Cucine popolari di Padova. Servizio medico attivo da 32 anni

Vi operano 14 medici volontari, 7 infermieri e 2 farmacisti. Lavora in sinergia con i servizi pubblici e del privato sociale

Cucine popolari di Padova. Servizio medico attivo da 32 anni

Le Cucine economiche popolari fanno scuola. Il servizio medico, che da 32 anni offre assistenza sanitaria a migliaia di persone, molte delle quali non avrebbero altro modo di essere curate, ospiterà un progetto formativo sperimentale rivolto agli studenti di medicina. L’obiettivo del tirocinio, frutto di un accordo tra la Scuola di medicina dell’Università di Padova e le Cep, è quello di fornire un metodo di approccio al paziente in un ambulatorio dedicato a persone irregolari e indigenti, di acquisire gli elementi clinici necessari a formulare una diagnosi e infine di proporre una terapia. Il tutto sotto la guida di un tutore medico in servizio alle Cep. Dal 6 giugno al 30 luglio, 15 studenti del terzo anno dell’International Course of Medicine and Surgey, due a settimana, frequenteranno l’ambulatorio tutte le mattine, imparando così un modo diverso di fare il medico, che risale alle origini di questa professione, richiede passione, capacità clinica e acume diagnostico e rappresenta quindi una palestra ideale per i giovani medici. Attualmente al Servizio medico delle Cep operano 14 medici volontari, sette infermieri e due farmacisti. Un servizio cresciuto negli anni in dimensioni e organizzazione. «Negli anni Novanta a prestare servizio qui c’era il dottor Dino Zotti, che ha chiamato tre “relativamente giovani” medici. Uno di questi ero io – ricorda il dottor Roberto Franco– Insieme abbiamo avviato questo ambulatorio, che copriva tutte le sere dal lunedì al venerdì. Col passare degli anni il numero dei volontari è aumentato e si riusciva a fare ambulatorio sia a pranzo che a cena, e poi anche il sabato mattina. Le Cucine erano più frequentate. Inizialmente arrivavano soprattutto italiani che vivevano per la strada e spesso tossicodipendenti. Poi sono aumentati gli stranieri, prima dai Paesi dell’Est, poi dal Nord Africa, quindi dall’Africa sub sahariana e in alcuni casi anche dell’America Latina». Diversa la tipologia di chi si rivolge al Servizio medico rispetto agli altri delle Cep e le persone senza permesso di soggiorno sono la metà. «Vengono per patologie spesso banali: raffreddore, mal di gola, mal di schiena. Quasi il 50 per cento dei nostri pazienti è senza fissa dimora. Lamentano dei dolori o hanno bisogno di fare dei controlli, chiedono di essere messi in ordine dal punto di vista sanitario». Il Servizio medico è riconosciuto dall’Ulss 6 già da diversi anni ed è una macchina bene oliata ed efficiente. Ogni paziente ha la propria scheda e le visite avvengono su prenotazione. La collaborazione con l’Ulss 6 è stata efficace anche per la vaccinazione anti Covid, che alcune persone prive di tessera sanitaria hanno potuto prenotare grazie a un accordo raggiunto dalle Cucine prima con l’Azienda ospedaliera e poi con l’Ulss 6. Entrambe queste realtà forniscono anche i farmaci per i quali serve la ricetta medica. Altri, principalmente farmaci da banco, arrivano da donazioni, grazie alle iniziative promosse dalla Fondazione Banco Farmaceutico. Ad assicurarsi che non manchi nulla c’è Lauretta Miozzo, che per il suo impegno trentennale alle Cucine ha ricevuto il sigillo della città dalla Consulta femminile. Lo scambio con sistema sanitario funziona nei due sensi. Succede, ed era molto più frequente negli anni del boom dell’immigrazione, che il pronto soccorso di Padova, nei momenti di grande affollamento, invii pazienti all’ambulatorio di via Tommaseo, spesso persone senza tessera sanitaria che hanno bisogno di medicazioni. «Per un lungo periodo siamo stati un grande ausilio per il pronto soccorso. Credo che quello che stiamo facendo qui sia comunque un lavoro utile per tutta la città».

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