Salmo 15. Una composizione concentrica sapienziale che aiuta chi prega a vivere secondo la volontà del Signore

L’uomo retto, quello che ogni padre può desiderare che diventi suo figlio, è colui che non vive soluzione di continuità fra cuore, lingua e azioni.

Salmo 15. Una composizione concentrica sapienziale che aiuta chi prega a vivere secondo la volontà del Signore

Il Salmo 15 è detto anche “salmo della porta” perché introduce ad un’architettura che come uno ziggurat babilonese (quella costruzione a gradoni verso l’alto) si compone dei salmi fino al 24. Una composizione concentrica sapienziale che aiuta chi prega a vivere secondo la volontà del Signore. Ancora una volta possiamo immaginare un padre che raccoglie i membri della sua famiglia attorno a questi pochi versi e li invita a farli propri, a ripeterli spesso, come un memoriale, uno stimolo perché la chiesa domestica – e poi, allargando il cerchio, anche la comunità – rifletta come in una piccola liturgia sul modo in cui le viene chiesto di vivere i giorni, illuminata dalla Parola di Dio. “Signore, chi abiterà nella tua tenda? Chi dimorerà sulla tua santa montagna? Colui che cammina senza colpa, pratica la giustizia e dice la verità che ha nel cuore” (vv. 1-2). Quanto è importante nella spiritualità ebraico-cristiana per essere in relazione con Dio, per vivere sotto la sua stessa tenda, sul suo monte, sperimentare esistenzialmente quanto si professa! La giustizia non è qualcosa di astratto, un’utopia che si infrange di fronte alle nostre debolezze, ma una meta possibile. Possiamo voltare pagina dopo aver commesso una colpa, ciò che conta è la verità del cuore che si alimenta nell’ascolto, ben prima e ben più che negli olocausti e nei sacrifici come tanti profeti, da Amos (Am 5, 16.21-24) a Geremia (Ger 7, 21-23), hanno ripetuto molte volte.

L’uomo retto, quello che ogni padre può desiderare che diventi suo figlio, è colui che non vive soluzione di continuità fra cuore, lingua e azioni: “non sparge calunnie con la sua lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulti al suo vicino” (v. 3). Una persona risolta, che non sperimenta la doppiezza come i grandi patriarchi quali Abramo e Mosè, graditi a Dio per la loro trasparenza. E poi i suggerimenti per la felicità – perché questa è la Torah, la legge per ogni ebreo osservante – proseguono: “Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Signore. Anche se ha giurato a proprio danno, mantiene la parola” (v. 4). Di nuovo è forte la sottolineatura nell’ambito della comunicazione interpersonale e questo ci interpella fortemente ancora oggi. L’importanza, sacrale, potremmo dire, della parola data. Siamo ancora capaci di questa onestà? Viviamo in un mondo che è tutto relazione e comunicazione simultanea, ma che valore hanno le parole che ogni giorno scriviamo o registriamo in Rete, sui nostri social, nelle nostre mail? Eppure “la legge regale”, “la regola d’oro” anche per Gesù, è tutta qua: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Mt 7, 12; Lc 6,31)

E ancora: il giusto “non presta il suo denaro a usura e non accetta doni contro l’innocente” (v. 5). Regole basilari, molto concrete e non fraintendibili, ma oggi così fuori moda e controcorrente rispetto alle logiche dell’alta finanza che sembrano regolare gli scambi (e le ingiustizie!) che si consumano fra i pochi ricchi e i tanti diseredati del mondo”. Eppure “colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre” (v. 6) e noi custodiamo la promessa di Gesù che è così, che la realtà non è quella a cui spesso i nostri occhi rassegnati possono abituarsi. Egli fa nuove tutte le cose – come recita l’Apocalisse proclamata nella liturgia domenicale – è Lui stesso ormai la tenda, il monte, la Via, la Verità e la Vita: non abbiamo più da cercare dove adorarlo, come ha detto Gesù alla Samaritana (Gv 4, 21-23). Anzi, il culto – senza nulla togliere alla liturgia – si attua nel nostro vivere con e per i fratelli; il tempio di Dio è il nostro corpo (2Cor 6,16) e la famiglia è un luogo privilegiato in cui sperimentare la comunione, affinché poi, per cerchi concentrici lambisca tutti coloro che incontreremo per strada e il cui cuore chiede in modo forte o sommesso: “Dove abita il tuo Dio?!”

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Sir