Ecuador. Con i poveri accanto ai più poveri. Da gennaio 2013 a febbraio 2021 Padova ha accompagnato i primi passi a Duran

Duran. Da gennaio 2013 a febbraio 2021, Padova ha accompagnato i primi passi della diocesi di San Jacinto de Yaguachi, periferia di Guayaquil

Ecuador. Con i poveri accanto ai più poveri.  Da gennaio 2013 a febbraio 2021 Padova ha accompagnato i primi passi a Duran

Dopo aver fatto nascere e crescere tante parrocchie, nella giungla amazzonica, sulla costa di Esmeraldas, nelle valli andine del rio Mira e di Intag, nella periferia di Quito, l’ultima “missione” svolta dai fidei donum padovani in Ecuador è stata quella di aiutare una nuova diocesi a muovere i primi passi. Quella di San Jacinto de Yaguachi, sorta nel 2010 staccando dalla grande arcidiocesi di Guayaquil la città satellite di Duran, con tutto il territorio aldilà del fiume Babahoyo. Un nuovo capitolo anche dal punto di vista geografico-ambientale: effettivamente mancava al “curriculum” padovano in Ecuador una presenza nel Sud del Paese, e affrontare le problematiche pastorali e sociali della più grande metropoli ecuadoriana, nonché capitale economica dello Stato, con i suoi tre milioni e mezzo di abitanti, non era sfida dappoco, anche per chi si era fatto le ossa con le complessità di altre grandi periferie, a Quito come a Esmeraldas. Fu con una certa trepidazione quindi che, nel gennaio 2013, un terzetto di preti padovani composto da don Mauro Da Rin Fioretto, don Giampaolo Assiso (provenienti da Quito) e don Daniele Favarin (da Esmeraldas) approdò in questa costa meridionale con la prospettiva di rimanervi un quinquennio. È stata subito loro affidata una zona pastorale caratterizzata da quartieri poveri e ad alto rischio delinquenziale, Nuestra Señora de los Angeles (conosciuta come Porciuncola) con annessa la comunità del santuario mariano del Guayco; parroco don Favarin. Ma il vescovo di Duran, Anìbal Nieto Guerra, si proponeva di valorizzare l’esperienza dei padovani non solo per rinforzare la sua esigua schiera di parroci, ma anche nella fondazione dei servizi pastorali diocesani per cui li coinvolse nel coordinamento dei gruppi Caritas per la pastorale sociale, nella pastorale giovanile, nella scuola di teologia per laici, nella formazione e l’accompagnamento spirituale dei seminaristi, di una scuola cattolica e delle suore di clausura.

Nella pastorale parrocchiale il compito affidato ai padovani era di seguire l’espansione della periferia creando all’interno del territorio della Porciuncola, nel barrio grande di Arbolito dove esisteva una cappella, la nuova parrocchia di Nuestra Señora del Perpetuo Socorro, guidata da don Giampaolo Assiso. Nello stesso marzo 2014 si insediò una comunità di suore Elisabettine. La prima opera realizzata è stata la residenza dei preti, dove sono passati a vivere i sacerdoti padovani, a cui da giugno il vescovo ha affidato anche la parrocchia adiacente di San Francisco de Asis, guidata da don Da Rin, che era però molto impegnato nella Caritas diocesana. A dargli man forte a luglio del 2016 è giunto don Saverio Turato giunto direttamente da Quito dopo la riconsegna di Luz y Vida.

Da questa data, dopo la restituzione della Porciuncola al clero locale, i padovani si sono concentrati nelle due parrocchie di Arbolito e San Francisco. Nel 2017 è rientrato a Padova don Da Rin ed è giunto don Mattia Bezze, divenuto parroco di Arbolito; nel 2018 don Favarin è tornato a Esmeraldas e don Assiso in Italia, dopo aver messo la prima pietra della nuova chiesa di Arbolito. Lo scorso febbraio, con la chiusura del periodo di collaborazione con Duran, sono rientrati anche don Turato e don Bezze.

