Cosa è successo ai preti negli ultimi mesi? Preti di qualità, più che di attività. Il tempo del lockdown utile per ritrovare se stessi

Cosa è successo ai preti negli ultimi mesi? Come hanno vissuto le settimane sospese della pandemia? Alcune considerazioni, provvisorie, perché ce ne sarebbero molte altre... Il tempo del lockdown «si è rivelato ricco di opportunità per ritrovare se stessi, dare valore alle cose, riflettere e leggere, pregare, tornare all’essenziale...»

Cosa è successo ai preti negli ultimi mesi? Preti di qualità, più che di attività. Il tempo del lockdown utile per ritrovare se stessi

Un tempo, quello del lockdown, in cui sono nate tante domande e sollecitazioni «a cui rispondere insieme, come Chiesa». Un tempo – quello attuale e... futuro – in cui «guardarci con fiducia reciproca. Solo così potremo andare avanti, sapendo che abbiamo ancora tante risorse, certo nella nostra umanità, ma soprattutto per l’intervento del Signore». Due “pennellate” che il vescovo Claudio ha consegnato giovedì 18 giugno alla festa di San Gregorio Barbarigo, la festa del clero padovano. Due “pennellate” – non solo per i preti – che nascono dalla sua lettura del tempo provocante della pandemia, ma che vanno oltre.

Mi sentivo bloccato, ma poi...

Ha tentato di “andare oltre” fin dall’inizio del lockdown, don Ernesto Parpagiola – 50 anni di sacerdozio – da otto mesi collaboratore nelle parrocchie di San Leonardo e Sant’Eufemia in Borgoricco. «Fin da subito ho cercato di inserirmi il più possibile nelle attività parrocchiali. Improvvisamente, dopo appena quattro mesi, tutto si è bloccato! Ho cercato di mantenere un po’ di contatti con il telefono oppure in remoto (ho imparato tecniche che prima nemmeno sospettavo esistessero!); ho rischiato qualche fugace saluto per strada (per fortuna noi preti, avendo due parrocchie da servire, ci potevamo muovere liberamente). Ma mi sono sentito tagliato fuori: improvvisamente sono scomparsi volti, nomi, voci, orari, strumenti... A tutt’oggi ho dovuto riprendere tutto da capo».

Certo, la pandemia ha temporaneamente bloccato don Ernesto, ma non il bene dato e ricevuto: «Domenica 14 giugno ho ricordato i cinquant’anni della mia ordinazione presbiterale e mi sono meravigliato dei gesti di stima e di affetto da parte della gente: mi conoscono e mi sanno apprezzare più di quanto immaginassi. Ho constatato che il popolo di Dio ha fiuto per capire, per compatire, per valorizzare. “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore!” (Gb 1,21)».

Abbiamo messo Gesù al centro
La comunità non ha mai lasciato solo don Cristiano Arduini – 25 anni di sacerdozio – parroco di Salboro in Padova. E lui non ha mai lasciato sola la comunità. «Ho dedicato molto tempo all’ascolto e all’incoraggiamento di tanti fratelli e sorelle, soprattutto anziani e ammalati. Ma, nel contempo, sono stato pure io oggetto di attenzione da parte dei parrocchiani... Che mi hanno commosso e sorpreso per tanti piccoli gesti: come quando, alla domenica, non potendo celebrare insieme ho esposto Gesù eucaristia e, con mia sorpresa, tanti si sono avvicinati personalmente per stare con il Maestro. Mi sono detto che tante volte basta semplicemente mettere Gesù al centro e pensa lui ad attirarci a sé, a consolarci, ad abbeverare l’anima assetata. Mi hanno commosso, inoltre, i molti che hanno voluto consegnare cospicue somme alla parrocchia affinché la nostra Caritas e la nostra San Vincenzo potessero provvedere alla spesa e alle bollette di famiglie in difficoltà. Si è trattato di una rete invisibile di bene e di amore che può venire solo dall’Alto».

