Papa negli Emirati Arabi Uniti. Don Cottini (Pisai), “importante che il mondo musulmano veda nel Papa un uomo di pace”

Don Valentino Cottini (Pisai) racconta al Sir le prospettive del viaggio di Papa Francesco negli Emirati Arabi: “Ha un’importanza unica. È la prima volta in assoluto che il capo della Chiesa cattolica sbarca nella penisola araba. Non possiamo dimenticare che la penisola araba è la culla e il santuario dell’Islam, dove per secoli si è sostenuto che potessero mettervi piede solo i musulmani”

Papa negli Emirati Arabi Uniti. Don Cottini (Pisai), “importante che il mondo musulmano veda nel Papa un uomo di pace”

Visita storica di Papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti. E attesa per l’incontro del Santo Padre con il “Muslim Council of Elders” a cui seguirà la partecipazione alla “Global Conference of Human Fraternity”. Si prospettano giorni particolarmente intensi sul fronte del dialogo con l’islam: nei giorni 3 e 4 febbraio, in concomitanza con il viaggio del Papa, si svolgerà ad Abu Dhabi, sotto il patronato di Sua Altezza Sheikh Mohammed bin Zayed Al Nahyan, principe ereditario di Abu Dhabi una Conferenza “globale” sulla “fratellanza umana”. Tra i partecipanti – leader religiosi e intellettuali – figurano il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit, il segretario generale dell’Organizzazione della cooperazione islamica, dr. Yousef bin Ahmad Al-Othaimeen, e il cardinale Bechara Boutros Al Rahi, patriarca della Chiesa cattolica maronita in Libano. Secondo l’agenzia di stampa “wam.ae”, il sultano Faisal Al Remeithi, segretario generale del Consiglio musulmano degli anziani, ha dichiarato: “La Conferenza globale servirà da forum intellettuale per permetterci di ascoltare la voce della ragione e della saggezza umane indipendentemente dalla razza e identità religiosa e rafforzerà anche i concetti di cittadinanza e convivenza pacifica tra le comunità”. Ma che cosa è il “Muslim Council of Elders”? In quale contesto islamico si ritroverà Papa Francesco? Perché andare proprio ad Abu Dhabi? Per capire meglio i risvolti del viaggio apostolico, il Sir è andato al Pisai (Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica) di Roma ed ha posto queste domande a don Valentino Cottini, docente di relazioni islamo-cristiane, già preside dell’Istituto e direttore della rivista “Islamochristiana”.

Quale Islam incontrerà Papa Francesco ad Abu Dhabi? E che cos’è il “Muslim Council of Elders” che organizza la “Conferenza globale sulla fratellanza umana”?

Credo sia bene precisare che il Papa non incontrerà l’Islam ma dei musulmani, persone concrete che condividono l’espressione maggioritaria dell’Islam, quella sunnita.

Il “Consiglio islamico degli anziani” è un’organizzazione internazionale, relativamente indipendente, nata nel 2014 e basata negli Emirati Arabi Uniti. Riunisce leader che rappresentano soprattutto l’Islam tradizionale, contrario agli estremismi e alla violenza e che si prefigge come scopo la diffusione dei valori umani e universali dell’Islam. Nell’Islam sunnita non esiste un’unica autorità riconosciuta da tutti i musulmani ma istituzioni e personalità autorevoli, ascoltate anche al di là delle rispettive comunità rappresentate. La più conosciuta, e probabilmente la più ascoltata, è il presidente di questo “Consiglio”, il Grande Imam dell’Università al-Azhar del Cairo, Ahmed al-Tayyib, che il Papa attuale ha già incontrato e abbracciato più volte, in Vaticano e al Cairo, e che incontrerà ancora una volta nel prossimo viaggio.

La “politica dell’incontro” è una caratteristica peculiare di Papa Francesco, che ama meno parlare di problemi teologici mentre è più attento ai rapporti interpersonali.

Perché andare ad Abu Dhabi? 
Questo viaggio ha un’importanza unica. È la prima volta in assoluto che il capo della Chiesa cattolica sbarca nella penisola araba. Invitato, certo, dal principe ereditario degli Emirati, Mohammed bin Zayed al-Nahyan, in cerca anche di un palcoscenico mondiale che sdogani l’immagine di chiusura religiosa del suo Paese.

Ma non possiamo dimenticare che la penisola araba è la culla e il santuario dell’Islam, dove per secoli si è sostenuto che potessero mettervi piede solo i musulmani. Le situazioni e la storia cambiano. Gli Emirati non sono l’Arabia Saudita, benché siano alleati e confinanti; non hanno i santuari della Mecca e di Medina, che rappresentano il cuore dell’Islam e che frenano politicamente e religiosamente possibili aperture da parte di quella monarchia, che è erede di una delle interpretazioni più chiuse della galassia islamica. La politica di tolleranza da parte degli Emirati, favorita anche dalla fortissima immigrazione di mano d’opera internazionale, si presenta come un’ottima occasione per stabilire nuovi ponti con l’Islam in un momento assai delicato dei rapporti tra le due religioni: la pace mondiale dipende “anche” dalla pace tra cristiani e musulmani.

Dialogo con l’Islam e “Fratellanza Umana”: quale contributo questo dialogo può dare per la pace, la lotta all’estremismo, il ruolo delle religioni e soprattutto la libertà religiosa nel mondo?

È estremamente importante che il mondo musulmano veda nel Papa un uomo di pace, non il capo dei “crociati”. Già questa immagine è diffusa, ma il fatto che egli sia invitato, accolto, abbracciato da un nutrito gruppo di guide musulmane autorevoli rafforza questa percezione. D’altra parte, la condivisione dell’umanità è la base su cui si innestano poi le differenti visioni religiose. Non è facile accettare la differenza tra fratelli, ma ciò non mette in discussione che la fraternità ci sia.

Speranza o realismo: con quale stato d’animo vanno letti questi eventi?
Questo evento è una realtà di speranza! Certo, di strada da fare ne rimane molta, e non solo da parte musulmana! Episodi di islamofobia e di cristianofobia si ripeteranno, perché gli incontri al vertice non sono certo il tutto del dialogo islamo-cristiano. Il cammino è lungo, difficile, accidentato; conosce avanzamenti, battute d’arresto e regressioni. Già il card. Tauran temeva che i piccoli passi a livello di élite non si traducessero poi in leggi e arrivassero a livello della strada.

Ma di incontri come questo c’è assoluto bisogno, perché rimangono punti di riferimento, pioli conficcati nella storia. La speranza è che i cristiani e i musulmani “della strada” vedano e imparino.

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Fonte: Sir