Salmo 127. Quanto è difficile essere genitori amando come ci ama Dio?

Non possiamo vantarci di nulla, tutto è Grazia, tutto è dono e con quanto fervore Gesù ci ha raccomandato di non dimenticarlo.

Salmo 127. Quanto è difficile essere genitori amando come ci ama Dio?

“Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella” (v. 1) Non è necessario essere carichi di anni per condividere l’incipit del Salmo 127. In tutta la Bibbia risuona come un’eco ricorrente l’invito a riconoscere che senza il Signore non possiamo fare nulla, che è lui il santo, il misericordioso, colui che perdona e noi solo in lui possiamo vivere secondo i sentimenti di Gesù e compiendo le sue opere. Anche la lettera agli Ebrei sembra richiamarsi proprio a questo salmo: “ogni casa viene costruita da qualcuno, ma colui che ha costruito tutto è Dio” (Eb 3,4). Se guardo le pareti di questa sala, i libri e i dvd che negli anni si sono accumulati che merito ho di tutti questi beni che pure significano passioni di per sé positive? E se dal balcone allungo lo sguardo verso il Cupolone che ancora è illuminato, a che debbo tutto questo? La bellezza struggente e fragile della Città Eterna, il formicolare di vita che anima questo quartiere, la pace che vige fra queste strade in riva al Tevere? Ho qualche merito da accampare rispetto ai fratelli che soffrono assediati dall’artiglieria di nemici invisibili? Ogni nostro sforzo per il bene non sarebbe vano se la mano provvidente del Signore non ci stesse preservando dal male? E che abisso di mistero se, con una timida preghiera – che non tracimi mai nella scaramanzia apotropaica! – chiedo a Dio perché a noi sono risparmiate le croci che milioni di persone nel mondo patiscono nelle forme delle guerre, delle malattie, della fame e di ogni morte innocente fisica o spirituale? “Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare, voi che mangiate un pane di fatica: al suo prediletto egli lo darà nel sonno”. Non possiamo vantarci di nulla, tutto è Grazia, tutto è dono e con quanto fervore Gesù ci ha raccomandato di non dimenticarlo chiedendoci di non preoccuparci per la nostra vita e di guardare i gigli del campo (Mt 6, 25-32)? Quanto ancora, soprattutto noi uomini e donne dell’Occidente, vittime di un capitalismo malato e onnivoro, abbiamo da convertire il nostro cuore e distoglierlo dall’idolo del lavoro e del profitto?! Quante volte al giorno dovremmo ricordarci, mentre ci affanniamo dietro qualunque dettaglio della nostra agenda fitta di impegni, che non possiamo allungare di un minuto la nostra vita, che ogni nostro respiro è affidato ad un disegno che mai potrà dipendere dal nostro comportarci secondo l’imperativo e il dover essere che ci siamo imposti? Non si tratta di abbandonarsi “alla pigrizia o ad un provvidenzialismo irresponsabile” – secondo una felice espressione dell’esegeta Ludwig Monti – ma di vivere davvero come figli affidati alla volontà di un Padre che ci ama. E la dimensione della paternità è ciò a cui il salmo ci riconduce. “Ecco, eredità del Signore sono i figli, è sua ricompensa il frutto del grembo. Come frecce in mano a un guerriero sono i figli avuti in giovinezza. Beato l’uomo che ne ha piena la faretra: non dovrà vergognarsi quando verrà alla porta a trattare con i propri nemici”. (vv 3-5). Qualche giorno fa, la nostra seconda figlia ha compiuto diciotto anni e anche se so che può sembrare banale, a me non sembra vero che sia già così grande anche lei. Attorno ad una torta fatta dalla sorella minore, con questa doppia cifra che ancora mantiene il valore simbolico della maggiore età, posano tutti e quattro i ragazzi. Guardo e riguardo la loro fotografia e mi domando a che debbo tale sovrabbondante misericordia? Chiedo al Signore di preservare me e mia moglie dalla smania del possesso, di ricordarci le celebri parole del poeta Gibran che chiosa il verso del salmo. Non sono nostre: queste quattro vite sono frecce di Dio, che lui ha scoccato attraverso l’arco del nostro amore, ma che ci chiede di lasciare vibrare secondo traiettorie che la nostra mente non può pretendere di prevedere e tanto meno di condizionare. Quanto è difficile essere genitori amando come ci ama Dio? Chiedo ancora a Giuseppe di Nazareth di intercedere perché nessuno come lui ha saputo essere padre nella libertà. Fa’ o Signore che sempre più giovani possano scoprire la meraviglia di divenire padri e co-creatori di vita negli anni della loro giovinezza, senza aspettare quando anche la natura fatica a rendersi feconda. Aiutaci, Padre, a sentirci tutti “servi inutili” eppure fecondamente corresponsabili, padri e figli, fratelli in Cristo, dell’unica famiglia che è la Chiesa, popolo in cammino verso una casa non costruita da mani d’uomo.

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Fonte: Sir