Don Cristiano – che nel tempo del lockdown ha vissuto un periodo di immersione nella lettura e meditazione della Sacra Scrittura: «È stato un cammino di spoliazione, di purificazione e di abbandono filiale» – si interroga sul suo futuro. «Dopo 25 anni di sacerdozio, credo che il Signore mi chiami a cercare ciò che è più essenziale per un pastore senza disperdermi in troppe cose da fare, ossia l’annuncio della sua adorabile Parola e la preghiera per i fratelli e sorelle, piccoli e grandi, che Egli mi ha affidato. Ricordando in semplicità e letizia che siamo nel mondo ma non siamo del mondo».

Preti impastati con il contesto

Il calendario dei mesi scorsi (ma anche quelli attuali, in verità) è stato dettato dal virus, «ma – evidenzia don Giuliano Zatti, vicario generale – il tempo si è rivelato ricco di opportunità per ritrovare se stessi, dare valore alle cose, riflettere e leggere, pregare, tornare all’essenziale e alle priorità, gustando un fecondo essere preti di qualità, piuttosto che di attività. Certo, si è faticato e sospendere la proposta pastorale, come se fosse doveroso inventare sempre qualcosa, evidenziando una certa frenesia. Del resto è anche vero che ci si è sentiti inutili dato che il ministero è per la gente, ma non sono mancate le domande sulla fede del prete e su quanto lo qualifichi. Dopo il disorientamento iniziale, vi sono state una reazione e una certa intraprendenza creativa. L’atteggiamento dei preti è stato caratterizzato da zelo e resilienza, disponibilità e intelligenza».

Sono “pensieri a metà”, per don Zatti, quelli che nascono dal lockdown e che guardano al futuro. «A metà... perché andrebbero aggiunte altre considerazioni sulle comunità e sul territorio: in ogni caso, la vita dei preti è impastata della carne del contesto in cui operano. E il tempo dell’emergenza non ha rubato nulla al loro desiderio di un ministero credibile».

Opportunità? Si rischia di non coglierle

«Come preti ci si è chiesti da più parti – sottolinea don Giuliano Zatti – se la mancanza dell’Eucaristia festiva abbia realmente rimandato al più ampio valore del celebrare, della ricchezza della preghiera, della vita cristiana e del sacerdozio battesimale, oppure se i sacramenti siano ancora il tutto della pastorale. Ci si è pure domandati se vi sia stato un ripensamento della figura e del ruolo del prete o se questi sia rimasto legato all’esercizio del sacro. La mancanza o l’acerbità di una riflessione su questi aspetti rischia di riportare ad un semplice recupero dell’esperienza precedente senza che si colgano altre opportunità».

Il prete, la barca e la suprema utilità dell’inutile

«La mascherina – ha sottolinato Giovanni Ponchio nella diretta streaming del 18 giugno – ci parla di responsabilità, di partecipazione... Il concetto è stato illustrato con efficacia da papa Francesco con la metafora della barca. A quell’immagine accosto quella usata da Platone nel VI libro della Repubblica. Il filosofo descrive una nave in cui il comandante era circondato da un equipaggio che litigava. Ogni marinaio voleva impossessarsi del timone... A poppa, lontano dal ponte di comando, se ne stava un uomo: osservava il cielo, studiava le correnti marine e lo spirare dei venti. Persona inutile al viaggio, in apparenza, in realtà l’unica in grado di governare la nave... Certo, Platone identifica in quel personaggio il filosofo. A me pare interessante sovrapporlo alla figura del prete, alla suprema utilità dell’inutile che sa indicare la direzione del viaggio alla comunità».

Ordinazione presbiterali in Cattedrale, on line e tv

I diaconi del seminario di Padova – Eros Bonetto (Bronzola) e Luca Gottardo (Arlesega) annunciano la loro ordinazione presbiterale, che avrà luogo domenica 5 luglio alle ore 18 in Cattedrale a Padova. Viste le attuali disposizioni anti Covid-19, la partecipazione alla celebrazione “dal vivo” sarà possibile solo presentando uno specifico invito. Tutte le altre persone che desiderano sentirsi in comunione con Eros e Luca, invece, potranno seguire l’ordinazione presbiterale attraverso la diretta streaming nel canale Youtube della Diocesi di Padova oppure tramite la diretta televisiva dell’emittente TeleNordest (canale 19 in Veneto, canale 71 in Friuli Venezia Giulia). «<Un modo nuovo – si legge nel sito seminariopadova.it – di condividere la preghiera e la gioia del dono dell’ordinazione per i nostri prossimi preti».

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