Ecuador. Don Giovanni Cillo. Le comunità si reggevano grazie agli animatori laici

La pastorale nei recintos, visitati mensilmente, puntava alla piena responsabilizzazione della gente

Ecuador. Don Giovanni Cillo. Le comunità si reggevano grazie agli animatori laici

Lo sconforto e la gioia sono due sentimenti ben vivi nei ricordi di don Giovanni Cillo, il fidei donum che ha aperto la presenza padovana in Esmeraldas, dove è stato fino al 1982. «Appena sono arrivato – confessa – non ero preparato ad assistere a ciò che ho visto. Pensavo di salvare il mondo e vedevo impotente i bambini morire di malattie terribili e banali senza poter fare niente. Ho avuto un momento di crisi, superato grazie all’intervento provvidenziale di un vescovo che mi capì. Sono rimasto nella mia parrocchia quasi nove anni».

La gioia è quella condivisa con la genta dei recintos, le piccole comunità rurali sparse nel territorio di Tachina, abitate perlopiù da afroecuatoriani discendenti degli schiavi sfuggiti al naufragio di un galeone, nel Cinquecento, e alle miniere nel Sette-Ottocento. Vi si recava a cadenza mensile, per la catechesi, la messa, formare gli animatori laici. «Soprattutto quando arrivarono le suore – spiega – subito impegnate nella pastorale, fu possibile organizzare le missioni al popolo nei recintos: loro arrivavano qualche giorno prima, in due o tre, alloggiavano nella scuola facendosi da mangiare con un fornello da campo, guidavano la catechesi serale, insegnavano le preghiere, visitavano le famiglie ascoltando i problemi, assistevano le donne; io arrivavo la domenica, celebravo messa. Si faceva in modo che ogni comunità fosse autonoma, potesse organizzarsi con gli animatori laici per la catechesi e la celebrazione della Parola. Ho preparato dei semplici sussidi che ho ciclostilato e poi stampato, con l’aiuto dei Comboniani, in tre quaderni. La celebrazione era anche occasione per discutere i problemi del paese: il maestro che non veniva, la strada, la cisterna, la cappella da costruire. Non ho mai dato soldi, fornivo i materiali, le lamiere, il cemento che portavamo con la carreta loca, il rimorchio fatto in casa. Loro ci mettevano il legname e soprattutto la manodopera. Tutte le opere sono state fatte così».

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