Casa Santa Chiara, un futuro doloroso: l'hospice chiude le porte

Un fulmine a ciel sereno, appreso leggendo le poche righe direttamente dal sito della struttura: "A quanti, a qualunque titolo, sono entrati in contatto con Casa Santa Chiara, comunichiamo che dal 1° ottobre 2022 la struttura sarà chiusa. Ragioni di causa maggiore hanno portato a questa sofferta e dolorosa decisione". L’hospice, accolto nella casa gestita dalle suore elisabettine in via San Giovanni di Verdara, era nato nel 1994 per accogliere i malati di Aids, mentre dal 2006 una parte della struttura è stata dedicata all’hospice. Da marzo 2021 Casa Santa Chiara aveva scelto di essere esclusivamente residenza per malati terminali con dieci posti letto, punto di riferimento per la città di Padova.

Di seguito riportiamo la lettera di suor Claudia Berton, suora terziaria francescana elisabettina 

Casa Santa Chiara, un futuro doloroso: l'hospice chiude le porte

Oggi, 30 settembre 2022, ciò che temevo circa due mesi fa è accaduto: casa Santa Chiara, hospice gestito dalla mia congregazione religiosa, chiude. In questo ultimo giorno dei suoi 28 anni di attività non mi resta che riprendere alcune note che, all’inizio di agosto 2022, quando questo rischio si profilava, ho scritto quasi per scongiurarne la possibilità. In quel momento ero anche molto toccata, come tutta l’opinione pubblica, da quanto era appena accaduto a Spinea, nel nostro Veneto. Ora sento che queste riflessioni, seppure scritte circa due mesi fa, sono quanto mai appropriate perchè non vorrei passasse sotto silenzio la conclusione di un servizio importante per la città di Padova e per chi ha avuto modo di avvicinare questa realtà.

Da giorni rivedo il volto di Elena, la signora di Spinea affetta da malattia incurabile che nei primi giorni di agosto ha scelto di porre fine alla sua vita. Una vicenda che non può lasciare indifferente nessuno perché la fragilità umana, il dolore di qualsiasi tipo, la malattia e il come poterla affrontare ci riguarda tutti. Ho letto alcuni articoli sulla vicenda, anche l’editoriale di Avvenire di domenica 7 agosto, firmato da Maurizio Patriciello. Lo stesso giornale aveva dedicato un altro articolo il 4 agosto dal titolo “Diritto alle cure, non alla morte. Le richieste dei malati di tumore” di Viviana Daloiso. Certo questo fatto mi tocca molto, perché si tratta di una persona come me e sento che “nulla di ciò che è umano mi è estraneo” come scriveva nel II secolo a.C. l’autore latino Publio Terenzio.

Mi tocca anche in quanto credente, per questo sento di condividere le riflessioni e le domande che solleva con tanto rispetto Maurizio Patriciello. Ma sono anche una suora di piccola congregazione religiosa, dalle radici francescane, nata a Padova nel 1828. Non ho mai avuto modo di incontrare Elena e nemmeno credo che lei abbia conosciuto la congregazione a cui appartengo, quella delle suore francescane elisabettine di Padova, una congregazione nata, come altre in quel secolo, per rispondere alle tante povertà della società del 1800.

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Dal 1994, in seguito alla beatificazione della fondatrice della mia congregazione, Elisabetta Vendramini, è stata aperta in Padova una casa per persone malate di AIDS in fase conclamata e poi per l’assistenza domiciliare. Successivamente si sono presentate altre urgenze e altre tipologie di malati per questo nel 2006 Casa Santa Chiara si è aperta all’accoglienza di malati oncologici in fase terminale, mantenendo la specificità dello stare accanto e curare la persona nella fase finale della vita, accompagnando e accogliendo ogni persona, credente e non, in modo incondizionato. Il 28 febbraio 2021 le attività di comunità alloggio per malati di AIDS e del servizio domiciliare sono cessate per questioni legate a nuove normative del sistema sanitario. È rimasta l’attività di hospice che continua con la Mission di Casa Santa Chiara: offrire sollievo, speranza e rispetto a tutti gli ospiti della Casa e a coloro che li assistono.

