Papa Francesco apre l'incontro in Vaticano sugli abusi. Curare le gravi ferite che lo scandalo della pedofilia ha causato”

La cronaca della prima giornata dell’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori nella Chiesa”. Le testimonianze delle vittime, le linee guida di Papa Francesco e l'intervento de Cardinale Tagle. "Tutti insieme ci mettiamo in ascolto dello Spirito Santo e con docilità alla Sua guida ascoltiamo il grido dei piccoli che chiedono giustizia".

Papa Francesco apre l'incontro in Vaticano sugli abusi. Curare le gravi ferite che lo scandalo della pedofilia ha causato”
Card. Marx (Monaco), “non si permetta mai più che bambini e giovani siano sessualmente abusati”

“L’incontro che si apre oggi in Vaticano sul tema della protezione dei bambini e dei giovani nella Chiesa è una tappa importante nel cammino della rielaborazione e dell’impegno della Chiesa affinché bambini e giovani siano protetti dagli abusi in ogni parte della Chiesa nel mondo”. È il cardinale tedesco Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e presidente della Conferenza episcopale della Germania, che stamane, prima dell’inizio dei lavori nell’Aula, ha rilasciato alcune dichiarazioni alla stampa. “Un obiettivo deve essere che i vescovi capiscano che si tratta di una sfida che tutti dobbiamo affrontare nella Chiesa, e certamente anche nella società”, ha continuato il cardinale auspicando che “dagli incontri speciali di questi giorni nasca anche un impulso per tutta la società, affinché non si permetta mai più che bambini e giovani siano sessualmente abusati”. Ha ribadito più volte che “dobbiamo fare di tutto, lavorare intensamente perché non succeda più”. “Un pezzo di strada l’abbiamo già percorsa, non iniziamo dal nulla, ma la situazione è molto diversificata nel mondo”, segnala il cardinale che porta l’esempio della Germania, dove “dal 2010 abbiamo iniziato a lavorare intensamente. Sappiamo che il lavoro non è terminato”, “dobbiamo continuare intensamente perché questo programma di tutela dei minori sia intensificato e continui”. “Speriamo veramente che arrivi una spinta, un impulso per la Chiesa perché insieme, come vescovi di tutto il mondo affrontiamo questo terribile male dell’abuso sessuale” e che “avvenga qualcosa di significativo anche per tutta la società”.

Papa Francesco: ascoltare il “grido dei piccoli che chiedono giustizia”, non con “condanne” ma con “misure concrete”

Ascoltare il “grido dei piccoli che chiedono giustizia”, senza pronunciare “semplici e scontate condanne”, ma con “misure concrete ed efficaci”, per contrastare questo “male che affligge la Chiesa e l’umanità”. È l’invito del Papa, nella sua breve introduzione ai lavori dell’incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa”, che si è aperto questa mattina presso l’Aula nuova del Sinodo. “Dinanzi alla piaga degli abusi sessuali perpetrati da uomini di Chiesa a danno dei minori – ha esordito Francesco, dopo la preghiera iniziale – ho pensato d’interpellare voi, patriarchi, cardinali, arcivescovi, vescovi, superiori religiosi e responsabili, affinché tutti insieme ci mettiamo in ascolto dello Spirito Santo e con docilità alla Sua guida ascoltiamo il grido dei piccoli che chiedono giustizia”. “Grava sul nostro incontro il peso della responsabilità pastorale ed ecclesiale che ci obbliga a discutere insieme, in maniera sinodale, sincera e approfondita su come affrontare questo male che affligge la Chiesa e l’umanità”, ha proseguito Francesco, a proposito della pedofilia: “Il santo Popolo di Dio ci guarda e attende da noi non semplici e scontate condanne, ma misure concrete ed efficaci da predisporre”. “Ci vuole concretezza”, ha aggiunto a braccio. “Iniziamo, dunque, il nostro percorso armati della fede e dello spirito di massima parresia, di coraggio e concretezza”, l’invito del Papa al termine della sua introduzione. Al summit vaticano sugli abusi commessi da parte del clero partecipano 190 persone, tra presidenti delle Conferenze episcopali, capi delle Chiese orientali cattoliche, rappresentanti dell’Unione dei superiori generali e dell’Unione internazionale delle superiore generali, membri della Curia romana e del Consiglio di cardinali. All’intervento del Papa faranno seguito le relazioni del card. Luis Antonio Tagle e di mons. Charles Jude Scicluna e i lavori di gruppo.

