Il Pnrr e la scuola, risorse da far fruttare

Ci sono molte aspettative dal Pnrr in riferimento alla scuola. Formazione, infrastrutture, nuovi edifici scolastici… sono le voci più corpose previste nel finanziamento.

Il Pnrr e la scuola, risorse da far fruttare

Ma non tutti gli interventi ipotizzati stanno incontrando buona accoglienza in chi la scuola la vive tutti i giorni. Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi sta provando a barcamenarsi dentro un contesto dove le spinte opposte sono quotidiane (gli scioperi indetti ne sono la loro conferma). Anzitutto va spiegato con quali criteri verranno distribuiti gli oltre 5,2 miliardi di euro stanziati. Le misure riguardano in particolare la realizzazione e messa in sicurezza di asili nido e scuole per infanzia, la costruzione di scuole innovative, il potenziamento di palestre e mense e la riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico. Le risorse costituiscono circa un terzo dei fondi previsti dal Pnrr a beneficio del sistema di istruzione, che ammontano complessivamente a 17,59 miliardi di euro. Queste le voci principali di spesa programmate.

Istruzione. Nel Pnrr sono previsti numerosi interventi per il sistema d’istruzione, che includono riforme e linee di investimento suddivise in due categorie: infrastrutture e competenze. Saranno riformati gli istituti tecnici e professionali, il sistema degli istituti tecnici superiori (Its), ma anche il sistema dell’orientamento scolastico, il reclutamento e la formazione del personale docente, e l’organizzazione del sistema scolastico nel suo complesso. Un’azione questa che ha scatenato una forte reazione contraria da parte del mondo sindacale, sfociata nello sciopero del 30 maggio scorso.

Infrastrutture. Il Pnrr prevede più di 5 miliardi di euro per la costruzione e per il potenziamento degli edifici scolastici, mediante la costruzione e la riqualificazione di scuole, asili nido e scuole dell’infanzia, mense e infrastrutture per lo sport. Un investimento di queste dimensioni a favore dell’edilizia scolastica va nella direzione di invertire lo storico trend di disinvestimento in questo settore e le condizioni di vetustà e insicurezza in cui versano attualmente molte delle strutture scolastiche italiane. Secondo un recente report della Fondazione Agnelli, infatti, circa due terzi degli edifici scolastici in Italia sono stati costruiti prima del 1976 e più dell’8 per cento hanno problemi strutturali. Inoltre, saranno potenziate le infrastrutture digitali, per incrementare la connettività e garantire una connessione veloce in tutte le scuole.

Competenze. Dal punto di vista delle competenze, gli investimenti previsti dal Pnrr andranno a favore dell’integrazione della didattica digitale nei percorsi scolastici e della formazione digitale rivolta al personale scolastico, il potenziamento delle competenze di base e in particolare la riduzione dei divari territoriali in questo ambito, lo sviluppo degli Its, e l’estensione del tempo pieno.

Criteri di ripartizione delle risorse.
La regola generale utilizzata nel riparto delle risorse del Pnrr prevede che il 40 per cento delle risorse sia destinata al Sud Italia (un principio ribadito nel decreto 343 del 2 dicembre 2021, che fissa i criteri specifici per l’assegnazione
delle risorse in materia di edilizia scolastica). La distribuzione su base regionale tiene conto della vetustà degli edifici, del numero di studenti, del trend demografico della popolazione scolastica, e della presenza in zone sismiche.

Tweet again di Giacomo Bevilacqua

Sembra che se ne parli meno di quanto si dovrebbe. Meno che della guerra, e ci può stare, meno che del Covid e meno male che di Covid si parla meno perché è meno in crescita, ma anche meno di tante cose molto meno importanti. A cosa alludo? (Attenti al ludo, attenti al ludo…). In breve: si fanno meno figli, ci sono meno bambini e bambine, e meno studenti, così meno classi, e meno scuole d’infanzia, e meno insegnanti. Sempre meno. Ditemi chi è stato che lo meno. Meno male che scherzo, ma non c’è molto da scherzare, meno di quanto pensate. I demografi dicono che il trend è ormai consolidato e rischiamo ogni anno di essere ancora meno. Pare che non bastino a colmare i possibili vuoti nemmeno gli stranieri, che ormai fanno meno figli anche loro. Mi aspetto che qualcuno proponga di integrare gli alunni delle scuole d’infanzia e delle classi elementari con cani e gatti, che ormai fanno parte di molte famiglie. Si potrebbe chiamare il tutto pet education e, se uno vale uno, sperare che funzioni.

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