Azione Cattolica. I ragazzi? Un soffio d’aria fresca per le comunità
Acierrini, educatori e responsabili vivono la loro parrocchia come una seconda casa. E dicono la loro su come sia una comunità a misura dei più piccoli e quanto questi possano dare anche ad adulti e genitori.
«La comunità per me è importante e io la vivo così: partecipo a tutto e ci tengo a esserci! Per me la comunità è l’Acr, dove si fanno attività bellissime, e il catechismo. E la vivo così, in felicità».
Anna è un’acierrina della parrocchia di Piovene Rocchette e con l’entusiasmo e la freschezza di una bambina sa raccontare semplicemente cosa rappresenta per lei la comunità. Assieme a Elena, Federico, Luca, Sofia, Alice ed Eva, tutti del gruppo 9-11, sta condividendo una bella esperienza. Ognuno di loro identifica la comunità con il cammino di catechesi e con l’Acr. Due realtà dove si imparano sempre cose nuove, si condivide e si sta insieme collaborando.
«Per me la comunità – aggiunge il loro educatore, Nicola Cerbaro – è un luogo a cui appartenere e dove ci si sente a casa, amati nei pregi e nei difetti, dove ogni idea ed emozione viene capita e accettata».
Ma cosa rappresentano bambini e ragazzi per una comunità e cosa significa essere comunità a loro misura?
«I ragazzi sono il germe della comunità – afferma Chiara Gambin, responsabile diocesana dell’Acr – sono loro i protagonisti del domani e al tempo stesso quel trait d’union che permette di creare legami tra generazioni diverse: con i giovani loro educatori; con gli adulti, i genitori e i catechisti. E la comunità davvero a misura di ragazzi è quella che mette al centro relazioni belle, dove anche i più piccoli sperimentano una seconda casa, dove vanno e si sentono accolti, dove c’è qualcuno lì per loro che li aspetta perché sono importanti».
Ed è molto quanto i ragazzi a loro volta regalano alla propria comunità. «Possono portare freschezza – sottolinea Francesco Marin, educatore di Meggiaro – a una comunità che sta diventando sempre più anziana, a volte troppo legata alle tradizioni. Per questo ci sarebbe bisogno di nuovi stimoli e forze per rendere migliori i nostri ambienti e credo che l’Acr possa essere una soluzione a questo problema. La comunità può accompagnare i ragazzi anche spronandoli a fare qualcosa in più rispetto alla routine quotidiana e a superare l’egocentrismo facendo qualcosa per gli altri, senza ricevere nulla in cambio. L’esempio più grande spetta agli educatori, e non solo a parole ma con i fatti: se si fanno le cose credendoci veramente, il messaggio passa da solo».