Papa Francesco consegna “linee guida” come “punto di partenza”. “Curare le gravi ferite che lo scandalo della pedofilia ha causato”

Come sussidio, mi permetto di condividere con voi alcuni importanti criteri, formulati dalle diverse Commissioni e Conferenze episcopali”. Con queste parole il Papa, al termine della sua breve introduzione di apertura all’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori nella Chiesa”, ha consegnato ai 190 partecipanti delle linee-guida “per aiutare la nostra riflessione”. “Sono un semplice punto di partenza che viene a voi e torna a voi, e che non toglie la creatività che deve esserci in questo incontro”, ha spiegato subito dopo, ringraziando la Pontificia Commissione per la tutela dei minori, la Congregazione per la dottrina della fede e i membri del Comitato organizzativo “per l’eccellente lavoro svolto con grande impegno nel preparare questo incontro”. “Chiedo allo Spirito Santo di sostenerci in questi giorni e di aiutarci a trasformare questo male in un’opportunità di consapevolezza e di purificazione”, l’auspicio di Francesco: “La Vergine Maria ci illumini per cercare di curare le gravi ferite che lo scandalo della pedofilia ha causato sia nei piccoli sia nei credenti”.

Abusi: mons. Russo, “stiamo pensando ad avviare una ricerca sul fenomeno nella Chiesa in Italia”

Una ricerca a tutto campo sugli abusi commessi dai preti in Italia. Ad annunciarla è oggi mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, in un’intervista al “Corriere della sera” mentre si è appena aperto in Vaticano l’incontro voluto da Papa Francesco. “Queste giornate – esordisce – saranno una salutare scossa a vincere ogni tiepidezza o resistenza davanti a un problema che si impone per serietà, urgenza e gravità”. Papa Francesco, spiega, “ci sprona a fare i conti con il passato, a chiedere perdono per le colpe commesse e ad impegnarci a fondo per superare ogni condizione che permetta lo sviluppo dell’abuso”. Sul fenomeno nella Chiesa italiana non esistono ancora dati precisi anche se, riconosce il segretario generale Cei, “le situazioni di abuso finora riscontrate sono motivo di preoccupazione fondata”. Non solo abuso sessuale, ma anche “abuso di potere e di coscienza, esercitato da preti che interpretano il loro ministero non come un servizio, ma come un potere”. Sull’esempio della Chiesa tedesca che ha compiuto una ricerca durata tre anni, Russo annuncia l’intenzione di “affidare a un’università una ricerca a tutto campo, che restituisca le dimensioni del fenomeno nella Chiesa come negli altri ambiti della società. Attorno a questa tematica oggi si gioca la nostra credibilità: non ci sarà riforma, senza una piena fedeltà all’esperienza liberante del Vangelo”. Rispondendo alla richiesta di Benedetto XVI, la Cei ha pubblicato nel 2012 e poi nel 2014 delle linee guida contro gli abusi; ora ne sta preparando una nuova versione. L’intento, spiega il segretario Cei, è “contribuire a una cultura diffusa, che abbia a cuore la protezione del minore. Le linee guida del 2014 sono focalizzate su procedure giuridiche con cui affrontare i casi di abuso sessuale compiuti da chierici. Oggi c’è la volontà di non fermarsi alla reazione, per puntare alla prevenzione, coinvolgendo competenze diverse e mettendo a punto procedure chiare. Conoscere a fondo le cause e le circostanze che favoriscono l’abuso, esigere una selezione rigorosa dei candidati al ministero, coinvolgere l’intera comunità in processi di informazione e formazione: sono tasselli di un’azione che non consente ulteriori ritardi”.

Abusi: mons. Russo, “necessaria collaborazione con autorità civili. A breve consultazione tra vescovi su obbligo denuncia”

