Papa all’udienza: “È importante custodire i diritti lavorativi di tutti”

Papa Francesco ha concluso l'udienza di oggi con un appello per i lavoratori di AirItaly e un invito a "custodire i diritti lavorativi di tutti". Al centro della catechesi, la tenerezza di Dio, che "non si spaventa del nostro passato". Invita a pregare per i carcerati - "non possono esserci condanne senza una finestra di speranza" e per le popolazioni delle Isole di Tonga.

Papa all’udienza: “È importante custodire i diritti lavorativi di tutti”

“Saluto i lavoratori della Compagnia aerea AirItaly, ed auspico che la loro situazione lavorativa possa trovare una positiva soluzione, nel rispetto dei diritti di tutti, specialmente delle famiglie”. È l’appello del Papa, al termine dell’udienza di oggi in Aula Paolo VI, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì con i fedeli.

“È importante custodire i diritti lavorativi di tutti”,

ha proseguito Francesco, che poi ha  ricordato, come aveva fatto anche in diversi saluti nelle altre lingue, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, iniziata ieri: “Ci invita a chiedere al Signore con insistenza il dono della piena comunione tra i credenti”. Poco prima, l’invito a pregare per le popolazioni delle Isole di Tonga, colpite nei giorni scorsi dall’eruzione del vulcano sottomarino. Continuando il ciclo di catechesi sulla figura di San Giuseppe, il Papa si è soffermato sulla virtù paterna della tenerezza, al centro della parabola del padre misericordioso narrata nel Vangelo di Luca.

“La tenerezza è qualcosa di più grande della logica del mondo. È un modo inaspettato di fare giustizia”,

ha esordito: “Dio non si spaventa dei nostri peccati. Non è spaventato dai nostri peccati: dai nostri errori, dalle nostre cadute, ma è spaventato dalla chiusura del nostro cuore, dalla nostra mancanza di fede nel suo amore. C’è una grande tenerezza nell’esperienza dell’amore di Dio. Ed è bello pensare che il primo a trasmettere a Gesù questa realtà sia stato proprio Giuseppe”. Poi, a braccio, ha raccontato l’esperienza di un gruppo di giovani, che “sono stati colpiti dalla parola del Padre misericordioso e hanno deciso di fare un’opera di teatro pop con questa storia. E l’hanno fatta bene”. “Alla fine – ha proseguito Francesco – c’è un amico che ascolta figlio che si era allontanato dal padre e che voleva tornare a casa, ma aveva paura che il papà lo cacciasse via e lo punisse. E l’amico gli dice: ‘Manda un messaggero, e dì che tu vuoi tornare a casa. E se papà ti accetta, che metta un fazzoletto bianco alla finestra, così tu lo vedrai da lontano’. Così è stato fatto, e l’opera continua fino al momento in cui il figlio entra nella strada finale e si vede la casa. Alza gli occhi e vede la casa piena di fazzolettini bianchi”. “Così è la misericordia di Dio”, ha commentato il Papa:

“Non si spaventa nostro passato, delle nostre coese brutte, soltanto si spaventa della chiusura. Tutti noi abbiamo conti da risolvere, ma fare i conti con Dio è una cosa bellissima, perché noi cominciamo  parlare e lui ci abbraccia. La tenerezza”.

“Il Signore non ci toglie tutte le debolezze, ma ci aiuta a camminare con le debolezze prendendoci per mano. Prende per mano noi con le nostre debolezze”. Perché la tenerezza, ha spiegato Francesco, “non è prima di tutto una questione emotiva o sentimentale”: “consiste nel vedere la potenza di Dio passare proprio attraverso ciò che ci rende più fragili; a patto però di convertirci dallo sguardo del maligno, che ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità”. “È la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi”, ha assicurato il Papa:

“Guardate come gli infermieri e le infermiere toccano le ferite degli ammalati: con tenerezza, per non ferirli di più. Così il Signore tocca le nostre ferite, con la tenerezza”.

“Dio perdona sempre, anche le cose più brutte: siamo noi che ci stanchiamo di perdere perdono”, ha ripetuto Francesco: ”È importante incontrare la misericordia di Dio, specie nel sacramento della riconciliazione, facendo un’esperienza di verità e tenerezza”, l’invito. “Paradossalmente anche il maligno può dirci la verità, ma, se lo fa, è per condannarci”, ha fatto notare il Papa: “Il Signore invece tende la mano per salvarci. Noi sappiamo che la verità che viene da Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene, ci perdona”.

“Senza questa rivoluzione della tenerezza rischiamo di rimanere imprigionati in una giustizia che non permette di rialzarsi facilmente e che confonde la redenzione con la punizione”,

il monito del Santo Padre, che al termine della catechesi ha ricordato in modo particolare “i nostri fratelli e le nostre sorelle che sono in carcere”. “È giusto che chi ha sbagliato paghi per il proprio errore, ma è altrettanto più giusto che chi ha sbagliato possa redimersi dal proprio errore”, ha ribadito Francesco, secondo il quale

“non possono esserci condanne senza una finestra di speranza:

qualsiasi condanna ha sempre una finestra di speranza”. “Pensiamo ai nostri fratelli e sorelle carcerati, e preghiamo per loro, perché trovino in quella finestra di speranza una via di uscita verso una vita migliore”, l’esortazione ai presenti.

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Fonte: Sir