Nei due articoli pubblicati su Avvenire si accenna alle cure palliative previste in Italia da una legge del 2010 e alla crisi perenne del sistema sanitario nazionale che le rende disponibili solo per il 25% e “a macchia di leopardo” nelle diverse regioni italiane. Palliativo deriva dalla parola latina pallium: mantello, protezione. Si tratta di un ‘mantello’ che vuole avvolgere la persona che soffre a causa di una malattia inguaribile rispondendo alle sue esigenze fisiche, psicologiche, sociali e spirituali senza dimenticarsi dei suoi familiari. Proprio dall’etimologia della parola “pallium” e dall’immagine simbolica del mantello e della coperta, era nata l’anno scorso l’idea di coinvolgere centinaia di volontari e volontarie che realizzassero a ferri o ad uncinetto migliaia di mattonelle colorate per formare una lunga coperta che avvolgesse la struttura e che arrivasse prima alla Casa Madre delle suore elisabettine e poi alla basilica di Sant’Antonio, conosciuto in tutto il mondo come il santo dei miracoli.

Da cosa dunque si può proteggere chi si trova a vivere quest’ultimo tratto della vita a causa di una malattia che non può essere curata? Si può e si deve proteggerlo dal dolore fisico e dalla solitudine di fronte al male, integrando gli aspetti psicologici, sociali e spirituali della cura della persona, offrendo un sistema di assistenza perché la persona malata possa vivere in modo attivo fino alla morte e un sistema di supporto che aiuti la famiglia durante la malattia e durante il lutto. Le cure palliative sono proprio tutte quelle attenzioni all’interezza dell’essere umano che fanno parte della terapia: una visione olistica dell’unità dell’uomo e della donna che soffrono ma che non sono solo la loro malattia.

Quante testimonianze conosco di familiari che hanno vissuto la malattia di un loro caro a Casa Santa Chiara! Sono testimonianze che dicono la preziosità di questa seppur difficile esperienza e che hanno lasciato scritto, nel libro aperto che si trova all’entrata dell’Hospice, il loro “grazie” al personale, per la cura professionale e umana ricevuta. In quindici anni sono stati accolti circa 1500 malati: persone di tutte le età, storie segnate dal dolore, volti a volte incrociati anche solo per pochi giorni o poche ore, perché nella struttura i pazienti vengono inseriti – sulla base della graduatoria stilata dall’Ulss 6 Euganea – seguendo le indicazioni della Regione Veneto.

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Di tutto questo si parla poco, il bene non fa notizia … ma chi lo riceve in momenti così difficili e delicati della vita rimane grato per sempre perché ha potuto accompagnare una persona cara fino alla fine, ha potuto starle vicino e vederla vivere con dignità anche questo tempo. Tutto questo sono le cure palliative previste dal sistema sanitario nazionale, ma purtroppo sono poco diffuse e poco conosciute. Chi vive una situazione di questo genere non può avere come sola soluzione il diritto di morire. Se capita questo è perché le strutture esistenti, oltre a non essere conosciute, non sono sufficientemente supportate, neanche dal punto di vista economico, dal sistema sanitario nazionale e piano piano si trovano costrette a chiudere.

Così sarà di Casa Santa Chiara, nata 28 anni fa da una congregazione religiosa che voleva tradurre nella realtà di oggi la cura per l’uomo sofferente e che voleva dare concretezza alla parabola del buon samaritano, narrata da Gesù, per spiegare chi fosse il prossimo da amare e da aiutare. Una piccola congregazione come quella delle suore terziarie francescane elisabettine di Padova ha tenuto aperta con tutte le sue forze questa struttura, sopportando difficoltà di ogni tipo… anche economico, sfidando una perdita continua di risorse, resa ancor più tremenda dalla pandemia. Resistenza fondata sul Vangelo e sul carisma di Elisabetta Vendramini e resa possibile dalla forza di un team compatto e convinto di professionisti e operatori.

Un tempo l’apertura di scuole, ospedali e servizi di assistenza ai bisognosi è stata promossa e realizzata dagli Istituti religiosi e dalla Chiesa, prima di un qualsiasi impegno da parte dello Stato. Ora con chi sarà possibile fare alleanze a sostegno della comune umanità per soccorrere la precarietà che tutti ci riguarda? Ora chi porterà avanti questa cura per la persona… aldilà di ogni calcolo politico da campagna elettorale? Quando chiuderanno queste strutture non sufficientemente valorizzate o sostenute da quelle Istituzioni che ne hanno pieno titolo chi aiuterà i malati che vogliono vivere nel miglior modo possibile il tempo della loro vita e quello della malattia? Chi metterà sulle loro spalle e su quelle dei loro familiari il “mantello” della cura, della dignità, della vicinanza e perché no…anche della fede?

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Fonte: Comunicato stampa