“La collaborazione attiva” con le autorità civili “è necessaria per prendere di petto il problema degli abusi sui minori: va fatta secondo verità e giustizia, superando ogni atteggiamento di chiusura o nascondimento, altamente lesivo per la credibilità della Chiesa”. Ad affermarlo in un’intervista pubblicata oggi sul “Corriere della sera” è mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, secondo il quale, “una volta valutata la verosimiglianza di una notizia di reato, occorrerebbe segnalarla all’autorità competente, nel rispetto della legge civile e della privacy della vittima e dei suoi familiari”. “Anche su questo – annuncia – nei prossimi mesi ci sarà un’ampia consultazione tra i vescovi”. Ad una domanda sul perché nel Servizio nazionale per la tutela dei minori appena istituito dalla Cei non figuri alcuna vittima, il segretario generale risponde: “Le finalità del Servizio sono legate soprattutto ad assicurare un supporto al territorio, a partire dalle diocesi, con l’offerta di proposte che sollecitino e aiutino la costituzione in loco di referenti – uomini e donne – attenti a promuovere ambienti sani e sicuri. Diversi membri del Servizio, comunque, sono da anni impegnati nell’ascolto e nell’accompagnamento delle vittime”. Per mons. Russo, “ogni volta che si è preferito occultare – illudendosi, ad esempio, che bastasse cambiare destinazione al colpevole – si è favorito il radicamento di questo reato. In questo modo, inoltre, si è contribuito a ferire ulteriormente le vittime, che si sono viste privare di ogni giustizia. Vanno recuperate responsabilità, capacità di chiamare le cose per nome e trasparenza”.

Incontro abusi in Vaticano: le cinque video-testimonianze delle vittime

“Vi chiedo, per favore, di collaborare con la giustizia, che abbiate una cura particolare nei riguardi delle vittime, che quello che sta accadendo in Cile, cioè, quello che il Papa sta facendo in Cile, si ripeta come modello in altri Paesi del mondo”. È l’appello lanciato in una delle cinque video-testimonianze trasmesse nell’Aula Nuova dl Sinodo, davanti al Papa e ai 190 partecipanti al summit vaticano sugli abusi. “Vediamo tutti i giorni la punta dell’iceberg: nonostante la Chiesa affermi che è tutto finito, continuano a emergere casi: perché?”, la denuncia del primo testimone degli abusi, un uomo sudamericano: “Perché si procede come quando ci si trova di fronte a un tumore: si deve trattare tutto il tumore, non limitarsi a rimuoverlo; quindi serve la chemioterapia, la radioterapia, bisogna fare dei trattamenti. Non serve estirpare il tumore e basta. Io vi chiedo di ascoltare quello che il Santo Padre vuole fare, non limitandovi ad assentire con un cenno del capo per fare poi un’altra cosa”. Terza richiesta: “Che aiutiate a ristabilire la fiducia nella Chiesa; che coloro che non vogliono ascoltare lo Spirito Santo e che vogliono continuare a coprire, se ne vadano dalla Chiesa per lasciare il posto a quelli che invece vogliono creare una Chiesa nuova, una Chiesa rinnovata e una Chiesa assolutamente libera dagli abusi sessuali”.

