Salmo 87. Siamo bisognosi - sempre e non una volta ogni tanto - del perdono del Padre che ci rigenera per proseguire la sequela comunitaria

I cristiani sanno di essere membra dell’unico Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma sanno anche di dover convertirsi ogni giorno per vivere in pienezza la verità di questa dimensione esistenziale.

Salmo 87. Siamo bisognosi - sempre e non una volta ogni tanto - del perdono del Padre che ci rigenera per proseguire la sequela comunitaria

Si chiama “famiglia di famiglie” quella porzione di popolo di Dio che raduna attorno allo stesso altare le chiese domestiche nate con ogni matrimonio. I cristiani sanno di essere membra dell’unico Corpo di Cristo che è la Chiesa, ma sanno anche di dover convertirsi ogni giorno per vivere in pienezza la verità di questa dimensione esistenziale. Così come a tavola, una famiglia con almeno due figli, non può esser certa di arrivare al caffè senza alcun contrasto, così la vita ecclesiale non può escludere che i fratelli, pur con le migliori intenzioni, si scontrino con la fragilità dei propri peccati. Siamo nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si concluderà mercoledì, 25 gennaio, in coincidenza (come ogni anno) con la festa della conversione di San Paolo. Il primo modo per mettersi in un atteggiamento di preghiera è confessare le lentezze e durezze di cuore, con cui, ogni giorno, viviamo l’essere fratelli e sorelle in Cristo, nell’ascolto della Parola, nello spezzare il pane, nel perdonarsi reciprocamente ed esercitare la carità, con particolare predilezione per i più poveri. Siamo bisognosi – sempre e non una volta ogni tanto – del perdono del Padre che ci rigenera per proseguire la sequela comunitaria. Accorgerci delle nostre fragilità e di come esse spesso sono occasione di ferire l’altro o quanto meno di non accoglierlo ed ascoltarlo secondo le sue aspettative è un presupposto fruttuoso per andare, con intelligenza e spirito orante, all’origine delle cause che, su scala via via più alta, andando a ritroso nei secoli, hanno tragicamente lacerato la storia del Cristianesimo, generando le ferite che, non certo per volontà di Dio, ancora oggi “scandalizzano” il mondo, ovvero la divisione fra cattolici, ortodossi e confessioni della Riforma. È una “Dio-incidenza” commovente che proprio questa settimana tocchi al Salmo 87 essere oggetto della nostra lettura settimanale, perché è uno dei canti più brevi eppure più commentati dall’esegesi per la sua bellezza poetica e per il suo significato. Ma ascoltiamo il suo incipit: “Sui monti santi egli l’ha fondata; il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe. Di te si dicono cose gloriose, città di Dio!” (vv. 3-4). Possiamo riconoscere le parole di un poeta letteralmente innamorato della sua città, per cui inizia, in medias res elogiandone le fondamenta e le porte, chiaramente una parte per il tutto, figura retorica da sempre presente nella letteratura, non solo ebraica. Ma questa città, non è una città qualsiasi: è Gerusalemme! La città per eccellenza, il luogo che in ogni tempo, ma in particolare dopo l’esilio di Israele, ha significato e significa la fedeltà di Dio alle sue promesse, la sua volontà di non abbandonare un popolo che, pure, tante volte lo ha tradito, non seguendo i suoi insegnamenti, dettati per amore. “Iscriverò Raab e Babilonia fra quelli che mi riconoscono; ecco Filistea, Tiro ed Etiopia: là costui è nato. Si dirà di Sion: L’uno e l’altro in essa sono nati e lui, l’Altissimo, la mantiene salda” (v. 5). Come se il salmista fosse colui che deve stilare un censimento, egli annuncia una verità sorprendente: anche le grandi potenze, che da sempre e per sempre hanno minacciato ed oppresso Israele, ovvero gli Egiziani (Raab) e i Babilonesi; i popoli di commercianti del Nord, ossia i filistei e i fenici di Tiro e, infine, gli Etiopi, cioè coloro che rappresentano tutti i popoli africani a sud della Palestina, tutti, ai quattro punti cardinali, “sono nati là”, cioè non solo vengono inclusi, ma è come se da sempre fossero stati pensati dall’Altissimo come un unico popolo, in pace, entro le mura della città santa. “Il Signore registrerà nel libro dei popoli: Là costui è nato” (v. 6). Allora possiamo lodare Dio e riconoscere che il suo disegno d’amore per l’uomo non aveva previsto divisione alcuna, non avrebbe voluto guerre, mai! E non solo fra noi che ci riconosciamo figli adottivi del Padre in Cristo Gesù, ma ancor prima il popolo eletto, gli Ebrei e tutti gli altri popoli, a qualunque religione appartenga! E noi oggi, nel 2023, fiaccati, non solo dalla guerra fratricida in Ucraina, ma anche da mille altre guerre nel mondo dimenticate dai nostri mass media, ma definite da Papa Francesco “la terza guerra mondiale a pezzi…”, noi ancora arranchiamo nei tortuosi sentieri dell’ecumenismo fra le confessioni cristiane e nel lento cammino del dialogo interreligioso! Eppure è questa la volontà del nostro Dio: essere padre di tutti i popoli, senza distinzione alcuna! Possiamo assecondare il sogno del Signore? Sì, certo che sì, secondo il tema scelto quest’anno per la settimana di preghiera, possiamo imparare a fare il bene e a cercare la giustizia! (Isaia 1, 17). Un futuro diverso e possibile e in quel giorno, quando la pace sarà in ogni cuore, potremo mettere sulle nostre labbra lo stupendo ultimo verso del Salmo 87: “E danzando canteranno: Sono in te tutte le mie sorgenti” (v.7).

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Fonte: Sir