Salmo 48. Il salmo ci invita alla necessità di vivere ogni chiesa come il luogo in cui rivolgersi direttamente a Dio

Noi siamo in un atteggiamento di ascolto della Parola e accoglienza del corpo di Gesù nelle nostre chiese?

Salmo 48. Il salmo ci invita alla necessità di vivere ogni chiesa come il luogo in cui rivolgersi direttamente a Dio

Anche il Salmo 48, come il 46, potrebbe avere origine dai fatti storici che videro la città di Gerusalemme resistere agli attacchi dei nemici, ma nel tempo, da “storico” esso è diventato un canto liturgico di lode. “Grande è il Signore e degno di ogni lode nella città del nostro Dio” (v. 2). Segue la descrizione di Gerusalemme, posta sul monte Sion come città santa che per i cristiani è da sempre prefigurazione della Chiesa. La città è bella (“La tua santa montagna, altura stupenda, è la gioia di tutta la terra” vv. 2-3) e poi è forte (“un baluardo si è dimostrato” v. 4). Il salmista descrive poi come i nemici si sono fermati di fronte alle mura di Gerusalemme, (atterriti, presi dal panico, sono fuggiti”, v 6). Sono immagini drammatiche: “Là uno sgomento li ha colti, doglie come di partoriente, simile al vento orientale, che squarcia le navi di Tarsis” (vv. 7-8). Espressioni che attingono sia alla vita domestica, sia a quella commerciale coprendo lo spettro completo della vita dell’uomo che non può non confrontarsi con Dio. Chi prega, attesta questa verità e il bisogno di testimoniarlo: “Come avevamo udito, così abbiamo visto” (v. 9). Infine ecco il verso per noi centrale: “O Dio, meditiamo il tuo amore dentro il tuo tempio” (v. 10). Per il popolo di Israele frequentare il tempio era naturale; dobbiamo, invece, considerare quanto per noi cristiani ciò sia sempre meno scontato e il culto religioso vissuto nelle chiese sparse per il mondo necessiti continuamente di essere ravvivato dal soffio dello Spirito, perché davvero sia un dialogo individuale e assembleare con Dio. Il verso potrebbe anche essere tradotto “accogliamo il tuo amore” e questo è servito agli esegeti cristiani per porre mente al passo evangelico in cui l’anziano Simeone accoglie Gesù Bambino per la presentazione al Tempio. Noi siamo in un atteggiamento di ascolto della Parola e accoglienza del corpo di Gesù nelle nostre chiese? Una domanda da porsi individualmente ma anche come famiglia stessa che in chiesa si unisce alle altre famiglie della comunità. I ragazzi fino alla cresima frequentano, per esempio, la chiesa, in modo diverso da quando sono adolescenti e possono vivere momenti di discernimento, stanchezza o anche ribellione rispetto a quello che hanno dato per normale fino a quel periodo. Quando, poi, per esempio, a frequentare la chiesa sono solo i nonni o i genitori, la famiglia riesce a farsi tramite fra il culto e la quotidianità? Il salmo ci invita alla necessità di vivere ogni chiesa come il luogo in cui rivolgersi direttamente a Dio, ma aperta anche all’esterno perché la preghiera stessa di uno, possa uscire e raggiungere la città e le stesse persone che non frequentano l’edificio di culto. Anche i pochi, spesso anziani, che sono assidui ad una frequenza quotidiana con l’Eucarestia, intercedono per i tanti che hanno rarefatto o perso del tutto la loro vita religiosa. Abbiamo bisogno di meditare l’amore di Dio e di estendere il significato del verbo a “condividere” questo amore. Infatti il salmo così prosegue: “Come il tuo nome, o Dio, così la tua lode si estende sino all’estremità della terra; di giustizia è piena la tua destra” (v 11). Passare in rassegna le torri della città, come un corteo trionfale (v. 13) può oggi non trasmetterci un significato speciale ma resta il costante invito alla trasmissione dai grandi ai piccoli: “passate in rassegna le sue fortezze per narrare alla generazione futura: questo è Dio, il nostro Dio in eterno e per sempre; egli è colui che ci guida in ogni tempo” (vv 14-15). Con la precisazione che questo “in ogni tempo” potrebbe essere tradotto anche con “oltre la morte” affidando, dunque, al finale della preghiera la dimensione salvifica della nostra fede.

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Fonte: Sir