Santi Pietro e Paolo, “le chiavi e la spada”

Il 29 giugno ricorre la memoria liturgica dei Santi Pietro e Paolo, patroni della diocesi di Roma. Per l'occasione il Sir ospita una riflessione di padre Frederic Manns, francescano, presbitero e biblista francese - tra i massimi esperti del rapporto tra giudaismo e cristianesimo nei primi secoli - è professore di Ermeneutica e Storia dell’esegesi ebraica presso la Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia di Gerusalemme (Studium Biblicum Franciscanum). Con lui ripercorriamo i luoghi e le vite dei due apostoli che a Roma trovarono il martirio.

Santi Pietro e Paolo, “le chiavi e la spada”

I luoghi legati a San Pietro in Terra Santa sono tanti. Anzitutto il “suo” lago di Genesareth, Cafarnao con la sua casa. Il monte Tabor dove fu testimone della trasfigurazione di Gesù. Ma anche Cesarea di Filippi dove fece la sua professione di fede, e Cesarea marittima dove, secondo la tradizione cristiana degli Atti degli Apostoli, Pietro battezzò il centurione Cornelio accogliendo di fatto per la prima volta accolse un pagano nella primitiva comunità degli Apostoli.

Il Lago di Galilea è anche il luogo del primato di Pietro. Nella cittadina di Giaffa, dove i seguaci della Via crescevano giorno dopo giorno, Pietro esercita la sua fede carismatica resuscitando Tabitá, una giovane discepola, che da qualche tempo aveva aderito alla fede e improvvisamente da una strana malattia era morta in poco tempo. E poi Gerusalemme dove visse con il suo Maestro i giorni della Morte e Risurrezione. Ai pellegrini che la visitano, fa impressione la roccia di Cesarea di Filippi che si trova sulla grotta del Dio Pan. Aiuta a capire quel testo del profeta Isaia che presenta Pietro come il nuovo Abramo: “Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro Padre e a Sara che vi ha partorito” (Is. 51, 1-2).

A Gerusalemme, Paolo, l’intellettuale fariseo di Tarso, passò alcuni anni a studiare la Torah di Mosè, presso la scuola di Rabban Gamaliele. L’archeologo ebreo Dan Bahat pensa di aver identificato la Yeshivah di Gamaliele, cioè l’istituzione educativa ebraica basata sullo studio dei testi religiosi tradizionali. Gamaliele insegnava sulle scale che portavano al Tempio secondo una tradizione talmudica. Tale scala fu riportata alla luce dal prof. Mazar dell’Università di Gerusalemme.

Un altro luogo caratterizzato dalla presenza di Paolo è la fortezza Antonia. Fatta costruire da Erode il Grande, controllava il lato nordoccidentale del tempio di Gerusalemme. Poteva ospitare un distaccamento di mille soldati pronti ad intervenire in caso di tumulti. Gli Atti degli Apostoli ci ricordano al capitolo 23 che l’intervento dei soldati romani guidati dal tribuno Claudio Lisia scongiura da una parte il linciaggio di Paolo, dall’altra segna l’inizio della sua prigionia. Da quel momento Paolo sarà prigioniero.
Anche lui incatenato, come Pietro, sottoposto al giudizio del tribuno che cerca di accertare la sua identità e che lo fa tradurre nella fortezza Antonia affinché sia interrogato(At 12,6).
Per salire quei gradini Paolo deve essere scortato dai soldati tra due ali di una folla a lui ostile. Gli archeologi israeliani pensano di aver identificato con precisione il luogo della fortezza. E anche Paolo, come Pietro è legato Cesarea marittima.

In questa cittadina, l’apostolo delle genti vi soggiornò spesso, e vi anche fu imprigionato per due anni prima di essere trasferito a Roma. Il capitolo 26 degli atti racconta le vicissitudini giudiziarie di Paolo, e in particolare come questi abbia sfruttato la sua cittadinanza romana per appellarsi al giudizio di Cesare ed essere così inviato a Roma.
Gli ultimi scavi di Cesarea marittima sono impressionanti. L’area dell’antica Cesarea si estende per circa tre chilometri sul mare ed è ancora oggetto di campagne di scavo. Sotto Erode il Grande, Cesarea divenne una splendida città. L’acquedotto convogliava le acque del monte Carmelo, e in quella cittadina era possibile trovare il Foro, l’Ippodromo, l’Anfiteatro e le mura che circondavano e chiudevano la città. Una piccola metropoli che in seguito divenne anche sede dei Procuratori di Roma tra i quali lo stesso Ponzio Pilato. Nel Teatro romano, completamente rimaneggiato, è stata trovata una lapide sulla quale appare il suo nome (Ponzio Pilato) ed è l’unica prova dell’esistenza del procuratore romano.

Detto questo, non c’è dubbio che la storia e la personalità di Paolo sono diverse da quelle di Pietro. Bisogna percorrere Cipro, la Grecia e l’Asia Minore per capire la differenza tra i due giganti della fede. La storia di Paolo di Tarso è una storia di conversione o di illuminazione.

Di famiglia aristocratica, uomo colto, non ha fatto diretta conoscenza del Gesù storico, ma lo ha certamente “incontrato” sulla via per Damasco. Accecato da una grande luce udì la voce del Signore che lo incalzava con parole indimenticabili: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (Atti 9,1-9). Una domanda che segna in maniera assoluta l’inizio del cambio di percorso di quell’uomo cui Dio darà anche un nome nuovo trasformandolo da Saulo in Paolo, e da persecutore dei cristiani a predicatore del messaggio di Cristo agli Ebrei e ai pagani. Nel corso dei secoli San Pietro e San Paolo sono stati trattati come inseparabili.

Il primo con le chiavi nella mano, il secondo con la spada della Parola e del martirio.

La tradizione sostiene che Paolo e Pietro fossero a Roma negli stessi anni e che ebbero la possibilità di incontrarsi e predicare il Vangelo insieme. Sicuramente entrambi morirono come martiri, Paolo ucciso con la spada e Pietro con la crocifissione. Tra i due grande rispetto ma anche grande libertà. La libertà di esprimere il proprio pensiero, cosa che Paolo non manca di evidenziare nella lettera ai Galati. Paolo racconta il suo viaggio a Gerusalemme, il suo incontro con Pietro e come da lui stesso abbia ricevuto la missione di andare tra i pagani. Paolo non fa mistero della sua obbedienza, riconosce in Pietro una colonna e un’autorità e rispetta il suo volere. “Riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi” (Gal 2, 9). Allo stesso modo, non avrà remore nel mettere in evidenza anche lo scontro a viso aperto con Pietro. Un confronto avvenuto ad Antiochia in seguito alla chiusura di Pietro nei confronti dei pagani, che a detta degli anziani, non erano circoncisi. Luca non ne fa cenno negli Atti.

E se Paolo dimostra tutta la forza universale del suo messaggio, Pietro, dal canto suo, accettando la correzione, si dimostra pronto a fare un passo indietro proponendosi come fulgido esempio di dialogo.

La grazia non cambia la natura. Pietro e Paolo ci invitano a ritornare in Terra Santa non solo per consegnare la raccolta fra le Chiese dell’Asia e della Grecia per la madre di tutte le Chiese che conosce momenti difficili, ma per renderci conto che anche le pietre, da queste parti, parlano e raccontano la storia, e la vita.

Frédéric Manns

Studium Biblicum Franciscanum, Gerusalemme

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Fonte: Sir