Ecuador. Il rientro di Francesca Lo Verso e Alessandro Brunone, missionari fidei donum. È tutta questione di Provvidenza

In vista della chiusura della missione in Ecuador dal prossimo gennaio, comincia in questo numero il percorso di sei puntate sulla realtà missionaria portata avanti dalla Diocesi di Padova per 63 lunghi anni. Il primo è il racconto di Alessandro Brunone e Francesca Lo Verso, missionari fidei donum rientrati ad agosto.

Ecuador. Il rientro di Francesca Lo Verso e Alessandro Brunone, missionari fidei donum. È tutta questione di Provvidenza

Sono rientrati ad agosto dall’Ecuador Alessandro Brunone, 39 anni, e Francesca Lo Verso, 34, sposi e missionari fidei donum. Erano partiti in due, nel novembre 2018, per testimoniare la fede nella diocesi di San Jacinto de Yaguachi. Sono tornati in quattro: con Francesca e Alessandro sono atterrati in Italia un cane, adottato durante la permanenza americana e un bambino, che vedrà la luce a Natale.

È un rientro anticipato di un anno: i coniugi Brunone, sposi dal 2016, avevano dato la loro disponibilità per tre anni, ma la chiusura della missione nel prossimo mese di gennaio, la gravidanza e le incertezze dell’emergenza Covid-19 hanno modificato i piani. Ma la Provvidenza – anche in questo caso – ha ricordato con i fatti della vita che c’è e che quando serve si fa sentire.

Nel dna di Alessandro e Francesca Brunone

La missione è sempre stata nel dna di entrambi, ancor prima di conoscersi. «Avevo avuto alcune esperienze missionarie già da prima – racconta Francesca Lo Verso – nel 2013 ho partecipato alla Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro, in Brasile: un evento che mi aveva fatto aprire gli occhi alla dimensione della mondialità. L’anno successivo sono stata in Perù con un gruppo di una parrocchia di Ferrara, da dove provengo. È stato un viaggio che mi ha colpita tantissimo e che mi ha lasciato dentro il desiderio di ripartire». Al rientro in Italia Francesca ha iniziato il percorso “Giovani e missione” con i comboniani a Padova. «Ho avuto la fortuna – spiega – di sentirmi dire che il Signore ci ama tutti e che tutti siamo sempre amati da Lui. Ed è questo che mi sarebbe piaciuto comunicare anche a chi non aveva avuto la possibilità di sentire questa affermazione».

La chiamata alla missione di Alessandro Brunone, che è originario della parrocchia della Madonna Incoronata, è cresciuta nel mondo del volontariato con le suore elisabettine francescane, prima all’Opsa di Sarmeola, poi nelle associazioni che operano nella marginalità, con gli anziani e i senza dimora. «Da lì – racconta Alessandro – ho cominciato a vivere la missione a casa, interrogandomi su quanto si possa vedere Dio nelle persone più fragili. Da lì, il discernimento mi ha portato a considerare la possibilità di partire». Nel percorso di Alessandro Brunone il biennio di formazione “Laici per la missione” e due viaggi nella missione diocesana di Padova in Kenya con un’associazione di Reschigliano.

L’incontro tra Alessandro Brunone e Francesca Lo Verso, nel 2015 – e il successivo matrimonio nel 2016 – rafforza la vocazione missionaria di entrambi: «Abbiamo deciso di iniziare la nostra vita matrimoniale proprio con questa esperienza». Alla diocesi i due manifestano la loro disponibilità. Si ipotizza l’Etiopia, ma poi la Provvidenza li destina in Ecuador, a Duran, sulla costa, nella diocesi di San Jacinto di Yaguachi, dove già operano don Saverio Turato e don Mattia Bezze. Francesca e Alessandro sono laici totalmente destinati alla missione e all’attività pastorale.

I progetti curati

Tra gli impegni che si sono assunti c’è Semilla de mostaza, un doposcuola per i ragazzi dell’Arbolito con l’obiettivo di toglierli dalla strada, combattere la malnutrizione con un pasto abbondante ed entrare nelle loro vite per insegnare rispetto ed educazione anche in contesti di estrema fragilità. Francesca, in particolare, ha dedicato parte del suo tempo al dispensario diocesano diretto da suor Chiara, una suora elisabettina; in qualità di biologa Francesca dava il suo contributo a curare gli aspetti nutrizionali della dieta di donne in gravidanza, mamme in fase di allattamento e bambini.

«Un altro progetto – racconta Alessandro – si chiamava Esquela para todos, Scuola per tutti: piccole borse di studio per ragazzi di famiglie contadine che vivono in palafitte isolate per sei mesi all’anno. In questo modo si intende creare dei leader di comunità, in grado di leggere e scrivere per impedire a questi gruppi sociali di venire “schiavizzati” da contratti ingiusti firmati dalle multinazionali».

