Cucine popolari, servizio vestiario. Con un abito pulito si dona anche un po’ di leggerezza

Servizio vestiario I volontari, tra cui Lisi Rizzo, smistano il vestiario che arriva dai cittadini («senza buttare via nulla») e lo preparano – lavato e stirato – per gli ospiti. La biancheria, invece, viene acquistata nuova

Cucine popolari, servizio vestiario. Con un abito pulito si dona anche un po’ di leggerezza

C’è chi non riesce a mettersi nei panni degli altri, e chi quei panni li sceglie e li immagina addosso agli altri. Di mestiere Lisi Rizzo fa il tecnico televisivo. Segue i grandi eventi del calcio. È una delle persone che ci permettono di rivedere un fallo o un goal, ogni volta che c’è uno stacco di telecamera. «Per me il lavoro è funzionale. Mi permette di avere del tempo libero per fare quello che mi piace». E in questo tempo “libero” c’è il servizio vestiario alle Cucine economiche popolari. «Qui ho trovato la chiusura del mio cerchio. Ho sempre viaggiato tanto, soprattutto per conoscere altre persone, modi di vivere, religioni. Adesso lavoro e guadagno meno, ma sentivo il desiderio di continuare a viaggiare. Volevo fare volontariato e mi sono presentata alle Cucine per il guardaroba. Per me è un viaggio ogni giorno. Le persone sono di culture diverse e conoscendo un pochino la realtà da cui arrivano, con loro
mi sento a casa. E probabilmente riesco a trasmetterlo, perché vedo che anche loro con me sono a loro agio».

Come funziona materialmente il servizio?

«Facciamo due cose: la prima è smistare quello che arriva dai cittadini. Non tutto può essere utilizzato dalle persone senza fissa dimora, che vivendo per strada prediligono abiti sportivi, preferibilmente scuri, e scarpe comode. Quando arrivano le borse, teniamo quello che si usa e il resto lo mandiamo ad altri, non solo in Italia, che potrebbero averne bisogno. Non buttiamo via niente. Qualcosa lo porto ai mercatini dell’usato, dove danno il 50 per cento del prezzo e con quello compriamo l’intimo. L’altra cosa è l’apertura agli ospiti, attualmente tre giorni a settimana, che speriamo diventino quattro. Di solito le persone vengono a prendersi un vestiario pulito prima di usufruire delle docce».

Cosa offrite?

«Li rivestiamo da capo a piedi. Le mutande e i calzini li comperiamo nuovi, tutto il resto è usato. Canottiere, magliette a mezze maniche, pantaloni o pantaloncini corti, una camicia, un maglione, un giubbotto e un paio di scarpe. Vediamo in che condizioni sono quelle che hanno ai piedi e, se necessario, gliene prendiamo un paio di nuove. Quando escono dalle docce, e sono rivestiti di sana pianta, quando capisci che sei riuscita a dare quel po’ di leggerezza, è un momento bellissimo».

Questo contribuisce anche a migliorare le relazioni con gli altri...

«Mi preoccupa quello che pensa la gente di queste persone. C’è prevenzione quando non c’è l’abitudine di mettersi nei panni degli altri. Ma non esiste più il clochard che eravamo abituati a vedere quando eravamo ragazzi. Io li conosco, ma quando li vedi per strada non riusciresti a distinguerli dagli altri. E questo mi rende felice, perché è anche merito delle Cucine».

Anche suo.

«Io faccio parte di una macchina enorme, che per fortuna c’è. Il mio contributo è minimo».

140° delle Cucine, al via con una messa domenica 19

Domenica 19 giugno, festa del Corpus Domini, la messa delle 11.30 in Cattedrale – presieduta dal vescovo Claudio
Cipolla – darà il via alle celebrazioni per i 140 anni dalla fondazione delle Cucine economiche popolari di Padova. La
data, ovviamente, non è casuale, e si riferisce a un altro anniversario: i cinque anni dalla nascita della Fondazione Nervo Pasini, istituita nel 2017 proprio il giorno del Corpus Domini. Quello stesso giorno, il vescovo Claudio riaprì l’adorazione perpetua a Padova, nella chiesa dedicata al Corpus Domini, più nota come Santa Lucia. Anche questa coincidenza ha un significato ben preciso: unendo l’adorazione eucaristica con la nascita della Fondazione, mons. Cipolla ha voluto sottolineare il valore del binomio inscindibile “spiritualità e carità”: la preghiera come adesione al disegno di Dio e all’insegnamento di Cristo per un chiesa proiettata verso l’amore, la compassione e la comunione con chi soffre.

Distribuiti 867 cambi di vestiario

Nel 2021 sono stati distribuiti 867 cambi di vestiario a 296 persone (83 per cento maschi), provenienti da quaranta Paesi differenti. Gli italiani sono stati 70 (27 per cento del totale), di cui 57 uomini e 13 donne.

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