Dall’età di 15 anni ho avuto relazioni sessuali con un prete”, ha raccontato la seconda vittima protagonista della video-testimonianza, una donna africana: “Questo è durato 13 anni. Sono stata incinta tre volte e mi ha fatto abortire tre volte, molto semplicemente perché egli non voleva usare profilattici o metodi contraccettivi. All’inizio mi fidavo così tanto di lui che non sapevo potesse abusare di me. Avevo paura di lui e ogni volta che mi rifiutavo di avere rapporti sessuali con lui, mi picchiava. E siccome ero completamente dipendente da lui economicamente, ho subito tutte le umiliazioni che mi infliggeva. Avevamo questi rapporti sia a casa sua nel villaggio che nel centro di accoglienza diocesano. In questa relazione non avevo il diritto di avere dei ‘ragazzi’; ogni volta che ne avevo uno e lui veniva a saperlo, mi picchiava. Era la condizione perché mi aiutasse economicamente… Mi dava tutto quello che volevo, quando accettavo di avere rapporti sessuali; altrimenti mi picchiava”. “Non si può abusare di una persona in questo modo”, l’appello della vittima: “Bisogna dire che i preti e i religiosi hanno modo di aiutare e allo stesso tempo anche di distruggere: devono comportarsi da responsabili, da persone avvedute”.
“Ho 53 anni, sono sacerdote religioso. Quest’anno è il 25.mo della mia ordinazione. Sono grato a Dio”. Comincia così il racconto del terzo testimone, un uomo dell’Europa dell’Est, che ha rivelato: “Che cosa mi ha ferito? Mi ha ferito l’incontro con un prete. Da adolescente, dopo la conversione, andavo dal prete perché mi insegnasse come leggere la Scrittura durante la Messa; e lui toccava le mie parti intime. Ho passato una notte nel suo letto. Questo mi ha ferito profondamente. L’altra cosa che mi ha ferito è stato il vescovo al quale, dopo molti anni, da adulto, ho parlato dell’accaduto. Sono andato da lui insieme con il mio provinciale. Prima ho scritto una lettera al vescovo, sei mesi dopo un colloquio con il prete. Il vescovo non mi ha risposto e dopo sei mesi ho scritto al nunzio. Il nunzio ha reagito manifestando comprensione. Poi ho incontrato il vescovo e lui mi ha attaccato senza tentare di comprendermi, e ciò mi ha ferito”.
“C’è ancora dolore nelle mie relazioni famigliari, c’è ancora dolore con i miei fratelli e sorelle”, ha raccontato via video il quarto testimone, un uomo degli Stati Uniti: “Provo ancora dolore per i miei genitori, provo dolore per la disfunzione, il tradimento, la manipolazione che quest’uomo malvagio, che all’epoca era il nostro prete cattolico, ha inflitto alla mia famiglia e a me. Questo è ciò che mi ha ferito di più e che porto con me oggi. Adesso sto bene, perché ho trovato speranza e guarigione raccontando la mia storia, condividendola con la mia famiglia, mia moglie, i miei figli, la mia famiglia in senso più ampio, i miei amici e siccome riesco a farlo mi sento meglio con me stesso e riesco ad essere me stesso. Quello che vorrei dire ai vescovi? Penso che sia un’ottima domanda. Ai vescovi vorrei chiedere una leadership, una leadership di visione e di coraggio”.
Sono stato molestato sessualmente per tanto tempo, e oltre cento volte, e queste molestie sessuali mi hanno provocato traumi e flashback per tutta la vita”, la denuncia del quinto testimone, un uomo asiatico: “Fa fatica vivere la vita, fa fatica stare insieme alla gente, avere rapporti con le persone. Ho avuto questo atteggiamento anche nei riguardi della mia famiglia, dei miei amici e perfino di Dio. Ogni volta che ho parlato con i Provinciali e con i Superiori maggiori, questi hanno regolarmente coperto il problema, coperto gli abusatori e questo a volte mi uccide. Ho condotto questa battaglia per tanto tempo… ma la maggior parte dei Superiori non sono capaci di fermare gli abusatori, a causa delle amicizie tra di loro. Chiederò ai Provinciali, ai Superiori maggiori e ai vescovi che parteciperanno a questo incontro di produrre azioni severe che realmente rimettano in riga gli abusatori. Se vogliamo salvare la Chiesa, credo che gli abusatori debbano essere puniti. Chiederò ai vescovi di prendere iniziative molto chiare, perché questa è una delle bombe a orologeria nella Chiesa che è in Asia. Se voi volete salvare la Chiesa, dobbiamo darci una mossa e indicare gli autori con nome e cognome. Non dobbiamo permettere che le amicizie abbiano la meglio, perché questo distruggerà un’intera generazione di bambini. Come diceva Gesù, dobbiamo diventare simili ai bambini, non molestatori di bambini”.

Mons. Scicluna, “collaborazione” con la giurisdizione dello Stato. “Vigilare” su candidati vescovi

