Accoglienza delle persone senza dimora. Un tetto da condividere, ma soprattutto una relazione

Accoglienza delle persone senza dimora. Nella nuova struttura individuata per la stagione invernale 2022-23, Casa Santa Chiara delle suore Elisabettine, 34 volontari – tra donne e uomini, laici e preti – si sono turnati durante le notti

Accoglienza delle persone senza dimora. Un tetto da condividere, ma soprattutto una relazione

Si sta concludendo, per la stagione invernale 2022-23, il piano di accoglienza invernale per le persone senza dimora. È stata individuata una nuova struttura, ovvero Casa Santa Chiara in via san Giovanni da Verdara, a Padova, delle suore Elisabettine: sei i posti letto disponibili, in camere doppie e singole. La Caritas diocesana di Padova è stata coinvolta dalla cooperativa Cosep, che gestisce l’accoglienza. «Due operatori Caritas – racconta Sara Ferrari di Caritas Padova – hanno gestito l’accoglienza e la parte burocratica, mentre ai volontari delle parrocchie cittadine, ad alcuni preti, ai diaconi del Seminario vescovile, ai colleghi che lavorano negli uffici della Diocesi e in altri enti collegati è stato chiesto di offrire la disponibilità ad accogliere gli ospiti la sera, dalle 20.30, e gestire il turno di notte fino alle 8 della mattina successiva». In totale i volontari – 34 tra donne e uomini – sono riusciti a coprire 35 notti su 50, e 38 serate su 50: alcuni volontari hanno prestato il loro servizio in coppia, altri hanno dato disponibilità a restare a Casa Santa Chiara per più notti. «Il ritorno dei volontari è stato positivo – conferma Ferrari – Non si sono verificate particolari criticità, anzi, si sono potute instaurare relazioni tra operatori, volontari e ospiti, che per la stragrande maggioranza sono rimasti gli stessi per tutto l’inverno». Un’occasione per imparare: «Lo stile di Caritas è quello di stare accanto alle persone. Non “fare per te”, ma “fare con te”. Si è andati a toccare con mano la relazione, la disponibilità, anche la realtà cruda che queste persone vivono. Vedersi arrivare una persona alle 21, dopo una giornata vissuta interamente al freddo e all’umidità è molto toccante. Anche solo offrire qualcosa di caldo, una doccia e un letto fatto può fare la differenza». Lisi Rizzo, 58 anni, di Selvazzano Dentro, è tra i volontari che hanno fornito questo servizio di accoglienza: «Ho saputo di questa possibilità tramite le Cucine economiche popolari, dove sono volontaria. Ho già un trascorso con le persone senza dimora, ma volevo vivere questa esperienza di “immersione”». Assieme a un altro volontario delle Cucine popolari, Lisi Rizzo ha accolto la proposta. Notti serene, senza incidenti, ma con tanta amarezza nel vedere come alcuni fratelli siano di fatto diventati invisibili agli occhi della società. «Molti non hanno documenti in regola, non possono lavorare, non possono trovare una casa. Alcuni si sono lasciati andare, non credono più nella vita, si sentono smarriti. Continuano a essere fantasmi in questo mondo di vivi, dove tutti vanno, lavorano, corrono. Quando raccontano la loro storia, e parlano di figli e di affetti che loro stessi non possono più aiutare, aumenta ancora di più la loro frustrazione e il loro disagio. Sarebbe bello che questo nostro mondo si accorgesse di loro».

Sull’esempio di Elisabetta Vendramini

«Abbiamo detto sì alla richiesta che ci era stata fatta e siamo state contente di poter offrire i nostri spazi perché i senza dimora non rimanessero in strada la notte». Suor Maria Fardin esprime, a nome delle suore Elisabettine di Padova, la soddisfazione per aver partecipato a questo sforzo di carità. Dopo il contatto – avvenuto tramite suor Albina Zandonà, direttrice delle Cucine economiche popolari di Padova – le Elisabettine hanno messo a disposizione gli spazi di Casa Santa Chiara per il piano straordinario di accoglienza promosso dal Comune. «I posti sono occupati tutte le sere – spiega suor Fardin – ma non solo, molte persone, venute a conoscenza dell’ospitalità, si sono offerte di donarci il necessario per offrire la colazione agli ospiti. Questa esperienza incrocia bene la nostra spiritualità ma anche il nostro carisma, fondati sulla cura e sull’esempio di Elisabetta Vendramini, che proprio in questi luoghi ha iniziato a prendersi cura delle ragazze e di chi aveva bisogno».

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