Tempo di Avvento, tempo per vigilare. Da Francesco l’impegno a non essere “cristiani addormentati”

Cogliamo l’invito, in questa prima domenica di Avvento, a “alzare il capo”, e guardare anche le crisi e le ferite del tempo in cui viviamo.

Tempo di Avvento, tempo per vigilare. Da Francesco l’impegno a non essere “cristiani addormentati”

Inizia, con questa domenica, il cammino di Avvento, come dire, il tempo e la storia individuati nel loro momento finale, come leggiamo in Luca e nelle parole di Geremia, la prima lettura: verranno giorni nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele. Cammino che il credente è chiamato a ripercorrere nella pazienza, nella speranza e nell’attenzione ai segni della salvezza. Con Luca possiamo dire che l’atteggiamento che caratterizza questo tempo è la pazienza; l’attesa della realizzazione delle promesse di bene, pazienza in vista di quel “risollevatevi e alzate il capo”.

Chi entra in casa nostra ammiri noi piuttosto che le suppellettili” scriveva Seneca. Come dire, siamo sommersi dalle cose esteriori, dal superfluo. Nei giornali, e non solo, è già frenesia degli acquisti, nonostante la crisi, la pandemia. Nelle nostre strade si moltiplicano le luci natalizie. Luca ci dice di stare bene attenti che “i cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita”. Il tempo di Avvento è, dunque, invito a non guardare alla facciata, ma andare in profondità, cogliere il significato interiore.

In questa domenica papa Francesco ci invita anche a guardare a quanti sono in difficoltà e nelle sofferenze, come i migranti. Il suo è un forte, accorato appello rivolto alle autorità e a quanti hanno la possibilità di contribuire a risolvere queste situazioni “affinché la comprensione e il dialogo prevalgano finalmente su ogni tipo di strumentalizzazione e orientino le volontà e gli sforzi verso soluzioni che rispettino l’umanità di queste persone”. Il suo pensiero va a quanti hanno perso la vita nel Canale della Manica, ai profughi al confine Bielorussia e Polonia, a coloro la cui vita si conclude tra le onde del Mediterraneo, ai bambini; a quanti sono rimpatriati e “sono catturati dai trafficanti, che li trasformano in schiavi: vendono le donne, torturano gli uomini”. Migranti “esposti, anche in questi giorni, a pericoli gravissimi”, che perdono la vita “alle nostre frontiere. Sento dolore per le notizie sulla situazione in cui si trovano tanti di loro”, dice il Papa.

Cogliamo l’invito, in questa prima domenica di Avvento, a “alzare il capo”, e guardare anche le crisi e le ferite del tempo in cui viviamo. Da Francesco l’impegno a non essere “cristiani addormentati”, ma capaci di essere là dove sofferenza, dolore, diritti negati chiedono un supplemento di coraggio. “Alzare il capo” per non permettere “che il cuore si impigrisca e che la vita spirituale si ammorbidisca nella mediocrità”.

Ci sono tanti “cristiani addormentati, cristiani anestetizzati dalle mondanità spirituali, cristiani senza slancio spirituale, senza ardore nel pregare”. Cristiani, ancora, afferma Francesco, “che guardano sempre dentro, incapaci di guardare all’orizzonte. E questo porta a ‘sonnecchiare’, a tirare avanti le cose per inerzia, a cadere nell’apatia, indifferenti a tutto tranne che a quello che ci fa comodo. E questa è una vita triste”. Ecco allora il verbo vigilare “per non trascinare le giornate nell’abitudine, per non farci appesantire dagli affanni della vita”.

Vigilare anche per non trovarci accomodati “sulla poltrona della pigrizia”, perché, per il vescovo di Roma, “è triste vedere i cristiani in poltrona”. Poi si chiede quali sono “le mediocrità che mi paralizzano”, i vizi “che mi schiacciano a terra e mi impediscono di sollevare il capo”; sono “attento o indifferente” ai pesi che “gravano sulle spalle dei fratelli”. Il rischio è il sonno interiore, quel girare sempre attorno a noi stessi e restare bloccati nel chiuso della propria vita coi suoi problemi, le sue gioie e i suoi dolori.

Il grande nemico della vita spirituale, afferma ancora, è l’accidia, “quella pigrizia che fa precipitare, scivolare nella tristezza, che toglie il gusto di vivere e la voglia di fare. È uno spirito negativo, uno spirito cattivo che inchioda l’anima nel torpore, rubandole la gioia”. Poi, com’è nel suo stile, Francesco aggiunge “un ingrediente essenziale” e dice: “il segreto per essere vigilanti è la preghiera”. Quando sentiamo che “l’entusiasmo si raffredda, la preghiera lo riaccende, perché ci riporta a Dio, al centro delle cose”. La preghiera “risveglia l’anima dal sonno e la focalizza su quello che conta, sul fine dell’esistenza”.

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Fonte: Sir