50 anni di Sant'Egidio. "Qui si sogna di cambiare il mondo"
Domenica 13 alle 16.30 in cattedrale il vescovo celebrerà una messa per il cinquantesimo anniversario dalla fondazione della Comunità di Sant'Egidio. Una realtà anche a Padova esiste dal 1991, ed opera sempre all'insegna delle 3 P: poveri, pace e preghiera.
Certi sogni sono contagiosi. E il sogno di cambiare il mondo, che il 7 febbraio 1968 ha spinto Andrea Riccardi a fondare, insieme ad altri liceali, la Comunità di Sant’Egidio, si è diffuso in questi cinquant'anni in tutti i continenti, coinvolgendo oltre 60 mila persone. Poveri, pace e preghiera sono le tre parole con cui il papa ne ha sintetizzato il carisma. Le “3 P” che hanno segnato anche la comunità di Padova fin dalla nascita, avvenuta nel 1991 per iniziativa di un gruppo di liceali e studenti universitari.
«Fin dall’inizio – spiega Alessandra Coin, responsabile della comunità di Padova e del Veneto – abbiamo vissuto questa proposta centrando i nostri incontri sulla preghiera e sull’ascolto della Parola di Dio. Perché Sant’Egidio non è un’associazione di volontariato, è una proposta di vita e di fede. Ed è la proposta che facciamo a tutti coloro che si accostano a noi, convinti che la preghiera possa cambiare la storia e realizzare ciò che sembra impossibile, come fu per la pace in Mozambico».
Il popolo di Sant’Egidio, fatto di bambini, anziani, poveri, immigrati, si ritroverà in cattedrale domenica 13 maggio alle 16.30 per la messa col vescovo. Sarà soprattutto una festa per tutti. Durante la visita a Santa Maria in Trastevere, a Roma, in occasione del cinquantennale, papa Francesco ha parlato di una «nuova audacia per il Vangelo». E Andrea Riccardi ha aggiunto che questo non sarà un momento celebrativo, ma dedicato piuttosto a «vedere chi ci viene incontro, chi ha bisogno di aiuto oggi».
A Padova quali sono i segni dei tempi? «I migranti e i richiedenti asilo sono un orizzonte importante. Su questo dobbiamo proporre un cambiamento di mentalità. Se non cerchiamo di costruire insieme il nostro futuro, cadiamo in una logica di conflitto che cede alle paure e alla rabbia. Sono paure che ritrovo nella quotidianità, con un senso di esclusione che non fa bene a nessuno».
I primi a farsi contagiare sono proprio i giovani. Nelle Scuole della pace, il dopo-scuola alla Guizza, all’Arcella e a Mortise, sono gli studenti delle superiori ad aiutare i bambini nei compiti, ma soprattutto ad avviare un percorso di integrazione. «La sfida è quella di non farli sentire diversi o segnati da un destino di povertà e di esclusione. Questi ragazzi sono attratti dall’idea di spendere la loro vita per chi è più bisognoso e lo fanno con passione. Lo stesso vale per l’impegno nei confronti degli anziani, che sono un altro segno dei tempi, destinati a essere sempre di più e sempre più emarginati».
La chiesa di riferimento per la comunità è quella dell’Immacolata, ma Sant’Egidio è presente soprattutto nei quartieri. «È una presenza in uscita, che inizia dalle periferie. Essere in uscita – conclude Alessandra Coin – vuol dire ascoltare le domande della storia, scrutare i segni del tempo. Noi siamo nati nelle periferie esistenziali e urbane ed è lì che viviamo la nostra vicinanza e la nostra amicizia».