La pedofilia è una “cattiva condotta” che “è anche un reato in tutte le giurisdizioni degli Stati”. A ricordarlo è stato mons. Charles Scicluna, arcivescovo di Malta e segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede, nella sua relazione all’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori nella Chiesa”. “La competenza delle autorità statali dovrebbe essere rispettata”, ha proseguito il vescovo, secondo il quale “le norme che regolano la comunicazione delle denunce dovrebbero essere seguite attentamente e uno spirito di collaborazione andrà a beneficio sia della Chiesa che della società in generale”. “Differenti risultati per lo stesso caso non sono un evento raro”, ha osservato Scicluna a proposito del fatto che “i limiti di legge in materia civile o i criteri di prova possono essere diversi da quelli applicati nei procedimenti canonici”, così come le leggi relative ai termini di prescrizione. Compito del vescovo o del superiore religioso è quello di “vigilare sull’attuazione e l’esecuzione delle legittime conseguenze dei procedimenti penali”, tenendo conto del “diritto dell’imputato di ricorrere ai mezzi consentiti dalla legge contro un’azione penale che lo danneggia”. Una volta esaurita la fase di appello, “è dovere dell’Ordinario informare la comunità sull’esito definitivo del processo”, sia in caso di colpevolezza – la cui sentenza e pena relativa vanno “attuate senza indugio” – sia in caso di innocenza dell’imputato, perché “è molto difficile risanare il buon nome di un sacerdote che potrebbe essere stato ingiustamente accusato”. Senza contare la “cura delle vittime che sono state tradite negli aspetti più fondamentali e spirituali della loro personalità e del loro essere” e delle loro relative famiglie: “L’intera comunità deve condividere il peso della loro vita e accompagnarli verso la guarigione”. C’è poi l’importante capitolo della prevenzione, da garantire sia da parte dei “formatori” dei futuri candidati al sacerdozio, “con l’aiuto di sacerdoti prudenti e santi”, sia attraverso i “protocolli di salvaguardia”, che “dovrebbero essere facilmente accessibili in un linguaggio chiaro e diretto”. Un altro aspetto della “corresponsabilità” nella prevenzione, per Scicluna, è la selezione e la presentazione del candidato alla missione di vescovi: “Molti chiedono che il processo sia più aperto al contributo dei laici della comunità”, ha reso noto il vescovo: “Noi vescovi e superiori religiosi abbiamo il sacro dovere di aiutare il Santo Padre ad arrivare a un giusto discernimento sui possibili candidati alla leadership come vescovi. È un grave peccato contro l’integrità del ministero episcopale nascondere o sottovalutare fatti che possano indicare carenze nello stile di vita o nella paternità spirituale circa quei sacerdoti soggetti alla verifica pontificia sulla loro idoneità all’ufficio di vescovi”.

Card. Tagle, “mancanza di risposte ha lacerato la nostra gente”

“La mancanza di risposte da parte nostra alla sofferenza delle vittime, fino al punto di respingerle e di coprire lo scandalo al fine di proteggere gli abusatori e l’istituzione ha lacerato la nostra gente, lasciando una profonda ferita nel nostro rapporto con coloro ai quali siamo inviati per servirli”. Lo ha detto il card. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila e presidente di Caritas Internationalis, che ha tenuto la prima relazione dell’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori”, subito dopo l’introduzione di apertura del Papa. “Essere costantemente in contatto con le ferite dell’umanità”: è questo, ha detto Tagle nella sua relazione – dal titolo “L’odore delle pecore. Sentire le difficoltà e guarire le ferite, centro del compito del pastore” – il compito della Chiesa di tutti i tempi. “Toccando le ferite delle persone che soffrono tocchiamo le nostre ferite e tocchiamo Cristo”, la tesi del cardinale, che ha fatto notare come “le ferite di Cristo rimangono nelle ferite del nostro mondo”. “Chi chiude gli occhi di fronte alle ferite, non dovrebbe essere autorizzato a dire: ‘Mio Signore e mio Dio’. Non ho diritto di proclamare la mia fede finché non prendo sul serio la sofferenza del mio vicino. Solo una fede ‘ferita’ è credibile: non possiamo dire di avere fede e chiudiamo gli occhi sulle sofferenze delle persone abusate”. “Ognuno di noi ha una personale responsabilità di soccorrere le ferite nel corpo di Cristo e dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere affinché i bambini e le persone vulnerabili si sentano al sicuro nelle nostre comunità”, l’appello di Tagle, secondo il quale “curare le ferite è un atto di fede”, soprattutto nei confronti degli “innocenti che soffrono”.

