Adorazione eucaristica. Il profumo del Pane non ha confini

Eucaristia e social. La pandemia ha provocato le parrocchie a raggiungere i fedeli con tutta la creatività possibile. Preziose sono state le nuove tecnologie. E ora? L’emergenza sanitaria è finita ma molti parroci segnalano che il numero dei partecipanti alla messa non è quello pre-Covid. Perché, ora che la messa è nuovamente in presenza – dopo mesi di streaming – le chiese restano vuote?

Adorazione eucaristica. Il profumo del Pane non ha confini

Era l’8 marzo 2020 quando una nota della Cei accoglieva il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che per contenere la diffusione del Coronavirus sospendeva temporaneamente «le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri». Fu un duro colpo per molti fedeli già segnati dalla paura e dall’angoscia provocata dall’avanzata inarrestabile del contagio e dalla triste conta dei morti che, giorno dopo giorno, veniva aggiornata e comunicata attraverso i notiziari. Fu ancora la Cei a invitare i sacerdoti a dare spazio alla “creatività” perché i fedeli, anche se non si potevano incontrare in chiesa per la messa comunitaria, comunque avessero l’opportunità con i nuovi media di mantenere un legame con la propria parrocchia. La risposta non tardò a venire e così in tutte le Diocesi molti parroci si attivarono per trasmettere in streaming la messa domenicale e anche altre occasioni di preghiera. La soluzione sembrava dunque arrivare proprio dalle nuove tecnologie: i social media. Distanziamento fisico... ma vicinanza “social”!

Ora il tempo della grave emergenza sanitaria è terminato, le misure di sicurezza sono state fortemente ridotte e la maggior parte delle parrocchie ha scelto di non continuare a trasmettere la messa domenicale in diretta streaming. Dunque un graduale rientro “alla normalità”, se non fosse che molti parroci segnalano il mancato raggiungimento dei numeri pre-Covid dei fedeli partecipanti alle celebrazioni. Qualcuno punta il dito proprio sulle messe trasmesse in streaming, anche se la possibilità di seguirle “da remoto” in realtà è possibile fin dal 1954, quando la Rai iniziò a trasmetterle in televisione. Altri sostengono che il Covid abbia semplicemente accelerato quel processo di graduale allontanamento dei fedeli iniziato già da anni e che le statistiche da tempo sottolineavano. Quindi, è certamente essenziale ribadire l’importanza della piena partecipazione all’eucaristia domenicale, che non è sostituita – se non nelle situazioni di malattia o infermità – dalla visione della santa messa in tivù o attraverso i nuovi media, ma forse non è più sufficiente. Potrebbe essere opportuno suggerire di limitare l’uso dello streaming che resta una possibilità utile per chi, per motivi di salute, è impossibilitato a partecipare, tuttavia questo non porterebbe a rivedere più gremite le nostre chiese. Se la crisi pandemica si è quasi risolta, rimane ancora critica l’emergenza che sta caratterizzando la Chiesa italiana (e da tempo interessa già altre realtà europee). Certo, la Chiesa oggi ha perso la sua centralità, la secolarizzazione è sempre più forte. Sono in molti a sottolineare come i cristiani stiano diventando ormai una minoranza, ma attenzione a non accettare tutto questo con spirito di rassegnazione o peggio ancora come una giustificazione per un certo immobilismo. Usciremo migliori dalla pandemia? Quante volte l’abbiamo sentito dire! Durante la pandemia la risposta più sensata poteva essere questa: «Dipende da noi, come reagiamo a quanto succede» e credo che la risposta valga ancora adesso. Mentre i nostri fedeli erano obbligati a rimanere nelle loro case e quindi ad alimentare la loro fede e spiritualità nei loro spazi domestici, abbiamo visto e colto in tutto questo un’occasione di crescita, un’opportunità da cogliere o l’abbiamo sprecata? Ho apprezzato chi si è dato da fare per non far mancare alla propria gente l’appuntamento con la messa domenicale (anche se non in presenza), ma ho stimato molto di più chi ha saputo andare anche oltre. Penso a coloro che hanno utilizzato i nuovi strumenti digitali per incontri a distanza con i quali infondere messaggi di speranza, mettersi in ascolto delle paure e delle angosce che abitavano i cuori di molte persone. Qualcuno ne ha approfittato per meditare e pregare con qualche brano della Parola di Dio, altri semplicemente organizzavano un momento di “connessione comunitaria digitale” per salutarsi e scambiarsi un sorriso finalmente liberi in casa dall’obbligo delle mascherine.

Vorrei concludere condividendo qualche altro interrogativo che mi accompagna in questi mesi. Mi sono chiesto spesso: non è vero che quando a qualcuno manca davvero tanto qualcosa, non vede l’ora di riaverla? Perché ora che si può frequentare nuovamente la messa domenicale in molti sembrano non essere ritornati? Mi torna in mente la parabola del padre misericordioso (o del figliol prodigo). Il figlio attratto e sopraffatto da un mondo estraneo a quanto viveva nella casa del padre, decide di ritornare su i suoi passi non tanto per l’amore che il padre nutriva per lui, ma – racconta il Vangelo – perché aveva fame e nella casa di suo padre i servi potevano mangiare pane in abbondanza. Quel figlio aveva evidentemente chiaro il profumo e la bontà di quel pane! Certo gli espedienti digitali che molti preti hanno attivato nel tempo della pandemia, non saranno forse stati in grado di far percepire il profumo di quel pane, ma il pane che in molte chiese distribuivamo in abbondanza aveva davvero quel buon profumo e quel gusto capace veramente di saziare l’animo umano? Che ci piaccia o meno le persone, soprattutto le più giovani, abitano e frequentano anche lo spazio digitale. Non possiamo come Chiesa non frequentarlo e non viverlo come spazio dove raccontare e testimoniare il nostro impegno ed entusiasmo nell’impastare e servire il pane buono che è Cristo. Tuttavia non può essere una semplice azione di marketing. Se convinceremo qualcuno a ritornare, a riavvicinarsi, a entrare nelle nostre chiese per una messa feriale o domenicale, vedrà, gusterà e sentirà in noi il profumo di Cristo? «Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo» (2Corinzi 2,15) come ricordava san Paolo alla comunità di Corinto.

don Daniele Longato
direttore ufficio diocesano per le comunicazioni sociali

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