Caritas Padova. Con “Io sono l’altro”, aiuto a 70 famiglie in difficoltà

Grazie alla maxi donazione di Gruppo Cassa Centrale a nove Caritas diocesane in tutta Italia, a Padova decolla l’iniziativa contro l’esclusione sociale attraverso la rete dei 26 centri d’ascolto vicariali

Caritas Padova. Con “Io sono l’altro”, aiuto a 70 famiglie in difficoltà

Tempi straordinari richiedono un impegno straordinario. E anche nel grande deserto – economico, morale, spirituale – che il Covid sta lasciando dietro di sé, ogni goccia di bene è preziosa e può fare la differenza. Ancora di più se questa goccia non si disperde in superficie, ma riesce a penetrare nel terreno, e, grazie a un tessuto capillare fatto di persone, istituzioni e comunità, riesce a portare a chi ne aveva un disperato bisogno il refrigerio di una nuova speranza. Spesso la speranza di salvare la propria casa.

Alle tante iniziative che la Caritas diocesana di Padova ha messo in piedi per affrontare l’emergenza Covid si aggiunge da ultimo il progetto “Io sono l’altro”, per avviare percorsi di accompagnamento per 70 nuclei familiari in forte difficoltà.

Il progetto ha potuto vedere la luce grazie a una donazione di un milione di euro del Gruppo Cassa Centrale con le società del Gruppo Allitude, Assicura e Claris Leasing, distribuito su nove progetti presenti dalle Caritas diocesane di Bari, Bologna, Brescia, Cuneo, Padova, Roma, Trento, Treviso e Udine. Centomila euro i fondi per Padova.

«Il donatore – racconta Monica Tola di Caritas italiana – che aveva già offerto un aiuto alla Caritas a Trento, ha espresso la volontà di sostenere un progetto a livello nazionale». Ma non un progetto qualunque: «La volontà era quella di favorire un intervento capillare sul territorio, che potesse garantire degli esiti molto rapidi».

Idee chiare per risultati altrettanto chiari: «È stata, a mio avviso – confida Monica Tola – una delle esperienze più felici di interlocuzione con un donatore: il gruppo Cassa Centrale si è dimostrato straordinariamente flessibile, disponibile a partecipare concretamente al disegno dei progetti». Questo mega-intervento, diffuso nelle diocesi, assume di volta in volta metodi diversi, tutti accomunati da un unico dato: «Per la banca è stato particolarmente rilevante il dato che evidenziava l’ingresso nei centri di ascolto delle Caritas diocesane di un numero crescente di “nuovi poveri”, persone che prima della pandemia non avevano mai avuto la necessità di rivolgersi a una rete Caritas per chiedere aiuto». L’aiuto ha generato progetti che raggiungeranno già nel 2021 oltre 2 mila famiglie, 150 piccole imprese e 100 persone senza dimora. Se Bologna si è concentrata in questa fase sulle piccole imprese schiacciate dalla crisi – così come Cuneo e Treviso – Roma e Brescia hanno pensato di sostenere interventi strutturali per gli aiuti alimentari nelle famiglie, con Brescia decisa a includere nuovi supporti per i senza dimora, mentre Roma ha scelto di destinare questi nuovi fondi agli acquisti specifici di pannolini e alimenti per l’infanzia per famiglie con bambini sotto i due anni.

«Il nostro impegno – aggiunge Monica Tola – è stato far sì che questi aiuti arrivassero sfruttando la rete d’ascolto già presente, sia a livello diocesano, ma soprattutto a livello vicariale, decanale e dove si può anche parrocchiale».

È la logica dell’accompagnamento – non del mero aiuto – quella destinata a fruttificare di più, con interventi il più possibile vicini al territorio. Anche perché ci si attende tempi non facili: «Le nostre Caritas si sono dette molto preoccupate per l’annunciata fine al blocco dei licenziamenti e al fenomeno del sovraindebitamento delle famiglie e la loro difficoltà a stare dietro alle spese legate al bene casa, come rate del mutuo, affitti e utenze. Anche i dati del quarto monitoraggio Covid pubblicati da Caritas Italiana mostrano come la situazione stia già peggio rando. E dunque, nel medio e lungo periodo l’efficacia di questi interventi dipenderanno dalla capacità dei protagonisti di stringere alleanze, anche di tipo strategico, con i servizi territoriali».

Proprio a Padova, i fondi di questa donazione, incanalati nel progetto “Io sono l’altro”, verranno veicolati attraverso il lavoro di rete dei 26 centri di ascolto vicariali con i loro 37 sportelli e le rispettive equipe di volontari, sentinelle nel territorio. “Io sono l’altro” che si pone come obiettivo il contrasto ai fenomeni di esclusione sociale, verrà incontro ai bisogni abitativi, sanitari ed educativi di 70 famiglie, individuate e sostenute da marzo e novembre di quest’anno.

«Rispetto ai tempi precedenti alla pandemia – conferma Daniela Crivellaro di Caritas Padova – dai centri d’ascolto vicariali ci segnalano nuove necessità, sia provenienti dai lavoratori dei settori colpiti dalla crisi pandemica, come il settore alberghiero o quello fieristico, sia attinenti sempre più alle questioni della casa, come affitti, mutui o pagamento di utenze». Entro lo scorso 30 aprile i Centri d’ascolto vicariali hanno potuto segnalare i nominativi di alcune famiglie, ben identificate e conosciute. Le spese verranno monitorate e rendicontate a più riprese. Accanto alla casa, campeggia il tema della salute: «I volontari nei vicariati ci hanno segnalato come non siano poche le famiglie nelle quali le persone scelgono di non curarsi per risparmiare i soldi necessari a pagare l’affitto. Abbiamo per questo caldeggiato di includere nelle spese rendicontabili nel progetto anche le spese sanitarie».

È la rete capillare che permette di intercettare questi bisogni: «I centri d’ascolto sono un volto della comunità cristiana. Voler consegnare a loro queste risorse è dare alle comunità cristiane stesse gli strumenti e il modo di aiutare il proprio territorio».

Elena Galiazzo è tra i responsabili del centro di ascolto vicariale di Legnaro, per lo sportello di Ponte San Nicolò: «Abbiamo intercettato quattro famiglie in difficoltà – racconta – che aiuteremo con il pagamento delle bollette e per le spese scolastiche dei figli». L’origine dei problemi è sempre quella: la mancanza di lavoro. Una mancanza precedente per alcuni, dovuta al Covid per altri: «Purtroppo non siamo un ufficio di collocamento, ma cerchiamo di indirizzare le persone verso gli enti preposti. La nostra funzione principale, però, è quella di ascoltare e accompagnare. Il lato umano spesso fa la differenza».

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