I punti di riflessioni delle Commisioni e delle Conferenze episcopali

Diverse Commissioni e Conferenze episcopali hanno stilato una serie di punti come “aiuto alla riflessione” nel corso dei lavori dell’incontro su “La protezione dei minori nella Chiesa”. Ecco l’elenco reso noto dalla Sala Stampa della Santa Sede, che il Papa ha fatto distribuire tra i presenti all’inizio della giornata: “elaborare un vademecum pratico nel quale siano specificati i passi da compiere a cura dell’autorità in tutti i momenti-chiave dell’emergenza di un caso”; “dotarsi di strutture di ascolto, composte da persone preparate ed esperte, dove si esercita un primo discernimento dei casi delle presunte vittime”; “stabilire i criteri per il coinvolgimento diretto del Vescovo o del Superiore Religioso”; “attuare procedure condivise per l’esame delle accuse, la protezione delle vittime e il diritto di difesa degli accusati”; “informare le autorità civili e le autorità ecclesiastiche superiori nel rispetto delle norme civili e canoniche”; “fare una revisione periodica dei protocolli e delle norme per salvaguardare un ambiente protetto per i minori in tutte le strutture pastorali; protocolli e norme basati sui principi della giustizia e della carità e che devono integrarsi perché l’azione della Chiesa anche in questo campo sia conforme alla sua missione”; “stabilire protocolli specifici per la gestione delle accuse contro i Vescovi”; “accompagnare, proteggere e curare le vittime, offrendo loro tutto il necessario sostegno per una completa guarigione”; “incrementare la consapevolezza delle cause e delle conseguenze degli abusi sessuali mediante iniziative di formazione permanente di Vescovi, Superiori religiosi, chierici e operatori pastorali”; “preparare percorsi di cura pastorale delle comunità ferite dagli abusi e itinerari penitenziali e di recupero per i colpevoli”; “consolidare la collaborazione con tutte le persone di buona volontà e con gli operatori dei mass media per poter riconoscere e discernere i casi veri da quelli falsi, le accuse dalle calunnie, evitando rancori e insinuazioni, dicerie e diffamazioni”; “elevare l’età minima per il matrimonio a sedici anni”; “stabilire disposizioni che regolino e facilitino la partecipazione degli esperti laici nelle investigazioni e nei diversi gradi di giudizio dei processi canonici concernenti abuso sessuale e/o di potere”; “il Diritto alla difesa: occorre salvaguardare anche il principio di diritto naturale e canonico della presunzione di innocenza fino alla prova della colpevolezza dell’accusato. Perciò bisogna evitare che vengano pubblicati gli elenchi degli accusati, anche da parte delle diocesi, prima dell’indagine previa e della definitiva condanna”; “osservare il tradizionale principio della proporzionalità della pena rispetto al delitto commesso. Deliberare che i sacerdoti e i vescovi colpevoli di abuso sessuale su minori abbandonino il ministero pubblico”; “introdurre regole riguardanti i seminaristi e i candidati al sacerdozio o alla vita religiosa. Per costoro introdurre programmi di formazione iniziale e permanente per consolidare la loro maturità umana, spirituale e psicosessuale, come pure le loro relazioni interpersonali e i loro comportamenti”; “effettuare per i candidati al sacerdozio e alla vita consacrata una valutazione psicologica da parte di esperti qualificati e accreditati”; “indicare le norme che regolano il trasferimento di un seminarista o di un aspirante religioso da un seminario a un altro; come pure di un sacerdote o religioso da una diocesi o congregazione ad un’altra”; “formulare codici di condotta obbligatori per tutti i chierici, i religiosi, il personale di servizio e i volontari, per delineare limiti appropriati nelle relazioni personali. Specificare i requisiti necessari per il personale e i volontari, e verificare la loro fedina penale”; “illustrare tutte le informazioni e i dati sui pericoli dell’abuso e i suoi effetti, su come riconoscere i segni di abuso e su come denunciare i sospetti di abuso sessuale. Tutto ciò deve avvenire in collaborazione con genitori, insegnanti, professionisti e autorità civili”; “è necessario che si istituisca, laddove non si è ancora fatto, un organismo di facile accesso per le vittime che vogliono denunciare eventuali delitti. Un organismo che goda di autonomia anche rispetto all’Autorità ecclesiastica locale e composto da persone esperte (chierici e laici), che sappiano esprimere l’attenzione della Chiesa verso quanti, in tale campo, si ritengono offesi da atteggiamenti impropri da parte di chierici”.

Card. Tagle, “non scegliere tra vittima e abusatore”

Non bisogna cedere alla tentazione “di scegliere tra la vittima e l’abusatore”. È il monito del card. Luis Antonio Tagle, arcivescovo di manila e presidente di Caritas Internationalis, che nella prima relazione dell’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori nella Chiesa” ha fornito anche indicazioni su come aiutare le vittime a guarire dalle ferite degli abusi. “Vittime e abusatori: chi dobbiamo aiutare? Entrambi”, l’indicazione di Tagle, agendo sia sul versante della giustizia sia su quello del perdono. Riguardo alle vittime, ha spiegato il cardinale, “dobbiamo aiutarle a manifestare le loro ferite profonde e a guarirle”. Per quanto riguarda gli abusatori, invece, “è necessario applicare la giustizia, aiutarli a guardare in faccia la verità senza razionalizzazioni e, allo stesso tempo, a non trascurare il loro mondo interiore, le loro ferite”. La domanda da porsi, allora, è “come possiamo amministrare la giustizia e favorire il perdono di fronte a queste ferite dell’abuso sessuale” e “come possiamo prevenire un perdono distorto in modo che non sia equiparato al lasciar scappare via l’ingiustizia, andare avanti e lasciar perdere il male”. La strada da seguire, ha concluso, Tagle, è quella di “una decisa correzione di un preciso errore”, per “camminare insieme alle vittime, pazientemente e costantemente chiedendo perdono, sapendo che questo dono può guarirle ancora meglio”.