Il territorio di Porciuncola, Arbolito e San Francisco in cui i padovani hanno svolto il loro apostolato in questi anni, con i suoi 50-60 mila abitanti, è caratterizzato da una grande varietà di condizioni sociali, evidenziata dalle stesse strutture urbanistiche: si passa dalle strade asfaltate e dalle case di mattoni alle vie di terra battuta con case di legno e lamiera, fino ai sentieri, in cui le auto passano a stento, che portano a capanne di canne costruite su palafitte sulle rive del fiume o ai bordi delle risaie, pronte a crollare sotto una pioggia appena più intensa del normale. Ai confini dell’area urbana, in prevalenza sotto la giurisdizione di Arbolito, nel vasto territorio rurale sorgono una decina di recintos, centri agricoli molto piccoli e poveri dove si vive di pesce, riso e patacones (banane verdi da cucinare). Ci sono poi “zone rosse”, isolotti, circondati da fossati e uniti alla terraferma da precari ponticelli, dove si rifugia chi vive ai margini della legge per sfuggire all’arresto o alla rappresaglia dei rivali.

«In parrocchia – spiega don Turato, fino a pochi mesi fa parroco di San Francisco – la pastorale era quella ordinaria: liturgia, catechesi, gruppo Caritas a servizio delle persone povere, sole, anziane, malate, con precedenti penali, delle famiglie numerose e delle madri senza marito. Abbiamo fatto un censimento accurato per poter andare a trovare tutti, con i ministri della comunione e della Caritas. Sono state rilevate tante situazioni di povertà: i padri, quando ci sono, spesso sono pescatori e stanno fuori casa, in barca, da lunedì a venerdì; il machismo è mentalità diffusa. Le madri senza uomo vivono una precarietà perfino maggiore degli altri e i bambini spesso sono lasciati per strada, perché non hanno nemmeno i mezzi per frequentare la scuola dell’obbligo. Nei quattro centri rurali più popolosi i missionari, accompagnati dalle suore e dai catechisti, si recavano in visita settimanalmente, fino a quando la stagione delle piogge non impediva gli spostamenti allagando i sentieri, per fare attività pastorale e sociale. Si è attivato una sorta di “gemellaggio” tra San Francisco e i recintos di Arbolito perché la gente meno povera ha risposto con generosità alla proposta di mettersi al servizio delle realtà più bisognose. L’invito del papa a essere “Chiesa in uscita” è stato interpretato come un mettersi a disposizione dei “poveri più poveri”».Questa consolante solidarietà si è manifestata in modo evidente con l’epidemia di Covid, che ha colpito duramente questo Paese e ancor più la zona di Guayaquil, densamente abitata, sede di un porto internazionale e di importanti multinazionali. Il contenimento è apparso subito impossibile in situazioni di sovraffollamento abitativo e di precarietà economica: chiudersi in casa voleva dire morire di fame prima che di Covid. Oltretutto, come spiega don Turato, è aumentata la violenza a causa dei forti conflitti tra bande per il controllo della piazza: «I progetti pastorali e sociali hanno dovuto essere sospesi, ma abbiamo incontrato e sostenuto tante persone paralizzate dalla paura, che chiedevano speranza. Dal punto di vista assistenziale siamo intervenuti nelle situazioni più fragili con kit alimentari e igienici di sopravvivenza alle famiglie più povere e isolate».

Elisabettine

Se è finita la collaborazione tra le due Diocesi di Padova e Duran, la presenza padovana rimane attraverso la comunità di Arbolito delle suore Terziarie Francescane Elisabettine. Le religiose sono impegnate nell’evangelizzazione, e nelle attività pastorali delle parrocchie, delle cappelle e dei recintos, dove si fa catechesi ai bambini e agli adulti e pastorale con le donne. Una suora, Chiara Dalla Costa, segue inoltre il dispensario diocesano cercando di supportare le necessità essenziali in campo sanitario.

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