Don Giorgio Bezze, direttore dell’Ufficio per l’annuncio e la catechesi, scrive a catechisti e accompagnatori dei genitori

Carissimi catechisti e accompagnatori dei genitori, è trascorso un po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo visti per qualche impegno diocesano o vicariale. Del resto, non è stato facile mantenere i contatti in questi ultimi mesi segnati dalla pandemia: tutti abbiamo provato paura e smarrimento, e come i discepoli del Vangelo «siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa».

Don Giorgio Bezze, direttore dell’Ufficio per l’annuncio e la catechesi,  scrive a catechisti e accompagnatori dei genitori

Tuttavia, nonostante il lungo silenzio, vi ho sempre accompagnato con il pensiero e la preghiera e l’accompagnamento si è fatto anche concreto, con le proposte della Quaresima e del Tempo di Pasqua, preparate insieme all’equipe diocesane, che hanno fatto nascere tante e significative esperienze attorno all’“Angolo bello”. Erano proposte semplici ma importanti, un modo per darvi un aiuto affinché continuaste ad accompagnare il cammino di fede dei ragazzi e delle loro famiglie, e il loro legame con la parrocchia. Ringrazio quanti di voi si sono attivati perché si giungesse a un più ampio coinvolgimento, attraverso messaggi, video-chiamate, riunioni virtuali e, nei casi in cui è stato possibile, anche con gli inviti casa per casa.

Ora vorrei compiere un ulteriore gesto di compagnia. Non attraverso proposte di attività, quanto piuttosto mediante la condivisione di alcune personali riflessioni, che vorrei diventassero occasioni di confronto tra di voi, per non lasciare che un altro virus, altrettanto pericoloso, come l’accidia, si insinui nella nostra vita.
Inizio pensando proprio a questa fase di vuoto che stiamo vivendo. Il vuoto ci ha fatto male e ci continuerà a far male; è un tempo che facciamo fatica ad accogliere. Stare in casa è difficile anche per la Chiesa. Nei nostri ambienti ecclesiali si parla più di “clausura forzata” che di “tempo di grazia”. Non siamo migliori degli altri. La reazione istintiva è quella di riempire. Cadiamo nella tentazione di riempire gli spazi vuoti con pieni virtuali e resistiamo a stare davanti a noi stessi. La propensione a reagire come un’azienda che rischia il fallimento è più reale di quanto si possa immaginare. Invece questo tempo lo dobbiamo sentire come una straordinaria opportunità per chiedersi: quale Parola di Dio è rivolta alla comunità cristiana nel cuore di questa pandemia?
Papa Francesco il 27 marzo scorso, durante la preghiera in tempo di epidemia, confessa che anche noi Chiesa, dopo essere «andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto», siamo ora obbligati a fermarci, a stare in casa, a sospendere le attività che tanto ci hanno coinvolto e appassionato. E ha aggiunto, con altrettanta fermezza: questo è «un tempo di scelta».
E dunque, questo tempo, soprattutto la fase 2, non è una parentesi in attesa di ritornare alle abitudini del passato, ma un appello dello Spirito per discernere l’essenziale e comprendere cosa dobbiamo rinunciare per salvaguardare il tutto. Nulla potrà essere come prima, neppure le nostre proposte pastorali.
È necessario, dunque, che tra voi, catechisti e accompagnatori dei genitori, vi ritroviate quanto prima per condividere il vissuto di questo tempo; per riflettere insieme sulle convinzioni da voi maturate, non solo da un punto di vista umano, ma anche sul piano della fede.
Sarà quindi importante raccontarsi sì i disagi dell’isolamento, ma non soffermarsi solo su questi, piuttosto lasciarsi provocare dalle domande: che cosa stiamo imparando da questa esperienza per la nostra vita personale? Per la vita della Chiesa e in particolare per le nostre comunità cristiane? Che cosa è essenziale e non possiamo abbandonare, nell’annuncio, nella liturgia e nella carità, sapendo che una non può esistere senza l’altra?
E sul piano più specifico dell’annuncio e della catechesi, che riguarda il cammino di Iniziazione cristiana, dovremmo porci delle domande che ci aiutino a migliorare quello che abbiamo fatto finora; per esempio: che cosa dovremmo tenere e cosa eliminare? Cosa si dovrebbe rafforzare e cosa far nascere?

In queste settimane i genitori sono stati invitati a coinvolgersi in prima persona nell’accompagnamento dei figli, promuovendo i momenti di riflessione e preghiera nelle case.
Tuttavia dobbiamo chiederci: tutti si sono lasciati coinvolgere? In questo periodo come siamo riusciti a farci presenti ai genitori? In che modo abbiamo coltivato con loro la relazione nata nei mesi o anni precedenti? Come li abbiamo sostenuti?
E riguardo ai ragazzi, soprattutto ai preadolescenti che per gli strascichi a livello psicologico che può lasciare questo periodo di isolamento, sono tra le categorie più vulnerabili: come abbiamo cercato di continuare la relazione iniziata nel Tempo della fraternità? Ci siamo fatti presenti, e come?

Questa emergenza, poi, ha fatto saltare tanti programmi e scadenze, a cominciare dalla data della celebrazione dei sacramenti.
Ciò sicuramente ha creato dei disagi e provocato in alcuni casi malumori, perché forse si fa ancora fatica pensare ad una catechesi che non sia finalizzata ai sacramenti. Invece anche questo disagio può diventare un’occasione per riflettere sull’opportunità di rompere certi automatismi a cui tutto il cammino, nella logica catecumenale tende.
Perché allora, non dare più spazio al discernimento operato insieme ai genitori, che porta ad una scelta che rispetta e promuove la libera e piena rispondenza del ragazzo e della sua famiglia, come ci ricordano gli orientamenti per l’annuncio e la catechesi Incontriamo Gesù? (n. 52).
Indubbiamente il dono della celebrazione Eucaristica è il dono più grande che la Chiesa può offrire, senza tuttavia dimenticare che essa ha anche altro da donare: la Parola di Dio, la vita fraterna e comunitaria, i gesti di carità verso i più poveri. Così, in attesa di potere celebrare in pienezza l’Eucaristia, potremmo chiederci, oltre alla celebrazione Eucaristica: cosa potremmo offrire con maggiore qualità ai giovani e agli adulti?
Credo che trovare un’occasione per riflettere insieme e tentare di rispondere alle varie provocazioni, sia una cosa necessaria per non lasciar passare inutilmente questo “tempo sospeso,” ma poterlo vivere come un’opportunità per diventare ancora di più popolo di Dio in continua conversione.
Mi farebbe piacere ricevere una sintesi delle vostre riflessioni, che potrete inviare quanto prima nell’indirizzo ufficiocatechistico@diocesipadova.it
In attesa di un vostro riscontro vi saluto fraternamente augurandovi di rendervi disponibili a ricevere «il dono dello Spirito Santo che vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà ciò che il Signore Gesù ha detto» (cfr. Gv 14,25).

fraternamente
don Giorgio Bezze

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Fonte: Comunicato stampa