Azione Cattolica. Una grande famiglia che cammina insieme

La comunità secondo giovani e giovanissimi: ognuno porta quello che è e quello che fa, mettendolo a servizio. E il "motore" per viverla è la gratuità. Con una certezza: «Nel bisogno, la comunità ci sarà ad aiutarti»

Azione Cattolica. Una grande famiglia che cammina insieme

Che cosa significa “comunità” per un giovane o un giovanissimo? E le parrocchie e i gruppi associativi sono luoghi in cui si può scoprirne e sperimentarne il valore? «Comunità – afferma Marta Tinazzo, 24 anni, educatrice del gruppo giovanissimi di Cristo Re – è come una grande famiglia che condivide uno stesso cammino: è dove ci si sente amati e accolti, è dove ognuno porta quello che è e fa quello che può, mettendolo a servizio. Non si limita alla parrocchia, ma chiede di andare oltre. L'atteggiamento da non avere, quindi, è quello dell'autoreferenzialità o del sentirsi bravi perché ci si dedica di più. Il motore dev'essere la gratuità».

Il fatto di essere educatrice aiuta Marta a sentirsi parte di un progetto più grande. «È importante la condivisione con altri dell'Ac che affrontano lo stesso percorso e sfruttare le occasioni di confronto. Vedo molta difficoltà nelle parrocchie a capire il valore e l'importanza di essere associazione: l'Ac è talmente dentro ai gangli della pastorale parrocchiale che si confonde con i gruppi parrocchiali in generale. Questo ci chiede però di recuperare un'identità».

Il primo passo sta nel far sentire parte di una famiglia proprio i giovanissimi. «Li coinvolgiamo nelle proposte parrocchiali, e loro si rendono disponibili, partendo delle proprie esigenze e difficoltà. La parrocchia dovrebbe saper cogliere e trovare gli strumenti giusti per comprenderli: non limitarsi ad attirarli solamente, ma impegnarsi per offrire vere occasioni di crescita ed essere all'altezza dei loro bisogni. Sarebbe poi importante stimolarli a rendersi utili attraverso qualche forma di servizio».

Per Gaia Peraro, 15enne della parrocchia della Guizza, la comunità è dove è nata e cresciuta. «Qui ritrovo la mia infanzia: mi sento in famiglia. Ho amici e figure di riferimento adulte e anche se non conosco tutti, tutti sono volti familiari. Nei giovanissimi vivo un'esperienza di comunità e il fatto che ci sia chiesto qualche servizio, come l'animazione della messa con un coro, ci fa sentire sempre più parte di questa famiglia. La stessa sagra è un'occasione per collaborare».

Comunità come insieme di persone, quindi, unite da un obiettivo comune, che condividono spazi, momenti, riti e consuetudini, pur mantenendo ognuno la propria identità. «In particolare – afferma Nene Lorenzetto,17 anni, giovanissimo di San Camillo – quella cristiana si può definire tale quando si dà senza secondi fini. Non dare e avere. Dare quel che si può in base alle proprie possibilità, non per far veder quanto si è belli, ma perché è giusto, e con la certezza che quando ci sarà bisogno, la comunità ci sarà ad aiutarti. La comunità è di sicuro il modo migliore al mondo per stare insieme!».

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