I giovani preti in servizio alle Cucine economiche popolari. Con le maniche rimboccate per farsi dono agli altri

A servizio Nella pandemia, ma non solo, i sacerdoti si sono spesi per le persone, soprattutto quelle più in difficoltà Com’è avvenuto a Padova, dove un gruppo di giovani preti ha prestato servizio alle Cucine economiche popolari

I giovani preti in servizio alle Cucine economiche popolari. Con le maniche rimboccate per farsi dono agli altri

Sono giovani e sacerdoti, nel periodo del lockdown più stringente hanno risposto con disponibilità alla chiamata in servizio alle Cucine economiche popolari di Padova, dove la presenza di volontari, per lo più ultrasessantenni, si era drasticamente ridotta. Come loro, in tutta Italia, sacerdoti di ogni età si sono spesi per stare accanto alle persone, specialmente le più fragili. «Ricordo che in quel periodo, tra marzo e maggio dell’anno scorso, ci veniva detto di rimanere chiusi in casa, ma pensavo: e chi una casa non ce l’ha? – racconta don Vito Di Rienzo, 38 anni, assistente diocesano dell’Acr e collaboratore delle parrocchie del Centro storico – Quando ci è stato chiesto di metterci a disposizione, ho accettato insieme ad altri preti, sia per aiutare le suore Elisabettine in un momento di emergenza sia per continuare ad assicurare un pasto a chi veniva a chiederlo. È stata un’esperienza molto intensa, mi sono sentito utile. La cosa bella, poi, è che si è mobilitato anche un gruppo di giovani studenti delle parrocchie, una cinquantina in tutto, che ha garantito i turni alle cucine soprattutto nel periodo estivo».

Come don Vito, oltre una decina di sacerdoti ha messo a disposizione il proprio tempo nei giorni in cui lungo le strade di Padova, ma non solo, si contava solo qualche mezzo di trasporto in circolazione e tutti eravamo confinati in casa.
I preti erano tra le poche figure autorizzate a muoversi e anche per questo sono stati coinvolti dalla Diocesi, in accordo con il Comune, per poter raggiungere la sede di via Tommaseo. Qui, nonostante la riduzione dell’afflusso di persone, si sono occupati di tutti i servizi, dalla preparazione dei pasti – che in una prima fase venivano consumati all’esterno delle cucine – fino alle pulizie dei locali. Chi si rivolgeva alle Cucine popolari, guidate dalle Suore terziarie francescane elisabettine insieme ai numerosi volontari, erano soprattutto uomini, italiani e stranieri, anziani, persone che a causa della crisi avevano perso il lavoro. «Devo ammettere che in un primo momento non ho aderito alla proposta – confida don Fabio Bertin, anche lui trentottenne, vicario parrocchiale a Tencarola dopo cinque anni di servizio a Montà – ma poi mi sono buttato e ho proseguito fino all’estate inoltrata, lavorando anche con i giovani che nel frattempo, concluso il lockdown, erano arrivati a prestare servizio. Non ero mai stato prima alle Cucine popolari, le conoscevo solo “a distanza”, perché come parrocchia abbiamo inviato aiuti in passato. Come prete è stato importante conoscere da vicino questa realtà diocesana e lavorarci in prima persona».

Della stessa opinione è don Daniele Cognolato, non ancora quarantenne, parroco di Ponte San Nicolò che, a turni settimanali, si è recato spesso alle Cucine popolari anche quando hanno iniziato a riaprire al pubblico per consumare i pasti nella sala interna. «È un luogo che ti interroga sempre – racconta – Lo conoscevo già per alcune esperienze precedenti e, se non si tocca con mano, rischia di essere visto attraverso alcuni pregiudizi... A fronte della richiesta diocesana di metterci a servizio come preti e davanti a una riduzione delle attività pastorali che potevano essere svolte in quel periodo, abbiamo risposto in numerosi.
Ci siamo occupati della preparazione dei pasti per il pranzo e dei cestini per la sera. Ho apprezzato tanto la condivisione del servizio con altri preti perché ci siamo sentiti insieme, uniti come sacerdoti. Il lavoro semplice, umile, ci ha fatto sentire più fratelli e ha ravvivato relazioni che a causa della distanza e degli impegni si erano affievolite. È stata una bella ricoperta reciproca».

Offerte libere e deducibili dal proprio reddito

Le offerte per il sostegno ai sacerdoti sono libere. Chi vuole può dedurle dal proprio reddito complessivo, ai fini del calcolo dell’Irpef e delle relative addizionali, fino a un massimo di 1.032,91 euro annui. Info: www.unitineldono.it

Giovanni Scifoni: «I sacerdoti mi hanno dato...»

Uno dei protagonisti della video-maratona che recentemente Tv2000 ha dedicato alle offerte per i sacerdoti, è stato Giovanni Scifoni, attore, scrittore e regista. In una breve testimonianza girata per l’occasione, ha raccontato per quale motivo ritiene giusto sostenere in ogni modo i sacerdoti e il loro ministero. «Ho conosciuto tantissimi sacerdoti e quello che io sono oggi lo devo sicuramente anche a loro. Un sacerdote, ad esempio, ha salvato il mio matrimonio. Un altro ha salvato mia moglie in un momento disperato della sua vita. Un altro sacerdote mi ha preso per i capelli e mi ha fatto tornare nella Chiesa, in un momento in cui avevo deciso di abbandonarla. C’è un dono, però, per cui mi sento particolarmente grato nei confronti dei sacerdoti, ed è quello della domenica. Posso avere una settimana orribile, ma io so sempre che la domenica c’è qualcosa per me. Riceverò una parola, un’omelia, l’eucarestia. Gratis. Questo è impagabile... Sosteniamo i sacerdoti».

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