Ezechiele Ramin, una messa il 24 luglio. Ancora vivi i valori per cui ha lottato ed è stato ucciso

«Ciò che patisce la semente lo patisce il seminatore»: questa frase di padre Ezechiele Ramin, comboniano di Padova ucciso nel 1985, all’età di 32 anni, suona così profetica da mettere i brividi. E sarà questa immagine a guidare il ricordo di padre Lele nell’anniversario della sua morte, il 24 luglio, nella sua parrocchia d’origine, San Giuseppe.

Ezechiele Ramin, una messa il 24 luglio. Ancora vivi i valori per cui ha lottato ed è stato ucciso

La messa delle 19 sarà presieduta da mons. Pietro Brazzale, coordinatore generale della rogatoria diocesana della causa di beatificazione. Rogatoria conclusa nel marzo 2017, a pochi giorni da quella della diocesi di Ji-Paraná in Brasile. Lì padre Ezechiele si batteva per il rispetto degli indios e dei senza terra e per questo venne ucciso rientrando da una missione di pace in una fazenda del Mato Grosso, dai sicari di un latifondista. Il suo corpo, abbandonato nella savana, fu vegliato dagli indios per 24 ore, fino all’arrivo dei suoi confratelli.

Gli atti processuali sono ora alla Congregazione delle cause dei santi. «In queste cose un passo lento è fondamentale – spiega il superiore dei comboniani di Padova, padre Gaetano Montresor – La santità deve rivelarsi da sola. Io credo sia giunto il momento per pregare padre Ezechiele, non perché manifesti la sua santità, ma perché interceda per noi presso Dio. La sua parola continua a risuonare non solo in Italia, ma soprattutto in Brasile, dove è considerato un santo, colui col quale si continua a lottare per i suoi stessi valori, quelli della giustizia che diventa carità».

Giovanni Paolo II, la domenica dopo la sua uccisione, nell’Angelus, lo chiamò “martire della carità”. E questa frase è sulla sua lapide nel cimitero di Padova. Qui, nella casa dei comboniani in via San Giovanni da Verdara, a ottobre scorso, in occasione della festa di san Daniele Comboni, è stato inaugurato uno spazio memoria dedicato a padre Lele, allestito con la collaborazione del fratello Fabiano e della moglie Cristina. Un’occasione per riflettere sulla vita e sul martirio del comboniano, attraverso immagini, parole e alcuni dei suoi disegni.

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