La pastorale in parrocchia

Un altro decisivo campo di semina rientrava nel campo della pastorale più tradizionale: «Ci occupavamo del catechismo – continua Francesca – della pastorale della donna, con laboratori pratici e manuali, nonché della vita parrocchiale. All’interno della comunità di San Francesco d’Assisi guidavamo il gruppo giovani». «A differenza di altre missioni – precisa Alessandro – dove i laici gestiscono ruoli più professionali e dedicati, noi eravamo totalmente immersi, assieme ai sacerdoti, nella gestione dei progetti e della pastorale, ragionando come un’équipe. Tutto veniva deciso insieme, attraverso una condivisione comunitaria». E proprio per questa logica l’attività missionaria riassume sempre, in ogni istanza, la dimensione della promozione umana e sociale alla dimensione della pastorale e dell’evangelizzazione: «Sono realtà che vivi unite perché non si possono staccare l’una dall’altra – certifica Brunone – è da incoscienti pensare che si possa staccare Dio dalla socialità o lavorare solo socialmente dimenticandosi di Dio. Santa Teresa di Calcutta l’ha sempre detto: non si può staccare l’adorazione eucaristica dal servizio, ma non si può nemmeno prestare servizio senza adorazione eucaristica, altrimenti sarebbe vuoto e faresti le cose solo per il tuo egoismo. Gesù stesso è maestro nei Vangeli: quando camminava per le strade d’Israele univa l’opera sociale a quella della consolazione dell’anima». La tentazione di una Chiesa che si riduca a ong sociale, come ha avvertito più volte papa Francesco, è sempre dietro l’angolo: «Bisogna avere il coraggio di vivere l’incontro con Dio nella figura dell’altro, senza maschere, mettendo anche in luce tutti i nostri difetti e le nostre paure e iniziare proprio da lì».

L’emergenza Covid-19
A cambiare i piani di questa storia di missione ci si è messo anche l’evento che ha sconvolto quelli di tutto il mondo: l’emergenza Covid-19, che nel racconto dei coniugi Brunone mostra risvolti ancora più drammatici. «Da marzo di quest’anno – racconta Francesca – eravamo in lockdown, chiusi dentro casa. Se marzo e aprile rappresentano di solito i mesi dell’inizio dell’attività pastorale, quest’anno è stato tutto sospeso. Nei primi tempi tenevamo i contatti con la gente tramite il telefono, dopo abbiamo deciso di aiutare le comunità contadine, specie le famiglie più fragili, con viveri e aiuti alimentari».
«I video che si trovano su Youtube, con i morti per strada che venivano bruciati, sono tutti veri – denuncia Alessandro – è morta tantissima gente nelle baraccopoli dove era impossibile mantenere la distanza sociale per via degli assembramenti. Il Covid è arrivato proprio in un periodo di febbre dengue, in una popolazione già indebolita dalle febbri emorragiche e dalla malnutrizione, da predisposizioni genetiche quali il diabete e l’ipertensione, nonché i tanti che convivono con l’Aids. Insomma, la gente qui è morta come formiche. Non c’erano più nemmeno le bare: i morti venivano gettati nel fiume o incartocciati nei nylon in attesa di poterli seppellire. Ed è tragico pensare che il virus, arrivato qui tramite i ricchi europei che si sono infischiati delle regole, abbia colpito in modo particolare i più poveri».

Il rientro nell'attesa
Con il rientrare dell’emergenza e la decisione della Diocesi di Padova di restituire le comunità alla Chiesa locale, concludendo così la missione in Ecuador, Alessandro e Francesca si sono trovati di fronte a un fatto nuovo: «Stiamo aspettando un bambino che nascerà a Natale. Per questo, per noi era divenuto impossibile tornare assieme a don Saverio e a don Mattia nel gennaio 2021». E già in queste prime settimane la Provvidenza si è fatta sentire: «Non riuscivamo a trovare casa – racconta Alessandro – nessuno ha voluto darci un appartamento in affitto perché, dato che Francesca è incinta, in caso di disoccupazione per il Covid non ci avrebbero potuto sfrattare eppure la comunità di San Leopoldo, a Ponte San Nicolò, ci ha voluto aprire dandoci una casa nell’ex-canonica. E nel frattempo io ho trovato un lavoro a tempo indeterminato in una grande realtà come funzionario commerciale. La Provvidenza esiste, ma bisogna saper svuotare i cassetti della propria paura. Abbiamo vissuto sulla nostra pelle cosa significa essere stranieri in terra straniera, ma anche stranieri in terra italiana. Ora viviamo questo nuovo capitolo con gioia».

Anche i più poveri condividono il poco

In un contesto tragico in cui è venuto a mancare lo stato, con il crollo degli ospedali e la sicurezza pubblica garantita da ronde dei cittadini dei quartieri, i missionari hanno deciso di rimanere: «Tante volte si dice che la missione è stare, non fare. Non è vero: quando sei lì devi agire. Abbiamo messo a disposizione così dei fondi che arrivavano da Padova per creare dei “kit di sopravvivenza”, capendo chi nelle nostre comunità si trovava in una situazione di maggior bisogno. E in quel contesto di estrema povertà anche i più poveri portano chi un pacco di riso, chi un sacco di patate, dicendo “anche noi vogliamo contribuire per la nostra comunità”. La Caritas locale si è fatta forza: se le organizzazioni internazionali, specie statunitensi, sono rientrate in quanto la situazione era troppo grave, noi siamo gli unici a essere rimasti, con i sacerdoti e le suore elisabettine. Questo la popolazione locale lo ha notato».

Da gennaio la Diocesi di Padova lascerà l’Ecuador

L’annuncio è stato dato dal vescovo Claudio lo scorso 18 giugno, in occasione della festa di san Gregorio Barbarigo. Dopo 63 anni la Diocesi di Padova riconsegnerà alla Chiesa locale le due comunità parrocchiali di Duràn, periferia della metropoli Guayaquill, sull’oceano Pacifico. Mentre i coniugi Brunone sono tornati in Italia ad agosto, don Saverio Turato e don Mattia Bezze rientreranno a gennaio.

La Difesa, a partire da questa settimana, racconta in sei uscite la lunga e significativa presenza missionaria che ha nutrito il seme del Vangelo in terra ecuadoregna: oltre 60 tra preti e laici in servizio, dalla foresta amazzonica del Napo alle Ande del Carchi, dalle sponde oceaniche di Esmeraldas fino alle periferie nord della capitale Quito per chiudere appunto a Guayaquill, nella neonata diocesi di San Jacinto.

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