Mons. Scicluna, 21 punti indicati dal Papa sono “road map”, presto “vademecum” della Congregazione dottrina fede

I 21 punti indicati dal Papa come “spunti” per la riflessione, all’apertura della prima giornata di lavori dell’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori nella Chiesa” sono una “road map” per il presente e per il futuro. Ad utilizzare questa definizione, durante il primo briefing, è stato mons. Clarles Chicluna, arcivescovo di Malta e segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede, annunciando che la Congregazione “sta lavorando ad un vademecum” sugli abusi, “accessibile, sullo schema domanda e risposta”, che sarà pubblicato anche sul sito pbc2019.org, il sito inaugurato in occasione della “tre giorni” in corso ma disponibile anche per il “follow up” dell’importante iniziativa voluta da Papa Francesco per contrastare la piaga della pedofilia nella Chiesa. “Si tratta di un punto di partenza, non del risultato”, ha puntualizzato il moderatore dell’incontro in corso in Vaticano, padre Federico Lombardi, soffermandosi sul legame tra i 21 punti proposti da Bergoglio e il suo discorso di apertura, dove nonostante la brevità sono già presenti tutte le parole-chiave dell’iniziativa senza precedenti di Francesco: “L’ascolto, in primo luogo delle vittime; la sinodalità con cui si deve procedere; la concretezza che il Papa si aspetta: la parresia, cioè il coraggio con cui ci si deve dedicare ad una pagina così importante; la conversione e la purificazione che la Chiesa deve fare con la comunione dei suoi pastori”.

Padre Lombardi, “molto toccanti le testimonianze delle vittime”. Mons. Scicluna, introdurre figura del “curatore” delle vittime

“Siamo rimasti tutti molti colpiti, emozionati di fronte alle testimonianze delle vittime che sono sopravvissute agli abusi”. A rivelarlo, durante il primo briefing dell’incontro in Vaticano sugli abusi – relativo alla prima giornata di lavori, dedicata al tema della responsabilità – è stato il moderatore, padre Federico Lombardi, a proposito delle testimonianze di cinque vittime di abusi dei cinque continenti proiettate questa mattina, sotto forma di audio-video, nell’Aula nuova del Sinodo. Tra i 190 partecipanti, ha riferito Lombardi, “c’è stato un clima molto positivo, molto compreso, molto intenso, caratterizzato dalla volontà di fare un cammino insieme con decisione e serenità”. Atmosfera, questa, confermata anche nei primi lavori di gruppo: un’ora questa mattina, cui seguirà un’altra ora questo pomeriggio. La prima giornata dell’incontro si concluderà questa sera con l’ascolto dal vivo di un gruppo di vittime degli abusi e con la prima sintesi dei lavori di gruppo. “Il Santo Padre vuole che siamo molto concreti”, ha aggiunto mons. Charles Scicluna, arcivescovo di Malta e segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede: “È tutta una questione di motivazione, se si ha la motivazione giusta tutto va al suo posto”. Di qui la necessità di “agire insieme”, a partire dai 21 “punti” indicati dal Papa, che per Scicluna “richiedono innovazione non solo negli atteggiamenti, ma anche nei protocolli”. Secondo l’arcivescovo di Malta, ad esempio, occorrerà “rivedere i protocolli locali”, dopo che la Congregazione per la dottrina della fede, nel 2011, ha chiesto alle Conferenze episcopali di redigere le “linee guida” in materia di abusi. “Prevedere nel futuro un ruolo più importante delle vittime, anche all’interno delle nostre procedure”, l’altra proposta di Scicluna, configurando la figura di una sorta di “curatore” dei loro “interessi”. Per quanto riguarda l’opinione pubblica, Scicluna ha esortato a promuovere “una cultura della verità che sappia offrire un’alternativa alla cultura del silenzio”, la quale “può essere comprensibile ma è uno strumento di difesa inaccettabile”. “Ci vuole coraggio e umiltà nell’affrontare i cattivi comportamenti – la ricetta dell’arcivescovo – e bisogna agire nella maniera giusta dall’inizio”. “Un viaggio di esplorazione, che parte dall’ascolto per inaugurare un nuovo modo di essere Chiesa”: così mons. Mark Benedikt Coleridge, arcivescovo di Brisbane (Australia), ha definito l’incontro iniziato oggi in Vaticano, durante il quale – ha detto il prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini, “la Chiesa è chiamata a dare risposte concrete alla piaga della pedofilia in maniera sinodale”.

