Cucine popolari. Spezzare il pane. Il libro che racconta la storia delle Cucine

"Spezzare il pane" curato dal giornalista Francesco Jori e dal sociologo Tiziano Vecchiato viene presentato alla Scuola della carità a Padova, sabato 17 settembre

Cucine popolari. Spezzare il pane. Il libro che racconta la storia delle Cucine

La storia delle Cucine economiche popolari riflette i cambiamenti di mentalità e di stili di vita degli anni che ha attraversato, ma ha un punto fermo: il bisogno delle persone di essere riconosciute come tali. Spezzare il pane. Le Cucine Economiche Popolari: 140 anni di solidarietà racconta questa storia, che ha segnato la città di Padova, incidendo sul suo sviluppo, e ne prospetta gli scenari futuri. Il libro viene presentato sabato 17 settembre, alla scuola della Carità, nel primo di una serie di incontri dedicati a questo anniversario. Ma perché Spezzare il pane? «Ci voleva un titolo che desse l’idea della funzione originaria, ma anche della funzione attuale delle Cucine. Per sottolineare che non si tratta solo di sfamare la gente, ma di includerla», sottolinea il giornalista Francesco Jori, curatore del libro insieme al sociologo Tiziano Vecchiato. La storia delle Cucine è intrecciata con la storia di Padova, ma Spezzare il pane non è un testo di storia locale. Attraverso una serie di contributi e la voce dei protagonisti, descrive come le Cucine, in quasi un secolo e mezzo, hanno cambiato volto: non più un luogo dove si riceve un pasto caldo, ma «l’occasione per una risposta corale della città alla sfida sempre più improba di convivere insieme, e di fare di questa convivenza un’occasione di crescita per tutti: per chi riceve, ma anche per chi dà», scrivono i curatori. Una storia, come sottolinea il vescovo mons. Claudio Cipolla, «che da 140 anni continua a vivificare la vita della nostra città, la aiuta ogni giorno a diventare comunità e chiede a tutti di essere più inclusivi, di non emarginare nessuno, di accogliersi vicendevolmente. Le Cucine popolari sono un avamposto di questa umanità». Eppure il rapporto delle Cucine popolari con la città non è sempre stato roseo. Ci sono stati conflitti con il quartiere, «perché le Cucine sono un luogo di marginalità», come ricorda suor Lia Gianesello, che le ha guidate per oltre trent’anni. Ma sono anche «un laboratorio di cittadinanza», come le chiama Tiziano Vecchiato, o un «pronto soccorso sociale», secondo la definizione di suor Albina Zandonà, responsabile delle Cucine e don Luca Facco, presidente della Fondazione Nervo Pasini. Eppure, osserva suor Albina, «Padova è una città che negli anni ha costruito tantissimi servizi per le persone senza dimora, ma fatica a tessere sinergie tra queste opportunità». Le chiediamo a chi lancia questo appello. «È rivolto a tutte le realtà, pubbliche e private, che dovrebbero lavorare insieme mettendo al centro la persona, ma non è facile. Ora con la coprogettazione qualcosa sta cambiando. Stiamo avviando una buona collaborazione. I primi tentativi di lavorare insieme per dare delle risposte». Il libro include una serie di testimonianze, proprio per esprimere la dimensione corale di questa esperienza. «Non vuol essere né celebrativo né rievocativo – sottolinea Jori – ma mostrare una rivoluzione in atto grazie alla Fondazione Nervo Pasini, che è tra le più avanzate dal punto di vista sociale e che ha impresso un salto della qualità alle Cucine». La storia recente si è arricchita di numerosi progetti innovativi, anche grazie ad accordi stipulati con l’Università e altre realtà cittadine. Da due anni i ragazzi delle superiori seguono alle Cucine il Pcto ed è in cantiere un progetto di volontariato d’impresa. Il recente passato ha visto diversi cambiamenti anche nella tipologia degli ospiti. C’è stata la fase dei malati psichiatrici, quella degli immigrati, i tossicodipendenti, delle persone che non riuscivano a mantenersi dopo una brutta separazione e le nuove povertà dovute alla crisi economica apertasi nel 2008, sulla quale si sofferma un saggio di Enzo Pace. Cambiano le persone, ma resta l’obiettivo. Quello che si sono date le suore Elisabettine, racconta suor Lia, «è partito da una domanda: noi perché siamo qui? Siamo qui per un obiettivo preciso, promuovere e curare la dignità umana soprattutto di chi la perde o l’ha persa».

Il 18 ottobre un convegno a Santa Giustina

La salute delle persone senza dimora sarà al centro di un convegno organizzato per il 18 ottobre alle 15.30 all’Abbazia di Santa Giustina nell’ambito del 140° delle Cucine economiche popolari.

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