Don Ruggero Ruvoletto: 15 anni di eredità feconda nel sacrificio per il Vangelo
Quindici anni fa, il 19 settembre, moriva don Ruggero Ruvoletto. Era a Manaus, in Brasile, inviato dalla Chiesa di Padova come missionario fidei donum.
Quel giorno, per mano di un sicario, ha perso la vita. «Il suo nome – scriveva La Difesa del popolo nel decimo anniversario della morte – è scritto nel grande libro dei missionari che hanno versato il sangue per testimoniare Cristo, ma il suo lascito, silenzioso e fecondo, continua a portare frutto, come il seme che muore descritto nella parabola evangelica».Questa sera, a Galta di Vigonovo – paese natale di don Ruggero – alle 20.30 viene celebrata una messa in suo ricordo. La presiede don Massimo Valente, già missionario in Brasile dal 2001 al 2013 – a Duque de Caxias – e dove ora torna per mettersi a servizio della Diocesi di Roraima.
Don Ruggero, classe 1957, da due anni si trovava a Manaus, nella parrocchia di Santa Etelvina. In Brasile, però, ci era arrivato nel 2003. È stato inizialmente parroco a Mangaritiba nella Diocesi di Itaguaì, a sud di Rio de Janeiro dedicandosi in modo particolare alla formazione e all’accompagnamento di catechisti, ministri e agenti pastorali.«Ho accolto il suo desiderio di partire – ha raccontato alla Difesa l’allora vescovo di Padova, mons. Antonio Mattiazzo – perché ho visto che non era una velleità, ma la volontà sincera di un prete generoso. Quando in Brasile, assieme al vescovo Francesco Biasin, si è presa la decisione di aprire la missione a Manaus, in Amazzonia, con tutti i problemi che oggi conosciamo bene, ho detto di sì perché sapevo che aveva le doti anche per un compito così impegnativo. Don Ruggero si è prodigato con la sua consueta dedizione».Don Ruggero è stato ordinato prete nel giugno 1982 dal vescovo Filippo Franceschi, che da subito lo ha scelto come suo segretario personale.
È stato al suo fianco per tutta la durata dell’episcopato (fino a dicembre 1988), assistendolo con particolare affetto filiale durante i mesi della malattia e negli ultimi giorni di vita.Tra il 1989 e il 1993, don Ruvoletto è stato a Roma e a Milano per approfondire lo studio e ha conseguito la licenza in teologia. Rientrato in Diocesi di Padova nel 1994, per un anno si è occupato della Pastorale sociale e del lavoro come delegato vescovile e poi – dal 1995 al 2003 – è stato direttore del Centro missionario diocesano.
Mons. Mattiazzo: «Il suo assassinio è stata un’esecuzione e mi porto sempre dietro questa sofferenza. Resta però, davanti a Dio e alla Chiesa che è in Padova, il suo esempio luminoso di un prete che stimavo moltissimo, che ha donato la sua vita per il Vangelo, i poveri e gli oppressi. È questo che rimane alla fine, nel giudizio di Dio. Anche se lo porto nel cuore con rimpianto e sofferenza, sono sicuro che davanti a Dio ha avuto la giusta ricompensa».