Card. Salazar Gomez, all’origine c’è il “clericalismo”. “Dobbiamo riconoscere che il nemico è dentro”

Alla radice degli abusi non ci sono solo “deviazioni o patologie sessuali”: c’è il clericalismo, cioè “il travisamento del significato del ministero convertito in mezzo per imporre la forza, per violare la coscienza e i corpi dei più deboli”. Ne è convinto il card. Ruben Salazar Gomez, arcivescovo di Bogotá (Colombia), che nella terza e ultima relazione della prima giornata dell’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori della Chiesa” ha affermato che all’origine della crisi della pedofilia c’è una “comprensione sbagliata del modo di esercitare il ministero, che ha portato a commettere gravi errori di autorità che hanno ingigantito la gravità della crisi”. Di qui la necessità di “smascherare il clericalismo di fondo e realizzare un cambiamento di mentalità che, espresso in termini più precisi, si chiama conversione” e che deve tradursi in “una profonda revisione della mentalità che sta dietro alle parole affinché le nostre parole e le nostre azioni siano quelle che corrispondono alla volontà di Dio in questo momento della Chiesa”. “Questo invito alla conversione è rivolto a tutta la Chiesa, ma prima di tutto a noi che siamo i suoi pastori”, ha fatto notare il cardinale, secondo il quale “molte volte la Chiesa – nelle persone dei suoi vescovi – non ha saputo e ancora, a volte, non sa comportarsi come deve per affrontare con rapidità e decisione la crisi causata dagli abusi. Molte volte si procede come i lavoratori salariati che, vedendo arrivare il lupo, fuggono lasciando il gregge incustodito. E fuggono in molti modi: cercando di negare la dimensione delle denunce presentate, non ascoltando le vittime, ignorando i danni causati in coloro che subiscono gli abusi, trasferendo gli accusati in altri luoghi dove essi continuano ad abusare o cercando di giungere a compromessi monetari per comprare il silenzio”. “Agendo in questo modo – la denuncia di Salazar – manifestiamo chiaramente una mentalità clericale che ci porta a mettere il mal compreso bene dell’istituzione ecclesiale davanti al dolore delle vittime e delle esigenze della giustizia; a mettere al di sopra della testimonianza delle persone colpite le giustificazioni dei colpevoli; a mantenere un silenzio che mette a tacere il grido di dolore delle vittime per non affrontare lo scandalo pubblico che può provocare una denuncia davanti all’autorità civile o ad un processo; ad adottare misure controproducenti che non tengono conto del bene delle comunità e dei più vulnerabili; ad affidarsi esclusivamente alla consulenza di avvocati, psichiatri e specialisti di ogni tipo, trascurando il senso profondo della compassione e della misericordia; ad arrivare addirittura a mentire o a travisare i fatti per non confessare l’orribile realtà che si presenta”. Altra manifestazione di questa mentalità, per il cardinale, “si manifesta nella tendenza ad affermare che la Chiesa non è e non deve essere soggetta al potere dell’autorità civile, come gli altri cittadini, ma che possiamo e dobbiamo gestire tutte le nostre questioni all’interno della Chiesa governati esclusivamente dal diritto canonico, e addirittura giungere a considerare l’intervento dell’autorità civile come un’indebita ingerenza che, in questi tempi di crescente secolarismo, sembra avere tinte di persecuzione contro la fede”. “Dobbiamo riconoscere questa crisi in profondità, riconoscere che il danno non è fatto da esterni, ma che i primi nemici sono all’interno, tra i vescovi, i sacerdoti e le persone consacrate che non siamo stati all’altezza della nostra vocazione”, il mea culpa del relatore: “Dobbiamo riconoscere che il nemico è dentro”. “Il ruolo svolto dalla stampa, dai media e dai social network – l’omaggio di Salazar – è stato molto importante nell’aiutarci a non scansare ma ad affrontare la crisi. I media svolgono un lavoro prezioso in questo senso che deve essere sostenuto”.

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Fonte: Sir