra, ha spiegato ancora, “è il tempo dell’iniziazione alla vita, che solo in Dio trova il compimento. Siamo imperfetti fin dall’inizio e rimaniamo imperfetti fino alla fine. Nel compimento della promessa di Dio, il rapporto si inverte: lo spazio di Dio, che Gesù prepara per noi con ogni cura, è superiore al tempo della nostra vita mortale. Ecco:

la vecchiaia avvicina la speranza di questo compimento” ed è credibile quando “invita a rallegrarsi dello scorrere del tempo: non è una minaccia, è una promessa.

La vecchiaia che ritrova la profondità dello sguardo della fede non è conservatrice per sua natura, come dicono! Il mondo di Dio è uno spazio infinito, sul quale il passaggio del tempo non ha più peso”. Proprio nell’Ultima Cena, ha ricordato il Pontefice, “Gesù si proiettò verso questa meta, quando disse ai discepoli: ‘Da ora non berrò più di questo frutto della vite, fino al giorno in cui lo berrò di nuovo con voi nel regno del Padre mio’”. “Nella nostra predicazione, spesso il Paradiso è giustamente pieno di beatitudine, di luce, di amore. Forse gli manca un po’ la vita. Gesù, nelle parabole, parlava del regno di Dio mettendoci più vita. Non siamo più capaci di questo?”, la domanda conclusiva di Francesco.

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Fonte: Sir