Chiara Coppetta Calzavara. Ricerca della verità e decisioni più giuste possibili: con la Costituzione e il Vangelo come riferimenti

L’esperienza di Chiara Coppetta Calzavara, giudice del lavoro da oltre 15 anni. «Essere cristiani vuol dire vivere la professione come servizio al prossimo»

Chiara Coppetta Calzavara. Ricerca della verità e decisioni più giuste possibili: con la Costituzione e il Vangelo come riferimenti

Da oltre 15 anni si occupa di giudicare le controversie che nascono all’interno degli ambienti lavorativi. Chiara Coppetta Calzavara, 55 anni, è giudice del lavoro e opera nel Tribunale di Venezia. Socia di Azione cattolica da oltre 40 anni, coniugata, vive a Pianiga ed è da sempre attiva a livello diocesano e in parrocchia.

Chiara, come vive la fede cristiana in tribunale?

«L’essere cristiani, in qualsiasi professione, dovrebbe portare a vivere il proprio lavoro come un servizio al prossimo. Io sono giudice di primo grado, mi occupo di prendere decisioni che a volte vengono mutate nei gradi successivi di giudizio, ma altre volte incidono in modo definitivo sulla vita delle persone. I valori del mio essere cristiana cerco di viverli concretamente nella ricerca assidua della verità e nel prendere decisioni che siano sempre le più giuste possibili: è un impegno giuridico ma anche morale, ispirato dalla mia fede».

Peculiarità del suo lavoro? 

Mi impegno continuamente nel giudicare i fatti, non le persone; come cristiani ci è richiesto di non giudicare il prossimo e l’esercizio della mia professione mi ha insegnato a non farlo, tanto più quando ho lavorato, in passato, in ambito penale. Il giudice deve mantenere sempre un atteggiamento di terzietà, anche a se stesso, rispettando tutti, avendo come riferimento i valori fondamentali della Costituzione e, nel mio caso, anche quelli che ispirano il Vangelo».

Il suo lavoro è davvero delicato...

«Il vissuto di una persona che compie un reato non è secondario. Se un tale, per esempio, proviene da un ambito sociale disagiato, senza alcuna opportunità di riscatto e compie un furto, quel tale dev’essere giudicato secondo il suo atto ma, allo stesso tempo, andrebbe promossa una riflessione sul rapporto tra legalità e giustizia sociale».

L’essere cristiana ha mai rappresentato un limite al suo lavoro?

«In tribunale non ho mai fatto mistero della mia fede. Con i colleghi condividiamo i valori della Costituzione, valori di forte impronta cristiana; ho sempre cercato di comportarmi correttamente con loro, con schiettezza, attraverso confronti leali. Cerco inoltre di essere rispettosa verso ogni persona che incontro nel lavoro, qualsiasi sia la sua mansione, non mi pongo su un piedistallo».

Giustizia e Chiesa, che incontro?

«Penso che la Chiesa debba fare i conti con alcuni aspetti giuridici rispetto ai quali mantiene posizioni che per l’ordinamento civile risultano discriminanti: penso ai temi dell’omosessualità, dei transgender o del ruolo della donna. Per i laici cristiani è faticoso, a volte, mantenere la fondatezza di alcuni principi cristiani e rispettare, allo stesso tempo, il valore di ogni essere umano. Penso inoltre che la Chiesa debba prendere posizione in modo più netto per la promozione di alcuni diritti sociali per i quali, forse, non si è spesa abbastanza, come per esempio il diritto alla casa o al lavoro»

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