Don Francesco Trovò. Relazioni, sfida per la Chiesa del futuro

«Arrivo all’ordinazione pieno di gratitudine per questi anni di Seminario durante i quali mi sento molto cresciuto, sia attraverso i momenti belli sia attraverso quelli più complessi di crisi. Penso soprattutto alle parrocchie in cui ho vissuto le mie esperienze pastorali durante la mia formazione, e qui in particolare mi riferisco a tantissimi volti di persone che si sono rivelate determinanti per farmi arrivare così sereno a una tappa che non è certo un punto di arrivo, al contrario, si tratta di un nuovo inizio».

Don Francesco Trovò. Relazioni, sfida per la Chiesa del futuro

Don Francesco Trovò, di Vigorovea è il più giovane del trio di preti novelli che il vescovo Claudio ordina in questa domenica di Pentecoste. La chiamata di Dio si è manifestata una prima volta in un momento complesso della vita di Francesco, in terza superiore.

«Lì, stando in parrocchia come animatore dei ragazzi e nel grest, ho proprio sentito che il Signore mi chiamava a essere prete. L’intuizione è partita proprio dalla gioia che provavo nel donarmi, da qui ha preso forma tutto il mio cammino che mi ha fatto entrare in Seminario, prima minore e poi maggiore. Poi ci sono stati molti altri piccoli passi che mi hanno aiutato a confermare questa prima intuizione, passi compiuti in parrocchia, penso in particolare a Montegrotto, dove ho potuto mettermi completamente a disposizione della comunità pregustando la gioia di donarmi come prete diocesano avendo a cuore la carità pastorale propria del sacerdote». Ma come don Francesco vede il suo ministero, guardando avanti? «Diventare prete in questo contesto di forte cambiamento non è semplice. Nella Chiesa come pure nella società a volte sembrano venir meno le certezze, eppure nei giorni scorsi, mentre vivevo gli esercizi spirituali si è fatto spazio un pensiero nella mia mente: cercare di vivere il mio ministero non rincorrendo le mille cose da fare o le aspettative legate a una Chiesa del passato o a tante iniziative che si portano avanti perché “si è sempre fatto così”. Spero di riuscire sempre a guardare a un ministero fatto di relazioni, dello stare con le persone, dello stare vicino e incontrare veramente. In fondo penso sia questo che Gesù ha chiesto ai suoi discepoli, “andare, battezzate tutti i popoli, incontrateli e fate fare loro esperienza della mia Pasqua di resurrezione”. Non ha chiesto loro di organizzare mille eventi. Il desiderio che ho nel cuore è quello di rimanere nella relazione vera con le persone. Penso che la sfide per la Chiesa del futuro sia proprio nell’incontro con le persone». E infine la mente va alla celebrazione di domenica 28. «Spero di vivere l’ordinazione presbiterale come un momento in cui mi dono completamente al Signore, un momento in cui Lui fa di me uno strumento per il bene della nostra Chiesa. Come già all’ordinazione diaconale, penso che proverò una sensazione di grande gioia, consapevole di poter così conformarmi sempre più a Gesù, donandogli gratuitamente la mia vita».

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