35 anni dalla morte di Padre Ezechiele Ramin. Per sempre dalla parte dei poveri

L'anniversario. 35 anni fa a Cacoal l'assassinio del missionario padovano. Dal 22 al 24 luglio, i confratelli Comboniani organizzano una serie di eventi per ricordarne la testimonianza. Interventi di don Ferdinando Fiscon, mons. Pietro Brazzale e Maria Soave Buscemi. Il martire della carità che ai coetanei diceva: «Abbiate un sogno, il sogno di rendere felice tutta l’umanità»

35 anni dalla morte di Padre Ezechiele Ramin. Per sempre dalla parte dei poveri

Padre Ezechiele Ramin era un missionario appassionato della gente, specialmente dei più bisognosi, ed è stato assassinato esattamente 35 anni fa. Il Comboniano padovano è stato ucciso il 24 luglio 1985 da una squadra armata al soldo dei latifondisti al confine tra la Rondonia e il Mato Grosso, in Brasile, mentre cercava di proteggere la vita di famiglie che si sentivano minacciate nel conflitto per la terra.

Un “martire della carità”, come lo ha definito pochi giorni dopo la morte papa Giovanni Paolo II, che fin da ragazzo, quando viveva a Padova e frequentava il liceo classico all’istituto Barbarigo, si era accostato alla causa dei più fragili con il gruppo Mani Tese, un movimento di laici che ancora oggi si propone di condurre con metodo e continuità una campagna contro la fame nel mondo.

«Il suo impegno associativo – spiega il fratello Antonio Ramin – è stato prima nei giovani dell’Azione cattolica e poi in Mani Tese, che in quegli anni da un lato si impegnava in attività pratiche, come la raccolta della carta, del rame e ferro vecchio che venivano venduti e con il ricavato si aiutavano le famiglie povere, e dall’altro si riuniva in momenti di riflessione per la lettura delle encicliche. Questo binomio di attività pratiche e spirituali è stato molto formativo per Ezechiele, che alla fine del liceo ci ha comunicato che sarebbe entrato a far parte della famiglia Comboniana».

Il giovane Ezechiele – Lele per gli amici – si forma a Firenze, Venegono (Va) e Chicago (Usa) e compie esperienze pastorali tra gli indios del Sud Dakota e un lungo periodo nella bassa California messicana. Nel gennaio 1984 viene assegnato alla comunità di Cacoal, in Rondonia dove, fino al giorno del suo martirio, si impegna per dar voce agli indigeni nella ripartizione delle terre.

I missionari Comboniani vogliono ricordare il 35° anniversario della sua morte con una veglia di preghiera, in programma mercoledì 22 luglio alle 20.45; una tavola rotonda, giovedì 23 alle 20.45 e una messa, presieduta da mons. Pietro Brazzale, venerdì 24 alle 19. I tre appuntamenti si terranno presso la chiesa di San Giuseppe, nel quartiere dove padre Ezechiele è vissuto con la sua famiglia.

«A San Giuseppe un po’ tutto parla di lui – spiega don Fernando Fiscon, parroco della comunità padovana dal 2002 al 2013, che durante la tavola rotonda di giovedì 23 racconterà quanto la storia di padre Ezechiele ha segnato la sua vita – dal battistero, dove si ricorda il suo battesimo, al busto posto all’esterno della chiesa, punto di riferimento per tutte le persone che passano nella piazza. Dopo dodici anni vissuti in Brasile, il vescovo mi ha chiesto di diventare parroco di San Giuseppe. Lì i racconti che mi sono stati fatti di Ezechiele dai familiari e dagli amici mi hanno colpito per la determinazione di questo giovane ragazzo morto a soli 32 anni e per la sua fedeltà agli ultimi e agli oppressi. Dal suo martirio le persone che sosteneva hanno trovato la forza per non desistere dal loro proposito di liberarsi dall’oppressione dei latifondisti. E soprattutto in Brasile c’è stato un fiorire inaspettato di gruppi e comunità che si sono ispirate a lui».

Mai come oggi, che l’Amazzonia è divenuta una terra di grandi conflitti e come allora le popolazioni indigene sono minacciate, è vitale fare memoria di padre Ezechiele un giovane totalmente identificato con la passione di Cristo, che ai suoi coetanei diceva: «Abbiate un sogno, il sogno di rendere felice tutta l’umanità».

Ezechiele era l’espressione di una Chiesa impegnata e profetica per questo il confratello comboniano padre Dario Bossi, padovano come il giovane missionario, nel 2019 lo ha proposto come “protettore” del Sinodo per l'Amazzonia che, come ha spiegato papa Francesco, ha inteso «trovare nuove vie per l’evangelizzazione di quella porzione del popolo di Dio, in particolare le persone indigene, spesso dimenticate e senza la prospettiva di un futuro sereno, anche a causa della crisi della foresta amazzonica, polmone di fondamentale importanza per il nostro pianeta».

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Proprio per porre l’accento sulla situazione in Amazzonia, i Comboniani hanno invitato a guidare la veglia di mercoledì 22 e a raccontare la sua esperienza durante la tavola rotonda del 23 luglio Maria Soave Buscemi: biblista, missionaria laica fidei donum della diocesi di Novara. Vive da 32 anni in Brasile, dove cammina al fianco dei popoli indigeni dell’Amazzonia. Come in agosto 2019, quando è stata vicina a quanti hanno preso parte alla "Marcia delle Margarite", la prima manifestazione delle donne indigene per rivendicare il diritto alla cura del territorio, per dire che la terra è anima, spirito, cammino.

Brasile tra collasso democratico e pandemia

«In Brasile – spiega padre Dario Bossi, provinciale dei Comboniani Brasile – c’è una situazione di collasso sanitario, socio-ambientale e democratico». Un ministero della Salute militarizzato e con pochissima competenza dei funzionari, la negazione del pericolo Covid-19 e l’incomprensibile scelta del Governo di investire solo il 27 per cento dei fondi stanziati per l’emergenza sanitaria «sono – prosegue – alla base del collasso sanitario». Poi c’è una crisi socio-ambientale dovuto a quanti approfittano della fragilità dell’Amazzonia e dell’assenza di controlli per intensificare il disboscamento, l’invasione delle terre indigene e rendere sempre più flessibili le leggi ambientali. Infine c’è un collasso democratico che in Brasile si associa a una crisi morale, dei valori e del rispetto. «Però – conclude padre Bossi – c’è un’onda forte di solidarietà e di denuncia, soprattutto dei vescovi dell’Amazzonia, che si sono esposti con coraggio, determinazione e profezia denunciando la situazione».

Avanza la causa di beatificazione per martirio del Comboniano

Nel 2017 si è chiusa la rogatoria diocesana per la causa di beatificazione di padre Ezechiele Ramin "per martirio", che sottolinea come il Comboniano sia morto per la difesa della fede, della pace e della giustizia. Ora il postulatore, padre Arnaldo Baritussio, sta organizzando il voluminoso materiale raccolto per presentarlo alla Congregazione vaticana per le cause dei santi.

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